Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22637 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22637 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Palermo avverso la sentenza del Tribunale di Palermo emessa in data 8/1/2025 nel proc. a carico di COGNOME NOMECOGNOME n. a Palermo il 7/12/2002
dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza il Tribunale di Palermo assolveva COGNOME NOME dal delitto di ricettazione di un ciclomotore ascrittogli in rubrica con la formula perché il fatto non sussiste. Il giudicante, all’esito del disposto giudizio abbreviato, riteneva che il fatto contestato dovesse essere ricondotto nell’alveo della fattispecie ex art. 624bis cod. pen. ma considerava d’ostacolo alla riqualificazione la ‘sanzione diversa e più grave’ prevista per detto titolo che avrebbe comportato una violazione del diritto di difesa dell’imputato.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Palermo, il quale ha dedotto la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., a mente del quale il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunziata nell’imputazione purché il reato non ecceda la sua competenza né risulti attribuito alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, condizioni nella specie sussistenti. Inoltre, il ricorrente aggiunge che, ove il giudicante non avesse ritenuto adeguatamente indicati nell’incolpazione gli elementi di fatto costitutivi del delitto di cui all’art. 624bis cod. pen., avrebbe dovuto, a norma del secondo comma dell’art. 521 codice di rito disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero, dovendo escludersi la possibilità di una pronunzia ampiamente assolutoria nel merito dinanzi a un fatto giuridicamente provato nelle sue connotazioni illecite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento, risultando la sentenza impugnata affetta da violazione di legge. Il Tribunale è addivenuto all’assoluzione dell’imputato con formula ampiamente liberatoria, pur avendo diffusamente argomentato in ordine alla sussistenza a suo carico di certi profili di responsabilità per il delitto di furto in abitazione, reputando preclusa la riqualificazione dei fatti in ragione della previsione di un trattamento sanzionatorio diverso e più grave per il delitto ex art. 624bis cod. pen. rispetto al delitto di ricettazione con conseguente violazione dei diritti di difesa.
Gli argomenti spesi dal Tribunale a sostegno della decisione non possono essere condivisi in quanto trascurano gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per rimuovere le situazioni di mancata corrispondenza, effettiva o supposta, tra l’ipotesi di reato addebitata in rubrica e quella concretamente emersa in giudizio, e pervengono ad una soluzione che, se
non rimossa, determinerebbe, per la preclusione del bis in idem , la sostanziale impunità per una condotta illecita che lo stesso giudice ritiene provata in atti.
1.1 L’art. 521, comma 1, cod. proc. pen. riconosce al giudice la facoltà di dare al fatto una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione purché il reato come riqualificato non ecceda la sua competenza ovvero risulti attribuito alla cognizione del Tribunale collegiale, evenienze da escludersi in relazione alla fattispecie ex art. 624bis cod. pen., come riconosciuto dallo stesso giudicante. La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, rimarcato che il potere dei giudici di merito di assegnare ” ex officio ” una qualificazione giuridica più grave al fatto accertato, non incidendo sulla quantificazione della pena, non è mai inquadrabile come ” reformatio in peius “, vietata ai sensi dell’art. 597 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 15585 del 23/02/2021, Casamonica, Rv. 281118 – 01; nel senso che il divieto di ” reformatio in peius ” investe solo il trattamento sanzionatorio in senso stretto, e, dunque, la specie e la quantità della pena, Sez. 6, n. 47488 del 17/11/2022, F., Rv. 284025 – 01).
Questa Corte ha, altresì, precisato che, in caso di riqualificazione del fatto da furto in ricettazione o viceversa, non sussiste violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza nel caso in cui nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza (Sez. 2, n. 11627 del 14/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275770 – 01; Sez. 2, n. 18729 del 14/04/2016, Russo, Rv. 266758 – 01; in fattispecie analoga, Sez. 5, n. 36157 del 30/04/2019, COGNOME, Rv. 277403 – 01). Infatti, al fine della violazione del principio di correlazione non è sufficiente qualsiasi modificazione dell’accusa originaria ma è necessaria una modifica che pregiudichi le possibilità di difesa dell’imputato di talché il giudice è tenuto a verificare se nel capo d’incolpazione siano o meno contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizione di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, che spetta al giudice individuare nei suoi esatti contorni (Sez. 5, n. 7984 del 24/09/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254648 – 01).
1.2 L’opzione assolutoria del Tribunale fonda, dunque, su presupposti giuridici erronei e omette di considerare che, in ogni caso, una volta esclusa sulla base di un accertamento di merito la possibilità di riqualificazione, in presenza di un fatto diverso, come tale dovendosi intendere non solo un fatto che integri una imputazione diversa, restando esso invariato, ma anche un fatto che presenti connotati materiali difformi da quelli descritti nella contestazione originaria, rendendo necessaria una puntualizzazione nella ricostruzione degli elementi essenziali del reato (Sez. 3, n. 8965 del 16/01/2019, COGNOME Rv. 275928 – 01), doveva trovare applicazione l’art. 521, comma 2, cod. proc. pen. che impone la trasmissione degli atti con ordinanza al pubblico ministero.
Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio, a norma dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., alla Corte di Appello di Palermo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Palermo per il giudizio.
Così deciso in Roma, 28 Maggio 2025