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Risarcimento del danno: offerta non basta per lo sconto

Un automobilista condannato per istigazione alla corruzione ha proposto ricorso in Cassazione lamentando il mancato riconoscimento dell’attenuante per il risarcimento del danno. La Corte ha respinto questo motivo, chiarendo che una semplice offerta tramite assegni non costituisce un’offerta reale valida ai fini della concessione del beneficio. Tuttavia, la sentenza è stata annullata con rinvio perché i giudici di merito avevano commesso un errore nel calcolo della pena, non applicando una riduzione per un’altra attenuante riconosciuta.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Risarcimento del Danno: Offrire Denaro Non Sempre Garantisce uno Sconto di Pena

Offrire un risarcimento del danno alla vittima di un reato è un gesto che può portare a uno sconto di pena. Tuttavia, non basta una semplice offerta: è necessario seguire procedure formali affinché il giudice possa riconoscere l’attenuante. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio in un caso di istigazione alla corruzione, fornendo chiarimenti cruciali sulla differenza tra una mera proposta e una “offerta reale” legalmente valida.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un automobilista ritenuto responsabile del reato di istigazione alla corruzione. L’uomo aveva offerto una somma di 400 euro a due agenti di polizia per convincerli a non elevare una multa per infrazioni al codice della strada. Condannato in primo grado e in appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi principalmente su due motivi.

I Motivi del Ricorso e il Risarcimento del Danno

Il ricorso si fondava su due principali doglianze:

1. Mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno: La difesa sosteneva che la Corte di Appello avesse errato nel non concedere la circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 6, del codice penale. L’imputato, infatti, aveva offerto 500 euro a ciascuno dei due agenti a titolo di risarcimento per il danno morale subito.
2. Errato calcolo della pena: In subordine, si lamentava che i giudici non avessero applicato una seconda riduzione di pena, nonostante avessero riconosciuto un’altra attenuante specifica (prevista dall’art. 323-bis c.p.), limitandosi a concedere solo lo sconto per le attenuanti generiche.

L’Analisi della Corte: Risarcimento del Danno e Offerta Reale

La Cassazione ha respinto il primo motivo, relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno. I giudici hanno evidenziato due aspetti fondamentali.

In primo luogo, la difesa, nel precedente grado di giudizio, non aveva richiesto l’attenuante per “risarcimento del danno”, ma per “ravvedimento operoso”, che rappresenta una circostanza distinta. A causa del principio devolutivo del processo di appello, non è possibile presentare in Cassazione un motivo non sollevato in precedenza.

In secondo luogo, e qui sta il punto centrale della decisione, la Corte ha specificato che, anche volendo esaminare la questione, l’offerta non sarebbe stata comunque valida. Per configurare l’attenuante del risarcimento, qualora la persona offesa rifiuti l’offerta, è necessario che l’imputato proceda con una “offerta reale” ai sensi del codice civile (art. 1209 e ss.). Questo significa che la somma deve essere depositata e messa a completa e incondizionata disposizione della vittima, in modo che il giudice possa valutarne l’adeguatezza.

Nel caso di specie, la semplice offerta di due assegni circolari, rifiutata dagli agenti, non era sufficiente. La difesa non ha dimostrato di aver reso la somma effettivamente disponibile per le parti offese, ad esempio tramite un deposito formale. L’offerta, per essere efficace, deve essere seria, concreta e non deve lasciare dubbi sulla volontà di risarcire il danno.

Errore nel Calcolo della Pena: l’altro motivo di ricorso

La Corte ha invece accolto il secondo motivo di ricorso. I giudici hanno constatato che la Corte d’Appello, pur avendo riconosciuto la sussistenza di due diverse tipologie di circostanze attenuanti (quelle generiche e quella speciale dell’art. 323-bis c.p.), aveva operato un’unica riduzione sulla pena base. Questo costituisce un errore di diritto, poiché l’art. 63 del codice penale impone al giudice di applicare una riduzione per ogni circostanza attenuante riconosciuta.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando la netta distinzione tra le due parti dell’attenuante prevista dall’art. 62, n. 6 c.p.: il risarcimento del danno e il ravvedimento operoso. Queste due figure hanno presupposti e ambiti di applicazione differenti. Per quanto riguarda il risarcimento, la giurisprudenza è consolidata nel richiedere non una mera promessa, ma un’offerta reale e tangibile che metta la vittima nella condizione di poter effettivamente disporre della somma. La semplice emissione di assegni, senza un formale deposito a seguito del rifiuto, non priva l’imputato della disponibilità del denaro e, pertanto, non integra i requisiti di legge. Relativamente al calcolo della pena, la Corte ha ribadito che il riconoscimento di più circostanze attenuanti deve tradursi in altrettante riduzioni della sanzione, secondo le regole stabilite dal codice, e l’omissione di una di queste riduzioni costituisce una violazione di legge che inficia la validità della sentenza.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata annullata, ma solo parzialmente. La Corte di Cassazione ha rinviato il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, che dovrà procedere a un nuovo calcolo della pena, applicando correttamente la riduzione per l’attenuante speciale precedentemente omessa. Questa decisione, pur non accogliendo la tesi principale sul risarcimento del danno, offre un importante insegnamento pratico: per ottenere uno sconto di pena tramite il risarcimento, non basta la volontà, ma è necessaria l’adozione di strumenti giuridici formali che rendano l’offerta concreta e irrevocabile.

Perché un’offerta di denaro tramite assegni non è stata considerata sufficiente per ottenere l’attenuante del risarcimento del danno?
Perché, a seguito del rifiuto da parte delle persone offese, l’imputato non ha provveduto a effettuare una “offerta reale” secondo le norme del codice civile. Questo significa che la somma non è stata formalmente depositata e messa a completa disposizione delle vittime, condizione necessaria perché il giudice possa considerare l’offerta seria e valida ai fini della riduzione della pena.

Qual è la differenza tra l’attenuante per “risarcimento del danno” e quella per “ravvedimento operoso”?
La sentenza chiarisce che si tratta di due circostanze distinte con ambiti di applicazione differenti, sebbene contenute nello stesso articolo (art. 62 n. 6 c.p.). Il “risarcimento del danno” (prima parte della norma) si concentra sulla riparazione economica del pregiudizio arrecato alla vittima. Il “ravvedimento operoso” (seconda parte) riguarda invece l’adoperarsi per eliminare o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato, dimostrando una effettiva resipiscenza.

Per quale motivo la sentenza è stata annullata e rinviata a un nuovo processo?
La sentenza è stata annullata perché la Corte d’Appello ha commesso un errore nel calcolo della pena. Pur avendo riconosciuto sia le circostanze attenuanti generiche sia un’altra attenuante speciale (prevista dall’art. 323-bis c.p.), ha applicato una sola riduzione di pena invece di due distinte riduzioni, come richiesto dalla legge. Il nuovo processo servirà esclusivamente a ricalcolare correttamente la sanzione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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