Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11617 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11617 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Sessa Aurunca il 22/08/1951, COGNOME COGNOME nata in Albania il 14/09/1971, avverso la sentenza in data 20/03/2023 della Corte di appello di Perugia; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto dei ricorsi; lette le memorie di replica presentate, in data 04/02/2025, dal difensore del
COGNOME e della COGNOME, avv.to NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20/03/2023, la Corte di appello di Perugia, decidendo in sede di rinvio a seguito dell’annullamento della pronunzia della Corte di appello di L’Aquila del precedente 01/03/2021, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Vasto del 29/04/2020, con cui era stata affermata la penale responsabilità di COGNOME NOME e di NOME COGNOME in ordine alle contravvenzioni di realizzazione di opere edilizie in assenza del permesso di costruire (capo C), dell’attestato di deposito previsto dalla legge n. 64 del 1974 e dell’autorizzazione sismica (capi D ed E) ed erano state loro inflitte le pene
ritenute di giustizia, disponendo la conversione delle pene detentive in pene pecuniarie di genere corrispondente, quantificate in euro settantacinque di ammenda per ogni giorno di arresto, nonché la rateizzazione del loro pagamento.
Avverso la sentenza ha proposto ricorst per cassazione il difensore del COGNOME e della COGNOME, avv.to NOME COGNOME che ha articolato, per ciascun assistito, due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di entrambi i ricorsi il predetto lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 62, n. 6, cod. pen. e vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità, in punto di denegata concessione dell’attenuante del risarcimento del danno.
Sostiene, in specie, che, nella decisione della Corte territoriale, il mancato riconoscimento della diminuente de qua risulterebbe illogicamente argomentato, posto che l’eliminazione delle opere abusive, avvenuta prima dell’apertura del dibattimento, pur se preceduta dall’emissione dell’ordine di demolizione da parte dell’Autorità amministrativa, sarebbe pur sempre frutto di un’iniziativa spontanea degli imputati, attestandolo la circostanza che il dissequestro delle stesse fu disposto in accoglimento di un’istanza di parte.
2.2. Con il secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse del Mignano, il difensore si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 56-quater della legge n. 681 del 1989 e di vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità, in punto di determinazione della pena pecuniaria.
Assume, in proposito, che la Corte di appello, nell’accogliere la richiesta difensiva di conversione della pena detentiva inflitta in pena pecuniaria di genere corrispondente, avrebbe irragionevolmente determinato in euro settantacinque la somma pro die, cifra di quindici volte superiore a quella minima stabilita ex lege, senza tener conto in alcun modo – come sarebbe stato, invece, doveroso fare delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato.
2.3. Con il secondo motivo del ricorso presentato nell’interesse della COGNOME, il difensore lamenta infine, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen.
Sostiene, in particolare, che la Corte di appello ha illegittimamente disposto, anche nei confronti della predetta, la rateizzazione della pena pecuniaria sostitutiva, senza considerare che a costei, in esito al giudiio di primo grado,
era stata concessa la sospensione condizionale della pena e che itale beneficio, in carenza di una sua impugnazione sul punto, non era suscettibile cli revoca.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112 del 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi presentato nell’interesse di COGNOME NOME e di COGNOME Valbona sono manifestamente infondati per le ragioni che di seguito si espongono.
Palesemente infondato è il primo motivo di ricorso, comune ad entrambi i ricorrenti, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 62, n. 6, cod. pen. e vizio di motivazione per carenza e manifesta illogicità, in punto di denegata concessione dell’attenuante del risarcimento del danno, sostenendo che tale statuizione risulterebbe illogicamente argomentata, posto che l’eliminazione delle opere abusive, avvenuta prima dell’apertura del dibattimento, benché preceduta dall’emissione dell’ordine di demolizione da parte dell’Autorità amministrativa, sarebbe, comunque, frutto di un’iniziativa spontanea degli imputati.
Ritiene il Collegio che la Corte territoriale, contrariamente a quanto opinato dai ricorrenti, abbia argomentato in maniera lineare e tutt’altro che illogica la denegata concessione della citata diminuente, conformandosi, peraltro, al consolidato orientamento del giudice di legittimità, secondo cui «La circostanza attenuante della avvenuta riparazione del danno non è applicabile ai reati edilizi quando l’abbattimento volontario dell’opera abusiva sia avvenuto in epoca posteriore all’emanazione dell’ordinanza sindacale che impone la demolizione delle opere, la cui inottemperanza avrebbe determinato l’acquisizione del sito al patrimonio comunale» (in tal senso: Sez. 3, n. 29991 del 13/07/2011, COGNOME, Rv. 251025-01, nonché, in precedenza, Sez. 3, n. 40439 del 28/09/2006, COGNOME, Rv. 235407-01).
Privo di pregio è, anche, il secondo motivo di ricorso, proposto nell’interesse del solo COGNOME NOMECOGNOME con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 56-quater della legge n. 681 del 1989 e di
vizio di motivazione per carenza e per manifesta illogicità, in punto di determinazione della pena pecuniaria, assumendo che l’avvenuta quantificazione in euro settantacinque della somma pro die risulterebbe irragionevole ed illegittima, atteso che non si sarebbe tenuto conto in alcun modo delle condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato.
Ritiene in proposito il Collegio che i giudici del merito, nel determinare l’importo giornaliero della pena pecuniaria in euro settantacinque, abbiano fatto corretta applicazione dell’evocata disposizione normativa, risultando la somma in concreto stabilita – di molto inferiore al valore medio attribuibile, in termini di pena pecuniaria, a un giorno di pena detentiva – all’evidenza adeguata alle complessive condizioni economiche e patrimoniali dell’imputato.
Peraltro, non può non rilevarsi che la doglianza fatta valere con il motivo in disamina si caratterizza per una palese genericità intrinseca, posto che non risultano indicati dal ricorrente elementi, afferenti ai menzionati parametri valutativi, in tesi giustificativi di una diversa e più mite determinazione dell’importo quotidiano della pena pecuniaria sostitutiva.
Destituito di fondamento è, da ultimo, il terzo motivo di ricorso, proposto nell’interesse della sola COGNOME Valbona, con cui si lamenta l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., sostenendo che era stata disposta la rateizzazione della pena pecuniaria sostitutiva anche nei confronti della predetta, senza considerare che a costei era stato riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena con la sentenza di primo grado e che lo stesso, in carenza di una sua impugnazione sul punto, non era suscettibile di revoca.
Osserva al riguardo il Collegio che anche tale doglianza non coglie nel segno, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte di appello di Perugia, con la decisione oggetto d’impugnativa, non ha disposto la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, in precedenza concesso alla predetta dal Tribunale di Vasto.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che ciascuno dei ricorrenti versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12/02/2025