Riqualificazione del Reato: da Ricettazione a Furto, il Caso di un Assegno in Bianco
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14267/2024, torna su un tema processuale di grande rilevanza: la riqualificazione del reato da parte del giudice. Il caso specifico, relativo alla sottrazione di un assegno in bianco, offre l’occasione per analizzare i confini tra furto e ricettazione e i criteri per la concessione delle attenuanti.
L’ordinanza chiarisce quando è legittimo per un giudice modificare l’accusa in corso di causa senza ledere il diritto di difesa dell’imputato e spiega perché il furto di un titolo come un assegno non può essere considerato un danno di lieve entità.
Il caso: dall’accusa di ricettazione alla condanna per furto
Un individuo veniva inizialmente condannato per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) per essere stato trovato in possesso di un assegno rubato. La Corte di Appello, tuttavia, riformava parzialmente la sentenza, operando una riqualificazione del reato e condannando l’imputato per furto aggravato (art. 624 c.p.).
L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando principalmente quattro aspetti:
1. La violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, sostenendo che la modifica del reato lo avesse colto di sorpresa.
2. Un’errata valutazione delle prove sulla sua responsabilità.
3. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
4. Il diniego dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito.
La legittima Riqualificazione del Reato e il Principio di Correlazione
Il primo motivo di ricorso si basava sulla presunta violazione dell’art. 521 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il passaggio da ricettazione a furto avrebbe alterato sostanzialmente l’accusa, impedendo un’adeguata difesa.
La Cassazione ha respinto questa tesi, definendola manifestamente infondata. Richiamando un orientamento consolidato (jus receptum), la Corte ha ribadito che non vi è violazione del principio di correlazione quando l’imputazione originaria, considerata nel suo complesso, contiene già tutti gli elementi del diverso reato ritenuto in sentenza. La riqualificazione del reato è vietata solo se introduce un “fatto del tutto nuovo”, ponendo l’imputato di fronte a una situazione imprevedibile. Nel caso di furto e ricettazione, gli elementi fattuali (la provenienza illecita del bene e il suo possesso) sono spesso così interconnessi da consentire all’imputato di difendersi da entrambe le ipotesi sin dall’inizio.
Attenuanti Negate: Perché un Assegno in Bianco non è un Danno Lieve
Particolarmente interessante è l’analisi della Corte sugli ultimi due motivi di ricorso, entrambi respinti.
La Particolare Tenuità del Fatto: un motivo inammissibile
La richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. è stata giudicata inammissibile perché “inedita”. L’imputato, infatti, non aveva sollevato questa specifica questione nel giudizio d’appello. La Cassazione ha ricordato che non è possibile introdurre per la prima volta nel giudizio di legittimità questioni che richiedono una valutazione di merito, come quella sulla tenuità del fatto.
Il Danno di Speciale Tenuità
Anche il motivo relativo al mancato riconoscimento dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha precisato che tale attenuante richiede un pregiudizio “lievissimo”, quasi irrisorio, valutato non solo in base al valore intrinseco della cosa sottratta, ma anche agli effetti pregiudizievoli complessivi per la vittima.
Nel caso specifico, l’oggetto del furto era un assegno in bianco. I giudici hanno correttamente evidenziato che un tale titolo avrebbe potuto essere riempito con “l’indicazione di qualsiasi cifra”. Di conseguenza, il potenziale pregiudizio economico per la persona offesa non poteva in alcun modo essere considerato lieve, escludendo così l’applicazione dell’attenuante.
Le motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati sia in materia processuale che sostanziale. In primo luogo, viene ribadita la flessibilità del principio di correlazione tra accusa e sentenza, che non è violato da una mera riqualificazione giuridica del fatto se questo rimane storicamente invariato. In secondo luogo, la Corte distingue nettamente le questioni di diritto, di sua competenza, da quelle di merito, come la valutazione delle prove o la richiesta di attenuanti non sollevate in appello. Infine, fornisce un’interpretazione rigorosa dell’attenuante del danno patrimoniale, sottolineando che la valutazione deve tenere conto del potenziale lesivo dell’oggetto del reato, che nel caso di un assegno in bianco è intrinsecamente elevato e indeterminato.
