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Risarcimento assicurazione e attenuante: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato per lesioni stradali. La Corte conferma che per l’applicazione dell’attenuante del risarcimento del danno, il pagamento effettuato tramite il risarcimento assicurazione deve essere accompagnato da un atto o comportamento dell’imputato che dimostri la volontà di fare propria la prestazione risarcitoria.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Risarcimento assicurazione e attenuante: non basta pagare

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema di grande rilevanza pratica nel campo dei reati stradali: il valore del risarcimento assicurazione ai fini del riconoscimento dell’attenuante comune del risarcimento del danno. La Corte ribadisce un principio fondamentale: il mero pagamento effettuato dalla compagnia assicuratrice non è sufficiente. È necessaria una manifestazione di volontà dell’imputato che dimostri di aver fatto propria quella riparazione.

Il caso: lesioni stradali e il diniego dell’attenuante

Il caso trae origine da un procedimento penale per lesioni personali stradali (artt. 590-bis e 583 c.p.). L’imputato, condannato nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso per cassazione lamentando il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, del codice penale. Tale attenuante prevede una diminuzione della pena per chi, prima del giudizio, ha riparato interamente il danno cagionato dal reato.

Nel caso specifico, il risarcimento era stato interamente versato alla parte lesa dalla compagnia di assicurazione dell’imputato. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano negato l’applicazione dell’attenuante, motivando che non era emerso alcun atto o comportamento dell’imputato da cui si potesse desumere la sua volontà di farsi carico personalmente della riparazione del danno.

La questione legale del risarcimento assicurazione e l’attenuante

Il nucleo della questione giuridica verte sull’interpretazione della norma. Per ottenere lo ‘sconto’ di pena, è sufficiente che il danno sia oggettivamente risarcito, anche da un soggetto terzo come l’assicurazione, oppure è richiesta una partecipazione soggettiva e morale dell’autore del reato? La difesa dell’imputato sosteneva la prima tesi, ma la giurisprudenza consolidata va in un’altra direzione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello di Bologna. I giudici di legittimità hanno qualificato le argomentazioni del ricorrente come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse logica, coerente e giuridicamente corretta.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Viene richiamata una precedente sentenza (Sez. 4, n. 12121 del 2023) che ha chiarito in modo inequivocabile i requisiti per l’applicazione dell’attenuante in caso di pagamento da parte dell’assicuratore. La Corte afferma che ‘il risarcimento del danno eseguito dal terzo assicuratore deve ritenersi effettuato dall’imputato, anche se soggetto diverso dall’assicurato, a condizione che questi ne abbia avuto conoscenza e abbia mostrato la volontà di farlo proprio’.
In altre parole, la ratio dell’attenuante non è solo ristorare economicamente la vittima, ma anche valorizzare un comportamento post-reato dell’imputato che dimostri una revisione critica del proprio operato e un’assunzione di responsabilità. Se il processo risarcitorio avviene in modo del tutto automatico e impersonale tramite l’assicurazione, senza alcun coinvolgimento, anche solo morale, dell’imputato, questa finalità viene meno. La Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato come nel caso di specie mancasse totalmente la prova di questo coinvolgimento personale.

Le conclusioni

La decisione ha importanti implicazioni pratiche. Per chi si trova imputato in un procedimento per lesioni stradali, non è sufficiente affidarsi passivamente alla propria compagnia di assicurazione per la gestione del sinistro. Per poter beneficiare dell’attenuante del risarcimento del danno, è cruciale che l’imputato compia un’azione positiva: una lettera di scuse alla vittima, un contatto per informarsi delle sue condizioni, una comunicazione formale in cui si dichiara di aderire e fare proprio il risarcimento offerto dall’assicurazione. Questi gesti, che possono sembrare formali, assumono un valore giuridico fondamentale perché dimostrano quella partecipazione soggettiva che la legge richiede per concedere una riduzione della pena. L’ordinanza, quindi, funge da monito: la riparazione del danno, per essere pienamente efficace nel processo penale, deve essere non solo materiale, ma anche morale.

Il pagamento del risarcimento da parte dell’assicurazione garantisce automaticamente l’applicazione dell’attenuante del risarcimento del danno?
No. Secondo la Corte, il risarcimento effettuato dal terzo assicuratore, per essere valido ai fini dell’attenuante, deve essere accompagnato da un atto o comportamento dell’imputato dal quale si evinca la volontà di farlo proprio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche sollevate sono state considerate mere ‘doglianze in punto di fatto’, cioè contestazioni sulla valutazione dei fatti già operata dai giudici di merito, e non questioni sulla corretta applicazione della legge, che sono le uniche ammesse nel giudizio di Cassazione.

Cosa deve fare un imputato affinché il risarcimento pagato dalla sua assicurazione possa valere come attenuante?
L’imputato deve avere conoscenza del risarcimento e deve mostrare, con un atto o un comportamento concreto, la volontà di fare propria quella prestazione risarcitoria, dimostrando così un interesse attivo alla riparazione del danno causato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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