Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9943 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9943 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla parte civile:
INDIRIZZO NOME
COGNOME
nato a GENOVA il DATA_NASCITA
c/
BASILE SARA COGNOME
nata a ALESSANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/06/2022 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA
visti gli atti; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore della parte civile AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 settembre 2021, emessa ad esito del giudizio ordinario, il Tribunale di Genova dichiarava non doversi procedere nei confronti
di NOME COGNOME per il reato di truffa per difetto di una condizione di procedibilità, in quanto la querela della persona offesa NOME COGNOME era stata presentata tardivamente.
Con la sentenza qui impugnata la Corte di appello di Genova, in riforma della decisione di primo grado, ritenuto il reato procedibile d’ufficio in presenza dell’aggravante, contestata in fatto, prevista dall’art. 61, primo comma, n. 7 cod. pen., assolveva l’imputata per insussistenza del fatto.
Secondo la tesi accusatoria, disattesa dal giudice di appello, NOME COGNOME, mediante una serie di artifizi e raggiri, aveva indotto NOME COGNOME a farsi consegnare, asseritannente in prestito, la somma di 46.500 euro con la falsa promessa di restituirgliela con varie modalità alternative.
Ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza, agli effetti della responsabilità civile, in ragione di due motivi.
2.1. Erronea applicazione della legge penale, nella parte in cui viene affermata l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato con riferimento ai raggiri posti in essere dall’imputata, che non ha partecipato al dibattimento né ha mai reso dichiarazioni al fine di contrastare la versione dei fatti della persona offesa, risultante dal contenuto della denuncia-querela, acquisita in giudizio con il consenso delle parti, e dalla testimonianza assunta in giudizio.
La sentenza ha ignorato la circostanza che NOME COGNOME si recò a ritirare l’autovettura di nascosto, impedendo alla persona offesa di intestarsi il mezzo al fine di tutelare la propria posizione creditoria, e ha illogicamente considerato la mancata richiesta di un atto scritto, al momento della concessione del prestito, quale prova della mancanza dei raggiri.
2.2. Contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui viene affermata la mancanza di raggiri per l’assenza di ulteriori circostanze capaci di rafforzare le dichiarazioni mendaci.
La motivazione riporta ben cinque comportamenti dell’imputata, sui quali vi sono state le dichiarazioni della persona offesa, ma contraddittoriamente ha concluso per l’insussistenza del fatto a supporto del dichiarato, nonostante le plurime false rappresentazioni della realtà chiaramente finalizzate a carpire con l’inganno il versamento da parte di NOME COGNOME della somma di denaro richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va premesso che le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che l’art. 573, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (secondo il quale, «uando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d’appello e la Corte di cassazione, s l’impugnazione COGNOME non COGNOME è COGNOME inammissibile, COGNOME rinviano COGNOME per COGNOME la COGNOME prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile»), si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione.
La nuova disposizione, dunque, non è applicabile nel caso di specie e l’annullamento della sentenza impugnata andrà disposto, in forza delle ragioni di séguito esposte, ai sensi dell’art. 622 del codice di rito.
Alla luce della pronuncia della Corte EDU Pasquini contro Repubblica di San Marino, la Corte costituzionale, con sentenza n. 182 del 30 luglio 2021, ha affermato che il giudice dell’impugnazione penale, nel decidere sulla domanda risarcitoria in presenza di un reato estinto per prescrizione (art. 578 cod. proc. pen.), «non è chiamato a verificare se si sia integrata la fattispecie penale tipica contemplata dalla norma incriminatrice, in cui si iscrive il fatto di reato di volta in volta contestato; egli deve invece accertare se sia integrata la fattispecie civilistica dell’illecito aquiliano (art. 2043 cod. civ.)».
È vero, infatti, che la lesione dell’interesse protetto dalla norma incriminatrice, e dunque la commissione del reato, costituisce danno ingiusto ai sensi degli artt. 2043 e 2059 cod. civ.; tuttavia, una volta definito il profil penale della vicenda, «il giudice dell’impugnazione è chiamato a valutarne gli effetti giuridici, chiedendosi, non già se esso presenti gli elementi costitutivi della condotta criminosa tipica (commissiva od omissiva) contestata all’imputato come reato, contestualmente dichiarato estinto per prescrizione, ma piuttosto se quella condotta sia stata idonea a provocare un “danno ingiusto” secondo l’art. 2043 cod. civ., e cioè se, nei suoi effetti sfavorevoli al danneggiato, essa si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno».
Questi principi sono applicabili, a maggior ragione, anche nel caso in cui la vicenda penale si sia conclusa con un’assoluzione dell’imputato in secondo grado, non impugnata dal Pubblico ministero ma solo dalla parte civile ai sensi dell’art.
p
576 del codice di rito, essendo in discussione solo gli effetti civili della decisione, senza alcuna possibile influenza sulla vicenda penale.
Per questa ragione non risulta condivisibile il rilievo del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso evocando una “distinzione tra frode civile e frode penale laddove per quest’ultima è richiesto un quid pluris rispetto alla prima e precisamente un apparato esteriore destinato a convalidare i fatti falsamente affermati”.
Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che la Corte di appello ha escluso non già la presenza di un fatto doloso commesso dall’imputata, quanto quella degli artifizi e raggiri quali elementi costitutivi di un reato il c accertamento ora non è più necessario.
Peraltro, come evidenziato dal ricorrente, la sentenza ha riportato una serie di rilevanti circostanze esposte dalla COGNOME a COGNOME (la falsità di alcune delle quali risulta dimostrata dalle dichiarazioni della persona offesa, ritenuta attendibile dalla Corte territoriale), sminuendone però la portata solo in quanto si sarebbe trattato di “mere rappresentazioni verbali di possibilità future e aleatorie, delle quali il COGNOME si è automaticamente accontentato”.
In proposito va ricordato, però, il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la negligenza e superficialità della persona offesa non escludono la configurabilità del reato di truffa, posto che «la rilevanza penale dell’accertata, fraudolenta, induzione in errore non viene meno per il solo fatto che il deceptus abbia a sua disposizione strumenti di difesa, in ipotesi non compiutamente utilizzati, poiché in siffatta situazione la responsabilità penale è sempre collegata al fatto dell’agente, ed è indipendente dalla eventuale cooperazione, più o meno colposa, della vittima negligente» (Sez. 2, n. 42867 del 20/06/2017, Gulì, Rv. 271241-01; conformi, ad es., Sez. 2, n. 51538 del 20/11/2019, C., Rv. 278230-01; Sez. 2, n. 51166 del 25/06/2019, COGNOME, Rv. 278011-01; Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Riva, Rv. 268960-01).
Adattando il principio al profilo civilistico qui in discussione, si deve ritenere che la fiducia riposta dalla persona offesa senza garanzie non è da sola rilevante al fine di escludere che la COGNOME abbia agito sin dall’inizio con il proposito di non restituire la somma chiesta in prestito, ipotesi che potrebbe essere avallata proprio dalla falsa rappresentazione di alcune circostanze nonché dal comportamento successivo alle richieste di restituzione.
La motivazione della sentenza sul punto è effettivamente contraddittoria.
Pertanto, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., la sentenza impugnata va annullata ai fini dell’accertamento della responsabilità civile, fermi restando gli
effetti penali, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso il 16/02/2024.