Le conclusioni
L’ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. Per gli avvocati, sottolinea l’importanza di formulare tutte le possibili istanze e doglianze sin dal giudizio d’appello, poiché le omissioni non possono essere sanate in Cassazione. Per i cittadini, chiarisce che il furto di un documento come un assegno in bianco è considerato un reato grave, il cui danno potenziale impedisce di classificarlo come un fatto di lieve entità, con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di pena.
Quando un giudice può cambiare l’accusa da ricettazione a furto senza violare i diritti della difesa?
Secondo la Corte, la riqualificazione del reato è possibile quando gli elementi fondamentali del fatto contestato nel capo d’imputazione sono sufficienti a mettere l’imputato in condizione di difendersi da entrambe le ipotesi di reato. Non c’è violazione se non si introduce un “fatto del tutto nuovo” e a sorpresa.
Perché il furto di un assegno in bianco non è stato considerato un danno di lieve entità?
La Corte ha stabilito che il danno non poteva essere considerato lievissimo perché un assegno in bianco, oggetto materiale del furto, avrebbe potuto essere riempito con qualsiasi importo, rappresentando un pregiudizio potenziale non trascurabile per la vittima.
È possibile presentare per la prima volta in Cassazione la richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile tale richiesta perché si trattava di un “motivo inedito”, ovvero una questione che non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio (appello) e che implicava una valutazione di merito non consentita in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14267 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14267 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO
che COGNOME NOME ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Napoli in data 19 maggio 2023, che, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti per il reato di cui all’artt. 648 cod. pen., ha riqualificato il fatto ai sensi degli artt. 61 n. 11 e 624 cod. rideterminazione della relativa pena (fatto commesso in Qualiano il 5 novembre 2015);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando quattro motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il primo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. e il vizio di motivazion generico e manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità «Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui nella contestazione, considerat nella sua interezza, siano contenuti gli stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sen posto che l’immutazione si verifica solo laddove ricorra tra i due episodi un rapporto di eterogeneità o incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, messo così, a sorpresa, di fro a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità d’effettiva difesa» (Sez. 2, Sentenza n. 10989 del 28/02/2023, Rv. 284427), come nel caso che occupa (vedasi pag. 2 della sentenza impugnata); nondimeno, è jus receptum che «In caso di riqualificazione del fatto da furto in ricettazione o viceversa non sussiste violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza nel caso in cui nel capo imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di difender dal fatto poi ritenuto in sentenza» (Sez. 5, n. 36157 del 30/04/2019, Rv. 277403; Sez. 2, n. 11627 del 14/12/2018, dep. 2019, Rv. 275770);
che il secondo motivo, volto a censurare la dichiarazione di responsabilità dell’imputato per il re ascrittogli, non è consentito in questa sede, giacché, tramite argomentazioni interamente versate fatto, mira a sollecitare una rivalutazione delle prove poste a fondamento del giudizio di responsabilità, in assenz di specifica allegazione di individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove medesime, cap cioè, ictu ocu/i di scardinare la tenuta dell’impianto motivazionale della sentenza impugnata, che non risulta inficiato da illogicità di macroscopica evidenza (vedasi pag. 2 della sentenza impugnata, in cui la Cort territoriale ha specificatamente motivato la ritenuta responsabilità alla luce del fatto che l’imputato av sottratto direttamente l’assegno di cui in imputazione provvedendo in seguito al suo utilizzo);
che il terzo motivo, che denuncia il mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., non è consentito in questa sede in quanto inedito, posto che non risulta che il deducente avesse formulato specifica doglianza al riguardo con il gravame, di modo che, trattandosi di questione che involge profili di merito non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità, st combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen.;
che il quarto motivo, con il quale si censura il diniego della circostanza attenuante di cui art. 62 cod. pen., è manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità: «La concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia s in conseguenza della sottrazione della “res”, senza che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato» (Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Rv. 269241), di modo che nel caso al vaglio, come correttamente rilevato dal giudice di merito, il pregiudizio cagionato al persona offesa non poteva essere considerato lievissimo posto che l’assegno in bianco, oggetto materiale del furto, avrebbe potuto essere riempito con l’indicazione di qualsiasi cifra (vedasi pag. 3 della senten impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024
Il consigliere estensore