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Risarcimento del danno: non basta per l’attenuante

Due imputati, condannati per tentato furto aggravato, hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando vizi procedurali e il mancato riconoscimento di un’attenuante per aver effettuato il risarcimento del danno. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, specificando che il risarcimento, per essere rilevante ai fini dell’attenuante specifica, deve rispettare precise tempistiche processuali. Tuttavia, ha confermato che un risarcimento tardivo può essere comunque valutato positivamente per la concessione delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Risarcimento del Danno: Quando è Sufficiente per Ottenere uno Sconto di Pena?

Il risarcimento del danno a favore della vittima è un gesto fondamentale nel percorso di ravvedimento di chi ha commesso un reato. Ma è sempre sufficiente a garantire un’attenuante e, di conseguenza, una pena più mite? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10862 del 2024, offre chiarimenti cruciali su questo tema, distinguendo tra l’attenuante specifica e le attenuanti generiche e sottolineando l’importanza delle tempistiche processuali.

I Fatti del Caso

Due individui venivano condannati in primo e secondo grado per un tentato furto aggravato, commesso di notte e con violenza sulle cose, in un’abitazione privata. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, limitandosi a ridurre la pena pecuniaria. Gli imputati, non soddisfatti, decidevano di ricorrere alla Corte di Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e il Ruolo del Risarcimento del Danno

Il ricorso degli imputati si basava su due argomenti principali:

1. Vizio di procedura: La difesa sosteneva la nullità della sentenza d’appello a causa di presunti errori nella notifica dell’atto di citazione e del mancato rispetto dei termini a difesa. Secondo i ricorrenti, la Corte d’Appello non aveva tenuto in considerazione le loro eccezioni, formulate in conclusioni scritte inviate via PEC.
2. Mancata concessione dell’attenuante: Il punto centrale del ricorso riguardava il mancato riconoscimento dell’attenuante specifica prevista dall’art. 62 n. 6 del codice penale, ovvero l’aver integralmente riparato il danno prima del giudizio. Gli imputati avevano infatti versato alla persona offesa la somma di 1.000,00 euro a titolo di risarcimento.

La difesa lamentava che i giudici di merito, pur avendo tenuto conto di tale risarcimento per la concessione delle attenuanti generiche, avessero di fatto “assorbito” o disapplicato l’attenuante specifica, che avrebbe comportato una riduzione di pena più definita.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, ritenendoli infondati. Sul piano procedurale, ha stabilito che le notifiche erano state eseguite correttamente e che l’omessa valutazione delle conclusioni scritte non integrava una nullità, poiché le questioni sollevate erano comunque infondate e non vi era stata una lesione concreta del diritto di difesa.

Più interessante è l’analisi sul tema del risarcimento del danno. La Corte ha fornito una spiegazione dettagliata del perché, in questo caso, il pagamento non potesse condurre al riconoscimento dell’attenuante specifica.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha articolato il suo ragionamento su due binari distinti.

In primo luogo, ha richiamato un principio consolidato per i procedimenti speciali come il giudizio abbreviato (scelto dagli imputati): la riparazione del danno, per essere valida ai fini dell’attenuante specifica, deve avvenire prima che venga pronunciata l’ordinanza di ammissione al rito. Gli imputati non solo non avevano fornito prova di tale tempistica, ma non avevano nemmeno allegato al ricorso la documentazione che attestava l’avvenuto pagamento (violando il principio di autosufficienza del ricorso).

In secondo luogo, e in via dirimente, la Corte ha chiarito che non vi è stata alcuna disapplicazione della norma. I giudici di merito hanno correttamente esercitato la loro discrezionalità. Hanno ritenuto che il risarcimento del danno, essendo intervenuto tardivamente, non soddisfacesse i rigidi requisiti per l’attenuante dell’art. 62 n. 6 c.p. Tuttavia, hanno positivamente valutato la volontà risarcitoria degli imputati, riconoscendola come elemento valido per la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Non si tratta di un “assorbimento”, ma di una corretta applicazione di due istituti giuridici diversi con presupposti differenti.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il risarcimento del danno è un passo importante, ma le sue conseguenze giuridiche dipendono strettamente dal rispetto delle regole processuali. Per ottenere l’attenuante specifica, non basta pagare, ma bisogna farlo nei tempi giusti. Un risarcimento tardivo non è inutile, ma la sua valenza si sposta dal campo di un’attenuante specifica a quello, più discrezionale, delle attenuanti generiche. Questa pronuncia offre quindi una guida chiara sia per la difesa, che deve agire con tempestività, sia per i giudici, che mantengono un potere di valutazione complessiva sulla condotta dell’imputato post-reato.

Il risarcimento del danno alla vittima garantisce sempre l’applicazione dell’attenuante specifica (art. 62 n. 6 c.p.)?
No. La Corte chiarisce che il risarcimento deve avvenire entro precise scadenze processuali. Ad esempio, nel caso di giudizio abbreviato, la riparazione del danno deve essere completata prima dell’ammissione a tale rito. Inoltre, la quietanza della vittima non è di per sé vincolante, poiché il giudice deve sempre valutare l’effettivo ravvedimento del reo.

Se il risarcimento del danno è tardivo, può avere qualche effetto sulla pena?
Sì. Anche se non consente di ottenere l’attenuante specifica, un risarcimento effettuato in ritardo può essere valutato positivamente dal giudice al fine di concedere le attenuanti generiche, che comportano comunque una diminuzione della pena, come avvenuto nel caso di specie.

L’omessa valutazione da parte del giudice delle conclusioni scritte inviate via PEC dalla difesa rende sempre nulla la sentenza?
No. La nullità si configura solo a condizione che tali conclusioni abbiano un autonomo contenuto argomentativo volto a sostenere le ragioni dell’impugnazione e che la loro mancata valutazione abbia causato una concreta violazione del diritto di difesa. Se le doglianze erano comunque palesemente infondate, non vi è alcuna nullità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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