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Riqualificazione del reato: quando il GIP può agire

Un indagato per frode si vede respingere la richiesta di archiviazione dal GIP, che ordina al PM di formulare un’imputazione per il diverso reato di abusivismo finanziario. La Cassazione ha respinto il ricorso dell’indagato, stabilendo che la riqualificazione del reato da parte del GIP, basata sugli stessi fatti emersi dalle indagini, non costituisce un atto abnorme e non lede il diritto di difesa. Il potere del giudice di interpretare giuridicamente i fatti è una sua prerogativa fondamentale, esercitabile anche in fase di indagini preliminari.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riqualificazione del Reato: Il Potere del GIP di Cambiare l’Imputazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale della procedura penale: i limiti del potere del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di fronte a una richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero. In particolare, la Corte ha chiarito se il GIP possa ordinare un’imputazione per un reato diverso da quello inizialmente contestato, operando una cosiddetta riqualificazione del reato. La risposta è stata affermativa, stabilendo un importante principio sulla separazione dei poteri tra accusa e organo giudicante.

Il caso: da frode ad abusivismo finanziario

La vicenda trae origine da un’indagine per il reato di frode (art. 640 c.p.). Al termine delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero aveva richiesto l’archiviazione del procedimento a favore di un indagato. A seguito dell’opposizione di alcune parti offese, il GIP presso il Tribunale, anziché accogliere la richiesta di archiviazione, ha rigettato la stessa.

Il giudice ha ritenuto che i fatti emersi dalle indagini, pur non configurando il reato di frode, potessero integrare una diversa fattispecie criminosa: quella di abusivismo finanziario, prevista dall’art. 166 del D.Lgs. 58/1998. Di conseguenza, ha ordinato al PM di formulare l’imputazione per questo diverso reato. Contro tale provvedimento, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione delle norme processuali e, soprattutto, l’abnormità dell’atto del GIP.

I motivi del ricorso: abnormità e violazione del diritto di difesa

La difesa ha sostenuto principalmente due tesi:
1. Vizio procedurale: Una delle opposizioni all’archiviazione era inammissibile, invalidando la procedura che ha portato alla decisione del GIP.
2. Abnormità dell’atto: Il GIP, ordinando un’imputazione per un reato nuovo e diverso rispetto a quello oggetto della richiesta di archiviazione, avrebbe invaso la sfera di competenza esclusiva del Pubblico Ministero, titolare dell’azione penale. Secondo la difesa, il giudice avrebbe di fatto creato una nuova accusa, su cui non si erano svolte indagini specifiche.

La Decisione della Corte: la riqualificazione del reato non è abnorme

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. Innanzitutto, ha liquidato il primo motivo, chiarendo che il GIP ha il potere di non accogliere una richiesta di archiviazione anche in assenza di una valida opposizione della persona offesa, come previsto dall’art. 409 c.p.p.

Il punto centrale della sentenza riguarda però il concetto di riqualificazione del reato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il potere di qualificare giuridicamente un fatto è una prerogativa tipica del giudice. Nel caso specifico, il GIP non ha introdotto fatti nuovi, ma ha semplicemente dato una diversa valutazione giuridica ai “fatti accertati” durante le indagini preliminari, già noti sia all’indagato che alla sua difesa.

L’operazione compiuta dal giudice non è stata quella di ordinare un’imputazione per un fatto storico diverso, ma di ricondurre il medesimo fatto storico a una diversa norma incriminatrice. Questo, secondo la Cassazione, non costituisce un atto abnorme, in quanto non crea una paralisi processuale né si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale.

Il ruolo del GIP e la tutela del diritto di difesa nella riqualificazione del reato

Richiamando la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite “Gianforte” (n. 40984/2018), la Corte ha sottolineato che il diritto di difesa dell’indagato è pienamente tutelato. L’udienza in camera di consiglio, fissata ai sensi dell’art. 409 c.p.p. per discutere la richiesta di archiviazione, è la sede deputata in cui la difesa può interloquire su tutti gli aspetti del procedimento, inclusa la possibile diversa qualificazione giuridica del fatto.

Avendo avuto accesso a tutto il compendio investigativo, l’indagato e il suo difensore erano nelle condizioni di confrontarsi con le condotte emerse (nella specie, operazioni di intermediazione finanziaria), a prescindere dal nomen iuris inizialmente attribuito dal PM. Pertanto, nessuna lesione del diritto di difesa può essere lamentata.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di due pilastri fondamentali. In primo luogo, ha distinto nettamente tra l’atto abnorme – che si pone al di fuori del sistema processuale – e un atto semplicemente illegittimo. La riqualificazione giuridica di un fatto storico già presente agli atti non è un’invenzione del giudice, ma l’esercizio della sua funzione di iura novit curia (il giudice conosce le leggi). In secondo luogo, ha affermato che il contraddittorio è stato pienamente garantito nella sede camerale che precede l’ordine di formulare l’imputazione. La difesa, avendo a disposizione tutti gli elementi raccolti dal PM, era in grado di prevedere e contestare qualsiasi possibile sviluppo, inclusa una diversa qualificazione giuridica. Non vi è stata, quindi, alcuna imputazione “a sorpresa” su fatti sconosciuti.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza il ruolo del GIP come garante della legalità e del corretto esercizio dell’azione penale, non come mero notaio delle richieste del Pubblico Ministero. Si conferma che la riqualificazione del reato è uno strumento legittimo nelle mani del giudice, a condizione che si basi sugli stessi elementi fattuali raccolti durante le indagini e che sia garantito il pieno diritto di difesa. Il provvedimento del GIP che rigetta l’archiviazione e ordina l’imputazione per un reato diverso non è, pertanto, un atto abnorme impugnabile in Cassazione, ma una fisiologica espressione della funzione giurisdizionale.

Può il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) ordinare un’imputazione per un reato diverso da quello per cui il PM ha chiesto l’archiviazione?
Sì, può farlo. La Corte di Cassazione ha stabilito che rientra nei poteri del GIP operare una diversa qualificazione giuridica dei medesimi fatti storici emersi durante le indagini, rigettando la richiesta di archiviazione e ordinando al PM di formulare l’imputazione per il reato ritenuto più corretto.

Un’ordinanza di questo tipo è considerata un atto “abnorme” e quindi impugnabile?
No. Secondo la sentenza, tale provvedimento non è abnorme perché non si pone al di fuori del sistema processuale né crea una paralisi. È espressione della prerogativa del giudice di interpretare la legge (riqualificazione del reato) in relazione ai fatti già accertati e noti alle parti.

Viene leso il diritto di difesa dell’indagato se il GIP cambia l’accusa in questo modo?
No, il diritto di difesa non viene leso. La Corte ha chiarito che la sede per discutere ogni aspetto del procedimento, inclusa una potenziale diversa qualificazione del fatto, è l’udienza in camera di consiglio ex art. 409 c.p.p. In quella sede, la difesa ha accesso a tutti gli atti d’indagine e può pienamente contraddire.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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