Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29624 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 01/10/2024 della Corte d’appello di Catania lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
1.Con la sentenza in preambolo, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma di quella emessa il 14 dicembre 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ragusa, ha confermato l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME per i reati di tentato omicidio (capo 1) e di minacce (capo 3) ai danni di NOME COGNOME, nonchØ per quello di porto ingiustificato dell’arma da punta e taglio (capo 3), strumento utilizzato per commettere il primo reato, riducendo la pena originariamente inflitta a quella di quattro anni e due mesi di reclusione.
Secondo il conforme accertamento dei Giudici di merito, le imputazioni riguardano gli accadimenti della mattina del 5 ottobre 2022 quando la persona offesa, NOME COGNOME che si trovava a bordo della propria autovettura, era raggiunto dall’imputato che, presentatosi come «il figlio di NOME COGNOME», iniziava a colpirlo violentemente e ripetutamente al torace, utilizzando un oggetto acuminato e tagliente (tipo roncola o piccozza). Nonostante i tentativi della vittima di parare i colpi con le braccia e di cercare di uscire dal veicolo, l’imputato continuava a colpire con sempre maggiore violenza e – utilizzando l’arma a mo’ di pugnale, accompagnando i colpi con la ripetizione della frase «ti ammazzo» – gli provocava una ferita con copiosa fuoriuscita di sangue. La vittima, riusciva a proteggere il capo dai colpi sferrati e a disarmare l’aggressore che, privato dell’arma, si dava alla fuga, non senza aver ulteriormente minacciato COGNOME («ora vado a prendere la pistola e ti ammazzo»).
Centrali, sotto il profilo probatorio, sono state ritenute le dichiarazioni della persona offesa, le parziali ammissioni dell’imputato, infine il movente della condotta, riconducibile alla partecipazione del figlio della persona offesa, NOME COGNOME, come offerente, alla procedura di vendita forzata avente a oggetto un bene immobile di proprietà di NOME COGNOME padre dell’imputato. A seguito dell’aggiudicazione provvisoria del bene in favore di
– Relatore –
Sent. n. sez. 2123/2025
CC – 18/06/2025
NOME COGNOME, genero del debitore esecutato, COGNOME aveva accusato pesantemente e pretestuosamente NOME COGNOME di avere, con la sua partecipazione alla procedura, fatto lievitare il prezzo dell’immobile in modo che, mancando al debitore la liquidità necessaria, esso non poteva piø rientrare nella proprietà familiare.
Le sentenze di merito hanno disatteso la versione alternativa resa dall’imputato che, pur avendo ammesso il movente, ha negato le condotte minacciose e l’intenzione di uccidere COGNOME, affermando di avergli solo inferto un paio di colpi con uno strumento acuminato trovato nell’autovettura e che, essendo egli ex professionista di boxe thailandese, ove avesse voluto, avrebbe potuto certamente uccidere l’antagonista.
Piuttosto – ad avviso dei Giudici di merito – l’arma utilizzata (un oggetto costituito da due parti metalliche, della complessiva lunghezza di un metro, recante una punta a uncino o a forma di “L” rovesciata, appuntito agli angoli e tagliente all’estremità), la pluralità dei fendenti, il distretto corporeo attinto (il cranio e il torace), infine le frasi proferite, rappresentavano la prova dell’ animus necandi , con conseguente esclusione del reato di lesioni personali (si vedano i fogli 5 e 6 della sentenza di primo grado e le p. 6 e 7 della sentenza impugnata).
COGNOME ricorre per cassazione, per mezzo del difensore di fiducia avv. COGNOME e deduce tre motivi.
3.1. Con il primo, denuncia il vizio di motivazione in punto di mancata riqualificazione del fatto di tentato omicidio come reato di lesioni volontarie.
Il ricorrente censura l’insoddisfacente risposta fornita dal Giudice di appello alle sue doglianze, volte a evidenziare gli elementi indicativi di una mera volontà lesiva da parte di COGNOME. Richiamati i principi di diritto espressi dalla giurisprudenza di legittimità in punto di elemento psicologico nel delitto di omicidio tentato, evidenzia come un’attenta analisi delle prove avrebbe condotto a ritenere che l’imputato potesse, al massimo, aver accettato il rischio del decesso dell’antagonista, con un atteggiamento psicologico di dolo eventuale, incompatibile con il delitto tentato.
Lamenta, in particolare, l’errata enfatizzazione delle frasi, pur minacciose, profferite da COGNOME nei riguardi della persona offesa che non denoterebbero un proposito omicidiario e che, piuttosto, confermerebbero l’intento di ‘dare una lezione’ a COGNOME. Sarebbero stati, di contro, svalutati i precedenti di professionista in arti marziali di COGNOME e l’interruzione autonoma dell’aggressione, elementi certamente indicativi dell’assenza di dolo di uccidere.
