Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9915 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9915 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in UCRAINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/05/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO che ha insistito per l’accoglimento del ricorso ed ha chiesto la declaratoria di nullità del Procuratore procedimento per omessa trasmissione delle conclusioni del generale;
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 28 maggio 2024 (pronunciata a seguito di annullamento di precedente sentenza disposto da questa Corte), riqualificava il reato originariamente contestato quale ricettazione a NOME in furto aggravato ai sensi degli artt. 624, 625 n.2 e 7 cod. pen. e, con le già concesse attenuanti generiche valutate come equivalenti alle contestate aggravanti ed operata la riduzione per il rito, riduceva la pena inflitta all’imputato a mesi 10 di reclusione.
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME, eccependo la violazione degli artt.516, 520, 521 e 522 cod.proc.pen. in quanto l’imputato era stato riconosciuto responsabile di un reato diverso da quello originariamente co ntestato; la modifica dell’imputazione aveva sicuramente recato un pregiudizio all’imputato, che non aveva avuto modo di confrontarsi con il fatto nuovo e svolgere adeguate difese, ad esempio sulla sussistenza e attribuzione di responsabilità, sulle aggravanti, né in ordine alle modalità della condotta e/o alle circostanze dell’azione.
1.2 Il difensore rileva che l’aggravante di cui all’art. 625 n. 2 cod. pen. era stata ritenuta sussistente sul presupposto che il fatto sarebbe risultato commesso mediante effrazione di una finestra, circostanza generica ed insufficiente a ritenere provata la responsabilità dell’imputato, non essendo stati indicati ulteriori elementi che potessero collegare la rottura della finestra alla condotta di COGNOME.
1.3 Il difensore eccepisce la mancanza di motivazione in ordine al giudizio di equivalenza tra le circostanze, che aveva determinato un trattamento sanzionatorio diverso e più grave rispetto a quello inflitto con la sentenza di primo grado, ove invece si era provveduto ad una diminuzione di pena a seguito del riconoscimento delle attenuanti generiche: il giudizio di equivalenza aveva di fatto comportato un trattamento sanzionatorio peggiorativo per l’imputato, che non si era visto applicare alcuna riduzione di pena, come invece avvenuto nel giudizio di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Preliminarmente si deve rilevare, per rispondere alla eccezione sollevata nelle note depositate con cui si lamenta l’omessa trasmissione delle conclusioni depositate dal Procuratore generale di questa Corte, come per disposizioni amministrative il ricorrente era tenuto al pagamento dei diritti di cancelleria (per una somma peraltro irrisoria), per cui non sussiste alcuna nullità avendo la parte dato luogo alla stessa ex art. 182 cod. proc. pen. (‘ Le nullità previste dagli articoli 180 e 181 non possono essere eccepite da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa …’).
Passando al merito, si deve ribadire che ‘non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, posto che l’immutazione si verifica solo laddove ricorra tra i due episodi un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione
o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, messo così, a sorpresa, di fronte a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità d’effettiva difesa’ (Sez.2, n. 10989 del 28/02/2023, Pagano, Rv. 284427); infatti, si osserva come da tempo nella giurisprudenza di legittimità sia stato affermato il principio secondo cui, in tema di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume la ipotesi astratta prevista dalla legge, sì da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e oggetto della statuizione di sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (cfr. Cass., sez. un., 19/06/1996, n.16, COGNOME); infatti, non sussiste violazione del principio di correlazione fra accusa e sentenza quando non muta il fatto storico sussunto nell’ambito della contestazione (vedi sez. 3, Sentenza n. 5463 del 05/12/2013, Diouf Rv. 258975 -01).
Con riferimento al caso in esame, si ritiene di dover aderire all’orientamento secondo il quale ‘I n caso di riqualificazione del fatto da furto in ricettazione o viceversa, non sussiste violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza nel caso in cui nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che l’imputato fosse stato posto nella condizione di difendersi in relazione al reato di furto ritenuto in sentenza in quanto la contestazione originaria di ricettazione indicava la data del furto, il luogo in cui era avvenuto e l’oggetto della refurtiva, elementi dai quali era agevole individuare il contenuto di impossessamento della condotta avente ad oggetto le cose sottratte)’ (Sez.5, n. 36157 del 30/04/2019, COGNOME, Rv. 277403).
Nel caso in esame, il ricorrente aveva la possibilità di difendersi sin dall’inizio dalla contestazione a lui mossa, senza che si possa dire di trovarsi di fronte ad un mutamento del fatto che renda impossibile la difesa, posto che nella sentenza di appello si è operata soltanto una diversa qualificazione giuridica dei fatti, che sono rimasti immutati; infatti, la contestazione era relativa a materiale informatico, televisore e proiettore provenienti da furto aggravato commesso in una scuola elementare e lo stesso imputato aveva ammesso di essere autore del furto chiedendo la riqualificazione del reato da ricettazione a furto, ammettendo così di
essere a conoscenza delle modalità del fatto, anche per quanto riguarda la sussistenza delle circostanze aggravanti.
La contestazione relativa alla ricettazione riferiva specificamente la data del furto, il luogo ove era avvenuto, oltre che l’oggetto della refurtiva, elementi dai quali si può senza particolari problemi cognitivi o logici individuare il contenuto di impossessamento della condotta avente ad oggetto le cose sottratte, oltre che inferire l’altrettanto necessaria e prodromica sottrazione di esse a chi ne era proprietario. Può dunque dirsi che nel capo di imputazione originario erano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizione di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza, sicchè non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
1.2 Quanto al giudizio di equivalenza tra le già concesse attenuanti generiche e le aggravanti relative al reato di furto, si deve ribadire che ‘Non viola il divieto di “reformatio in peius” il giudice di appello che, su impugnazione del solo imputato, proceda alla derubricazione del reato per cui vi era stata condanna in primo grado in altro meno grave e ad un giudizio di bilanciamento delle circostanze deteriore rispetto a quello formulato dal giudice di prime cure, purché venga irrogata una pena non superiore a quella inflitta dal primo giudice. (Fattispecie relativa a nuovo e peggiorativo giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti riconosciute “ex novo” ed attenuanti, pur nel contesto di una riqualificazione giuridica più favorevole del reato d a rapina a furto aggravato)’ (Sez.4, n. 44949 del 30/09/2021, NOME COGNOME, Rv. 282242); nella specie vi è stata una riqualificazione del fatto, con riconoscimento di aggravanti (quelle del furto) prima insussistenti, per cui il giudice di appello non poteva che effettuare un nuovo giudizio di bilanciamento, trovandosi di fronte ad un quadro giuridico diverso rispetto a quello valutato dal giudice di primo grado; in altri termini, il diverso giudizio di bilanciamento è connaturato alla nuova qualificazione giuridica del fatto; ciò che conta, è che venga irrogata una pena non superiore a quella inflitta dal primo giudice, come avvenuto nel caso di specie.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 26/02/2025