Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34702 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34702 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore Generale presso Corte d’appello di Catanzaro nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a MELITO DI PORTO COGNOME il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CATANZARO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 18/11/2024 del TRIBUNALE di Catanzaro Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME con cui ha
chiesto l’annullamento della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza ex art. 442 cod. proc. pen. del 18 novembre 2024, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 1 cod. pen., commesso in Catanzaro il 17 gennaio 2022 (capo a) e al reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 nn. 2 e 7 cod. pen., commesso in Catanzaro il 21 gennaio 2022 (capo c), perché l’azione penale non doveva essere proseguita per difetto di querela; con la stessa sentenza, ha condannato i predetti imputati in ordine al reato di cui agli artt. 110, 56, 624 cod. pen., esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 1 cod. pen., commesso in Catanzaro il 18 novembre 2021, (capo b) alla pena ritenuta di giustizia.
1.1.11 procedimento ha ad oggetto tre distinte fattispecie di furto contestate dal Pubblico Ministero nei seguenti termini:
-reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 1 cod. pen. perché, in concorso tra di loro e al fine di trarne profilto, dopo essersi introdotti in un capannone impossessavano di uno scooter sottraendolo al proprietario NOME COGNOME, che ivi lo deteneva. Con l’aggravante di aver commesso il fatto all’interno di un edificio (capo a);
reato di cui agli artt. 110, 56, 624 e 625 n. 1 cod. pen. perchè, in concorso fra di loro e al fine di trarne profitto, dopo essersi introdotti nel piazzale antistan l’esercizio commerciale” RAGIONE_SOCIALE“, compivano atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di due autovetture ivi regolarmente parcheggiate, evento non verificatosi per l’entrata in funzione del sistema di allarme. Con l’aggravante di aver commesso il fatto introducendosi in un edificio (capo b);
reato di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 2 e 7 cod. pen. perché in concorso fra di loro e al fine di trarne profitto, dopo aver divelto lo sportello lato gui dell’autovettura Peugeot di proprietà di RAGIONE_SOCIALE, si impossessavano dell’autoradio. Con l’aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose e sui cose esposte alla pubblica fede (capo c).
1.2 II Tribunale, per quanto di interesse in questa sede, ha rilevato:
che a seguito della entrata in vigore del d.lgs n. 150/2022 il reato di furto di cui all’art. 624 e 625 cod. pen. è divenuto procedibile di ufficio solo nelle ipotesi in cui la persona offesa sia incapace per età o infermità, ovvero ricorra taluna delle circostanze di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen., salvo che il fatto si commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7 bis e che nessuna di tale ipotesi ricorreva con riferimento alle ipotesi in esame;
che nel termine individuato dalla disposizione transitoria di cui all’art. 85 d.lgs 10 ottobre 2022 n. 150 (Riforma Cartabia) le persone offese NOME COGNOME e NOME non avevano sporto querela, sicché, con riferimento al reato di cui al capo a), esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 1 cod. pen. in quanto abrogata dall’art. 2 comma 3 della legge 26 marzo 2001 n. 108, e con riferimento al reato di cui al capo c) doveva emettersi sentenza di non doversi procedere;
-che la persona offesa del reato di cui al capo b) aveva sporto querela e in ordine a tale reato doveva essere esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 625 comma 1 n. 1 cod. pen., in quanto abrogata dall’art. 2 comma 3 della legge n. 128/2001.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte di appello, formulando un unico motivo, con cui ha dedotto la violazione di legge ed in specie degli artt. 624 bis cod, pen. e 521 cod. proc. pen., per non avere il Tribunale riqualificato i fatti addebitati ai capi a) e b) GLYPH rispettivamente come delitto di cui all’art. 624 bis e 56- 624 bis cod. pen.