3.2. Con il secondo motivo lamenta l’apparenza della motivazione in punto di esclusione dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma n. 6, cod. pen., immotivatamente negata, pur a fronte del dato obiettivo dell’avvenuto accordo della quantificazione del danno nella misura ritenuta congrua e integralmente satisfattiva da parte della persona offesa che, difatti, non si Ł costituita parte civile nel processo penale.
3.3. Il terzo motivo si appunta sulla dosimetria della pena.
Il ricorrente deduce che il Giudice di appello, pur accogliendo il pedissequo motivo, avrebbe inflitto una pena sproporzionata rispetto al fatto commesso in concreto, senza giustificare lo scostamento dal minimo edittale.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta in data 21 marzo 2025, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato limitatamente al motivo riguardante il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., per le ragioni che si indicano
di seguito.
Il primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta la mancata diversa qualificazione del fatto come lesioni volontarie aggravate, Ł privo di pregio sotto piø profili.
1.1. In primo luogo esso, per il suo carattere discorsivo, si risolve in una generalizzata critica della sentenza di appello, ben lontana dalla necessaria ragionata censura del provvedimento impugnato, che non consente di percepire con esattezza l’oggetto delle censure e un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 3126 del 29/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285800 – 01; Sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276748 – 01). Si Ł, in particolare, chiarito(Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME Rv. 277518 – 02) che il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., ha l’onere sanzionato a pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione.
Sotto altro, connesso, profilo il motivo in parola si risolve in una pedissequa reiterazione di quello già dedotto in appello e puntualmente disatteso dalla Corte di merito, dovendosi considerare non specifico e soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
Da ultimo, il ricorrente prospetta versioni alternative dell’occorso, che presupporrebbero il diretto accesso al merito da parte di questa Corte, secondo lo schema tipico di un gravame puro, che viceversa esula dalle funzioni dello scrutinio di legittimità (Sez. 6 n. 13442 dell’8/03/2016, Rv. 266924; Sez. 6 n. 43963 del 30/09/2013, Rv. 258153). Quest’ultimo non può concernere nØ la ricostruzione del fatto, nØ il relativo apprezzamento probatorio, ma deve limitarsi al riscontro dell’esistenza di un solido e convincente apparato motivazionale, ossia alla verifica della rispondenza degli elementi, posti a base della decisione, alle regole della logica e a canoni di rigore argomentativo, che rendano giustificate sul piano della consequenzialità, le conclusioni tratte (cfr. Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
A tali ultime regole e canoni la sentenza impugnata si conforma appieno.
Essa offre, infatti, una lettura ineccepibile delle risultanze processuali, passate esaustivamente in rassegna, e dà puntuale conto dei convergenti elementi, anche di natura logica, che integrano il quadro di responsabilità di COGNOME per il reato di tentato omicidio oggetto di ricorso; quadro per nulla intaccato dalle censure difensive.
1.2. Ciò premesso, osserva nell specifico il Collegio che la sentenza impugnata (p. 4 e s.), in linea con le valutazioni già espresse dal Giudice di primo grado, ha chiarito che l’animus necandi Ł stato accertato assegnando valore determinante alla complessiva condotta dell’imputato, in primo luogo attraverso una corretta valorizzazione della pericolosità dell’arma, dettagliatamente descritta dal Giudice di primo grado come uno strumento costituito da due parti metalliche che, inserite l’una sull’altra, raggiungono la
lunghezza di un metro, con alla punta un corpo metallico aggiuntivo, a forma di uncino ovvero di “L” rovesciata, appuntito agli angoli e tagliente alle estremità. A ciò si sono aggiunti i dati della violenza e reiterazione della condotta, del numero dei fendenti, dei distretti corporei attinti (dapprima il torace, poi il capo), la presenza di numerosi colpi andati “a vuoto” perchØ parati dalla vittima, infine le minacce che non hanno solo accompagnato l’azione aggressiva, ma che sono state proferite da COGNOME anche quando, ormai disarmato, aveva dovuto allontanarsi, con la promessa di ritornare con un’arma ancora piø micidiale (una pistola).
La Corte di appello si Ł poi fatta carico di superare l’assunto difensivo secondo il quale la mera volontà lesiva sarebbe inferibile dall’abbandono autonomo della condotta aggressiva e dalla capacità di COGNOME (ex professionista in lotta thailandese) di portare a compimento l’intento omicida. Sotto tale profilo, infatti, la Corte territoriale ha chiarito – con motivazione scevra da fratture razionali – l’irrilevanza di tali elementi e ha valorizzato proprio l’uso dell’arma, poichØ, a ragione della sua superiorità fisica, ove COGNOME avesse voluto limitarsi a “dare una lezione” a COGNOME, avrebbe agito a mani nude.
