Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25625 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25625 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a COMISO il 31/07/1960
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME -ch-e ha concluso chiedendo
o il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Tribunale di Ragusa, con sentenza del 7 marzo 2023, ha condannato l’imputato per il delitto di cui all’art. 648, comma secondo, cod. pen. nonché per i delitti – posti in continuazione con quello di ricettazione, ritenuto più grave di cui agli artt. 474, comma secondo, e 473, comma primo, cod. pen. Ha quindi inflitto, per la ricettazione, la pena base di mesi tre di reclusione ed euro 300,00 di multa, aumentata per la continuazione per gli altri due reati di un mese di reclusione ed euro 100,00 di multa per ciascuno, pervenendo così alla pena finale di mesi cinque di reclusione ed euro 500,00 di multa.
Con sentenza del 10 ottobre 2024, depositata il 16 ottobre 2024, la Corte d’appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Ragusa, dopo avere evidenziato che dall’istruttoria espletata era emerso che l’imputato ha acquistato prodotti neutri, cioè senza segni distintivi, e applicato su di essi, con una termo-pressa, i marchi di note case produttrici, creando così dei prodotti contraffatti poi da lui stesso messi in circolazione, lo ha assolto dal reato di ricettazione (capo 2) e, riqualificato il reato di cui all’art. 474, cod. pe contestato al capo 1, nella fattispecie di cui all’articolo 473, comma primo, cod. pen., ha confermato la pena di mesi cinque di reclusione ed euro 500,00 di multa. Ha confermato altresì nel resto la sentenza impugnata.
Il difensore di fiducia dell’imputato affida il ricorso a un unico motivo proposto a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con cui lamenta l’illogicità della decisione in quanto la Corte d’appello, pur avendo assolto l’imputato dal reato di ricettazione e riqualificato il fatto sussumendolo nell’alveo del meno grave delitto di cui all’articolo 473 cod. pen., ha poi mantenuto la medesima pena nonostante sia prevista per il reato riconosciuto una sanzione decisamente più mite rispetto a quella prevista per la fattispecie originariamente contestata.
3. Il ricorso è inammissibile.
La Corte d’appello, con la sentenza impugnata / è pervenuta a una decisione nel suo complesso giuridicamente corretta.
Ed invero, a norma dell’art. 597, comma 4, cod. proc. pen. nel caso di accoglimento dell’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, il giudice, oltre che essere vincolato dal generale divieto della reformatio in pejus posto dal terzo comma del medesimo articolo, ha in ogni caso il dovere di diminuire la pena complessivamente applicata, in misura corrispondente all’accoglimento dell’impugnazione. Orbene, deve rilevarsi, però, che nella vicenda che qui ci occupa, la Corte distrettuale, nella sostanza, ha completamente rimodulato la decisione di primo grado avendo provveduto a inquadrare il fatto materiale sotteso ai capi di imputazione in un’unica fattispecie
criminosa, quella di cui all’art. 473 cod. pen., così conseguentemente superando ogni ragionamento fatto in primo grado in ordine al riconoscimento della
continuazione e alle regole collegate a tale istituto. Il limite edittale minimo, per il delitto di cui all’art. 473 cod. proc. pen., è fissato in mesi sei di reclusione ed
euro 2500,00 di multa, ma correttamente la Corte distrettuale, in presenza reformatio
dell’impugnazione del solo imputato, al fine di non violare il divieto di ha confermato la medesima pena disposta in primo grado ancorché
in peius, questa sia inferiore a quella normativamente prevista e, quindi, in astratto
illegale.
La sentenza impugnata è, quindi, esente da censure e il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna al pagamento delle spese del procedimento e della somma di C 3000,00 in
favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 21/3/2025
COGNOME
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CORTE DI CASSAZIONE V SEZIONE PENALE