Risarcimento del Danno: Le Imposte Versate Vanno Restituite?
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato una questione fondamentale in materia di risarcimento del danno derivante dalla percezione di somme non dovute. La decisione chiarisce se l’obbligo di restituzione debba comprendere solo l’importo netto percepito dal beneficiario o anche le imposte che sono state versate all’Erario su quelle somme. Questa pronuncia offre un principio guida di grande rilevanza pratica per casi simili.
I Fatti del Caso: La Controversia sulla Restituzione
Un cittadino è stato condannato dalla Corte d’Appello a restituire una cospicua somma, pari a oltre 245.000 euro, ricevuta indebitamente a titolo di pensione. Il cittadino ha presentato ricorso in Cassazione, non contestando il suo obbligo di restituzione in sé, ma sollevando una questione specifica sulla quantificazione dell’importo. Secondo la sua tesi, egli avrebbe dovuto restituire solo la somma netta effettivamente percepita, escludendo quindi la parte che era stata versata direttamente allo Stato a titolo di imposta.
Il ricorrente sosteneva, in pratica, che la parte civile (l’ente che aveva erogato la pensione) avrebbe dovuto agire autonomamente nei confronti dell’Erario per recuperare le imposte. La difesa si basava su una presunta inerzia della parte danneggiata su questo fronte.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Risarcimento del Danno
La Suprema Corte ha respinto completamente la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione conferma integralmente la sentenza della Corte d’Appello e stabilisce un punto fermo sulla corretta quantificazione del danno da restituire.
L’inadmissibilità è stata dichiarata in quanto il motivo di ricorso è stato ritenuto ‘manifestamente infondato’. Di conseguenza, anche gli altri motivi aggiunti dal ricorrente, relativi alla qualificazione del reato e alla prescrizione, non sono stati neppure esaminati, poiché l’inammissibilità del motivo principale preclude l’analisi degli altri.
Le Motivazioni della Sentenza: Perché il Ricorso è Inammissibile
La Corte ha basato la sua decisione su una logica chiara e lineare. La motivazione della Corte d’Appello, definita ‘ineccepibile’, aveva correttamente stabilito che il danno da risarcire corrisponde all’importo lordo delle somme indebitamente erogate. Questo perché anche il versamento delle imposte all’Erario rappresenta una conseguenza diretta e immediata della condotta illecita che ha portato all’erogazione delle somme non dovute. In altre parole, se non ci fosse stato il pagamento indebito della pensione, non ci sarebbe stato nemmeno il conseguente versamento fiscale.
I giudici hanno sottolineato che l’importo complessivo dell’indebito non era mai stato contestato dal ricorrente nei precedenti gradi di giudizio. La pretesa di ‘scorporare’ le imposte è stata quindi vista come un tentativo infondato di ridurre l’ammontare del risarcimento. La Corte ha ritenuto che il danno subito dalla parte civile corrisponde all’intera somma uscita dalle sue casse, comprensiva di ogni onere accessorio come le imposte.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche sul Risarcimento
Questa ordinanza consolida un principio giuridico di notevole importanza: quando si è tenuti a restituire somme percepite indebitamente (siano esse stipendi, pensioni o altre erogazioni), l’obbligazione restitutoria riguarda l’importo lordo, non quello netto. Il danneggiato ha diritto a essere reintegrato completamente della perdita subita, e tale perdita include anche le componenti fiscali che sono state versate a causa del pagamento originario.
La decisione implica che spetta a chi ha percepito indebitamente le somme attivarsi, se del caso, per recuperare le imposte versate, ma non può addossare questo onere al danneggiato. Per chi si trova a dover affrontare una richiesta di restituzione, è quindi fondamentale considerare che l’importo da rimborsare sarà calcolato al lordo delle ritenute fiscali.
Se si ricevono somme non dovute, il risarcimento del danno comprende anche le tasse pagate su quelle somme?
Sì, secondo l’ordinanza, il risarcimento del danno deve comprendere anche le somme riversate all’Erario a titolo di imposta, in quanto sono una conseguenza diretta dei versamenti indebitamente conseguiti.
Cosa succede se il motivo principale di un ricorso in Cassazione viene giudicato manifestamente infondato?
Se il motivo principale è manifestamente infondato, l’intero ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, eventuali altri motivi di appello proposti, anche se potenzialmente validi, non vengono esaminati nel merito dalla Corte.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34075 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34075 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Ritenuto che non rileva la proclamata astensione degli avvocati dalle udienza anche per la data odierna in considerazione del rito non partecipato adottato ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen.;
Ritenuto che l’unico motivo proposto sulla quantificazione del risarcimento del danno è manifestamente infondato rispetto all’ineccepibile motivazione svolta dalla sentenza impugnata che, sul rilievo della assenza di contestazion dell’importo complessivo dell’indebito pari a 245.160,13, ha disposto l’ulterio pagamento della differenza tra la predetta somma e quella di euro 161.969,80 percepita dal ricorrente del tutto correttamente ritenendo doversi comprendere anche le somme riversate all’Erario a titolo di imposta conseguenti alla causal pensionistica dei versamenti indebitamente conseguiti;
Ritenuto che alla conclusione non osta la memoria difensiva e il secondo e terzo motivo aggiunto proposti dal ricorrente, reiterativi del motivo principale fondati su una pretesa inerzia della parte civile rispetto a quanto devolu all’Erario a titolo di imposta;
Ritenuto che, quanto agli altri motivi aggiunti – in ordine alla qualificazio e del fatto e alla conseguente prescrizione – l’inammissibilità del rico principale non li rende accessibili;
Ritenuto che non è apprezzabile il contributo della parte civile al definizione del procedimento;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12.7.2024