NØ – sulla scorta dell’incontestata ricostruzione indicata in premessa – può assegnarsi alcun valore all’asserito abbandono spontaneo da parte di COGNOME del luogo ove avvennero i fatti poichØ, una volta consumato il reato nei termini indicati, detta scelta era stata dettata dal fattore occasionale, indipendente dalla sua volontà, costituita dal fatto che la vittima era riuscita a disarmarlo, così esponendolo alla scelta sul se proseguire nell’azione (rischiando di poter essere facilmente bloccato e identificato) oppure allontanarsi, come effettivamente avvenuto.
¨, invece, fondato, il secondo motivo di ricorso.
2.1. Non Ł superfluo premettere che il Giudice di primo grado ha negato l’attenuante del risarcimento del danno perchØ – pur dando atto dell’avvenuto pagamento da parte di COGNOME, in favore di NOME COGNOME, della somma di 4000 €, ritenuta congrua e accettata dalla vittima – ha ritenuto non esserci «dati decisivi per configurare il pagamento in termini d’integrale risarcimento del danno in tutte le sue componenti (indipendentemente dagli asserti della persona offesa)», reputando tuttavia il pagamento valutabile ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
A fronte della specifica censura in appello, la Corte territoriale l’ha respinta valorizzando la circostanza che il pagamento era stato posto a fondamento del riconoscimento delle attenuanti generiche, affermando che lo stesso fatto (del pagamento) non poteva essere valutato “nuovamente” per il riconoscimento di altra, concorrente attenuante.
2.2. Osserva il Collegio come tale motivazione non sia rispettosa dei principi espressi in sede di legittimità in tema di riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, cod. pen., riguardo alla quale – si Ł condivisibilmente chiarito – la quietanza integralmente liberatoria rilasciata dalla parte offesa non Ł ex se vincolante, essendo rimesso al sindacato del giudice l’apprezzamento dell’avvenuto ravvedimento del reo e della neutralizzazione della sua pericolosità sociale, che l’integrale risarcimento può implicare (Sez.5, n.116del08/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv.282424 – 01)
Ciò perchØ il risarcimento dev’essere integrale ed effettivo, sicchØ, in caso di riparazione parziale o inadeguata, non può giovare all’imputato la dichiarazione liberatoria resa dalla persona offesa (Sez. 5, n. 7826 del 30/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284224 – 01. Fattispecie in tema di furto nella quale, nonostante la dichiarazione liberatoria della parte lesa a seguito della restituzione della refurtiva, Ł stato escluso il riconoscimento dell’attenuante a cagione del mancato ristoro del danno conseguente allo spossessamento
del bene).
SicchØ, si Ł ulteriormente precisato, ai fini del diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., il giudice ben può disattendere ogni atto negoziale pur ritenuto satisfattivo dalla persona offesa fornendo adeguata motivazione, senza che, peraltro, sia necessario procedere alla specifica quantificazione del danno astrattamente risarcibile mediante l’esame delle singole voci che lo compongono allorchØ l’accordo transattivo, a sua volta, non le contempli in modo analitico, ma si limiti a indicare la somma complessivamente corrisposta a titolo di risarcimento (Sez. 3, n. 33795 del 21/04/2021, L., Rv. 281881 – 01); infine Ł stato puntualizzato che un risarcimento dei danni non integrale, seppure non consente il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6 cod. pen., ben può essere valutato dal giudice in funzione della concessione delle attenuanti generiche (Sez. 6, n. 34522 del 27/06/2013,Vinetti, Rv. 256134 – 01).
2.3. Poste tali premesse ermeneutiche, nel caso in esame, i Giudici del merito hanno del tutto omesso la doverosa motivazione sulla ritenuta non integrale ed effettiva dichiarazione liberatoria della persona offesa, avendo reso sul punto una motivazione meramente apparente oltre che errata in diritto, poichØ solo dopo avere adeguatamente motivato sulla non integralità ed effettività del risarcimento del danno (e, per tale via, escluso il riconoscimento dell’attenuantedi cui all’art. 62, n. 6 cod. pen.), il fatto obiettivo dell’avvenuto pagamento di una somma di denaro a titolo di ristoro avrebbe potuto essere valutato in funzione della concessione delleattenuantigeneriche.
Per le esposte ragioni la sentenza impugnata dev’essere annullata limitatamente all’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania.
Nel resto, il ricorso va complessivamente rigettato, ritenuto assorbito il terzo motivo, in punto di dosimetria della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Catania. Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così Ł deciso, 18/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
EVA TOSCANI