Tale omissione- osserva il ricorrente- comporta per il capo a) la procedibilità di ufficio del delitto di furto in abitazione con conseguente erroneità della declaratoria di non doversi procedere ‘perché l’azione penale non doveva essere proseguita per difetto di querela e con riferimento al reato di cui al capo b), rispetto al quale è intervenuta condanna per furto semplice, un diverso e più rigoroso trattamento sanzionatorio. L’ufficio di procura, osserva il ricorrente, con un manifesto errore di diritto, ha contestato le ipotesi di furto e tentato furto aggravati dall’aver commesso il fatto introducendosi in un edificio, nonostante, a seguito della legge 26 marzo 2001 n. 128, sia stato introdotto l’art. 624 bis cod. pen., che prevede due distinte e nuove fattispecie di reato, ovvero il furto in abitazione e il furto con strappo e siano state abrogate le circostanze aggravanti speciali della fattispecie base di furto semplice, previste rispettivamente dall’art. 625 nn. 1 e 4 seconda parte cod. pen. . Il Tribunale, pertanto, avrebbe dovuto procedere ai sensi dell’art. 521, comma 1, cod. proc. pen. alla riqualificazione dei fatti ascritti ai capi a e b come delitti di cui all’art. 624 bis cod. pen., in qua nel capo di imputazione erano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato nelle condizioni di difendersi rispetto al fatto, come accertato in sentenza.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il difensore dell’imputato NOME COGNOME, in data 11 settembre 2025 e 22 settembre 2025, ha depositato conclusioni con cui ha chiesto che il ricorso del Procuratore Generale sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
2. Occorre muovere dalla premessa che la circostanza di cui all’art. 625 n. 1 cod. pen., che prevedeva un aggravamento di pena se il colpevole per commettere il fatto si fosse introdotto o trattenuto in edificio o altro luogo destinato ad abitazione, contestata nei reati di cui ai capi a) e c), è stata abrogata dalla legge 26 marzo 2001 n. 128 che ha contemporaneamente introdotto il delitto di furto in abitazione di cui all’art. 624 bis cod. pen. come autonoma u-t( fattispecie di reato che punisce “si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, … mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimdrà -Z-ii -elle pertinenze di essa”.
Fra il reato di cui all’art. 624 e 625 n. 1 cod. pen. e quello di cui all’art. 62 bis cod. pen. esiste continuità normativa nel senso che tale ultima autonoma fattispecie ricalca quella previgente aggravata e, anzi ne estende l’ambito di applicazione, essendo la nozione di privata dimora più ampia rispetto a quella di abitazione.
Con riferimento al discrimine tra le figure delittuose di cui agli artt. 624 e 624 bis, cod. pen., questa Corte, a Sezioni Unite, (Sez. U. n. 31345 del 23/03/2017, Rv. 270076) ha osservato che:
-nella rubrica dell’art. 624 bis cod. pen. si fa riferimento al furto in abitazione e nel testo dell’articolo si fa riferimento all’introduzione in edificio o altro luo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di esso: al fine di tutelare l’individuo anche nel caso compia atti della vita privata al di fuori dell’abitazione, si estende la tutela penale rafforzata ai luoghi che non siano abitazione, ma che abbiano le caratteristiche dell’abitazione in termini di riservatezza e conseguentemente di non accessibilità a terzi senza il consenso dell’avente diritto;
-gli elementi delineati dalla giurisprudenza costituzionale come caratterizzanti il domicilio e ritenuti indefettibili per garantire la copertura costituzionale dell’a 14 Cost sono la proiezione spaziale della persona nella prospettiva di preservare da interferenze esterne comportamenti tenuti in un determinato ambiente (Corte Cost n. 135 del 2002) e l’essere luogo in cui si svolge la vita intima di ciascun
individuo con conseguente diritto di ammettere o escludere altre persone e con conseguente diritto alla riservatezza su quanto si compie in quei luoghi (Corte Cost. n. 1459 del 2008);
ti ti – già era stato affermato che il concetto di domicilio individua GLYPH luogo generalmente chiuso, in cui si svolge vita privata in modo da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e garantirgli riservatezza, e che il rapporto fra la persona e il luogo deve essere tale da giustificare la tutela anche quando la persona sia assente, in tal modo introducendo come elemento caratterizzante la nozione di privata dimora anche il requisito della stabilità ( Sezioni Unite n. 26795 del 28/3/2006, Rv 234269).
Sulla scorta di tali principi, le Sezioni Unite hanno delineato alcuni elementi, ritenuti indefettibili per individuare la nozione di privata dimora: a) utilizzazion del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità. Applicando le linee così tracciate ai luoghi di lavoro, il Supremo Collegio ha precisato che, se è vero che in tali luoghi l’individuo svolge atti della vita privata, purtuttavia, per affermare che si tratti luoghi di privata dimora (con conseguente tutela rafforzata in termini di trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di furto in abitazione), occorre che abbiano le caratteristiche proprie dell’abitazione, cioè che in essi, o in parte’di essi, il soggetto compia atti della vita privata in modo riservato e precludendo l’accesso a terzi (ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi, area riservata di uno studio professionale o di uno stabilimento). Tale interpretazione è confermata anche dall’art. 52 comma 3 cod. pen. (aggiunto dall’art. 1 della legge 13 febbraio 2006 n. 59) nel quale si afferma che la disposizione di cui al secondo comma (nel quale si fa riferimento ai fini della presunzione di proporzionalità tra offesa e difesa, ai luoghi previsti dall’art. 614 cod. pen.) s applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale: invero se la nozione di privata dimora comprendesse indistintamente tutti i luoghi in cui il soggetto compie atti della vita privata, la precisazione contenuta nel terzo comma dell’art. 52 sarebbe stata superflua. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ciò premesso, si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen., nella sentenza il giudice può dare IRg fatto una qualificazione giuridica diversa da quella scelta dal pubblico ministero nell’atto di imputazione, in quanto l’indicazione
dell’accusa non vincola l’organo giudicante che ha il potere- dovere di sussumere la fattispecie concreta in quella astratta ritenuta più giusta.
Tale potere incontra alcuni limiti, nel senso che il giudice non può optare per un nomen iuris per il quale è competente un organo superiore, ovvero per un nomen iuris che preveda la necessaria celebrazione della udienza preliminare e soprattutto può dare al fatto una connotazione giuridica diversa, a condizione che il fatto rimanga lo stesso.
Con riferimento al potere di riqualificazione nei successivi gradi di giudizio Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Rv. 264438 ha previsto che l’attribuzione all’esito del giudizio di appello, pur in assenza di una richiesta del pubblico ministero, al fatto contestato di una qualificazione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione non determina la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., neanche per effetto di una lettura della disposizione alla luce dell’art. 111, secondo comma, Cost., e dell’art. 6 della Convenzione EDU come interpretato dalla Corte europea, qualora la nuova definizione del reato fosse nota o comunque prevedibile per l’imputato e non determini in concreto una lesione dei diritti della difesa derivante dai profili di novità che da quel mutamento scaturiscono.
Nello stesso senso, con riferimento al giudizio di cassazione da ultimo Sez. 5, n. 41534 del 09/10/2024, Rv. 287231 – 01 ha affermato che il giudice di legittimità, ancorché sia proposta impugnazione da parte del solo imputato, può dare al fatto, nel rispetto del principio del giusto processo di cui dell’art. 6 del Convenzione EDU, una diversa e più grave qualificazione giuridica, a condizione che la stessa sia prevedibile e che l’imputato sia stato messo in condizione di far valere le proprie ragioni in merito alla nuova definizione giuridica della vicenda. (Fattispecie in cui la Corte, accertata la ricezione dalle parti della requisitoria con la quale il Procuratore generale concludeva per l’ipotesi di lesioni gravissime, ha riqualificato le lesioni patite dalla vittima, determinanti la perdita di un organo, da gravi in gravissime).
4. Così inquadrato il tema, si osserva come nel caso di specie, in realtà, venga in rilievo il potere/dovere di inquadrare la fattispecie concreta nel corretto nomen iuris. A fronte di una contestazione di un furto descritto come avvenuto in un “edificio” e della circostanza aggravante dui cui all’art. 625 n. 1 cod. pen., i Tribunale, come rilevato dal ricorrente, avrebbe dovuto ritenere contestata, al di là del riferimento normativo ad un articolo di legge abrogato e contemporaneamente sostituito da altro articolo che ha introdotto altra fattispecie di reato (peraltro da oltre vent’anni), la fattispecie di cui all’art. 624 bis cod. pen. procedibile di ufficio, per poi verificare in concreto la sua sussistenza, e non limitarsi a rilevare l’abrogazione della fattispecie aggravata.
La illegittimità delle statuizioni della sentenza impugnata con riferimento ai capi a) e b) opera, peraltro, sul piano meramente formale, avendo il giudice omesso di considerare che la circostanza ritenuta abrogata era stata sostituita da una ipotesi autonoma di reato procedibile di ufficio e avendone, di conseguenza, tratto conclusioni in astratto errate sul piano della procedibilità per il capo a) e del trattamento sanzionatorio per il capo b). In altri termini il Tribunale non ha valutato in concreto, sulla base delle evidenze istruttorie, se il fatto fosse stato compiuto in un edificio nel senso indicato dell’abrogato art. 625 comma 1 cod. pen, e del vigente l’art. 624 bis cod. pen., ovvero se ricorressero o meno i presupposti fattuali perché fosse configurabile la lesione della sfera della vita privata alla base della ratio incriminatrice di tali previsioni normative, ma ha operato una disamina solo formale, limitandosi a prendere atto, come detto, dell’abrogazione della norma indicata nel capo di imputazione.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata limitatamente ai capi a) e b) dell’imputazione, con trasmissione degli atti al Tribunale di Catanzaro che nel nuovo giudizio dovrà anche verificare se le modalità concrete dei fatti contestati con riferimento particolare ai luoghi ove i furti si sono verifica integrino o meno il reato di furto in abitazione contestato, pur se con indicazione di erronei riferimenti normativi.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai capi a) e b) dell’imputazione e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Catanzaro per l’ulteriore corso.