Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30404 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30404 Anno 2025
Presidente: COGNOME Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 516 CC – 25/03/2025 R.G.N. 40044/2024
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso di NOME NOMECOGNOME nato a Pomigliano d’Arco il 09/04/1981,
La Sezione Quarta della Corte di cassazione ha annullato la precedente ordinanza di rigetto della Corte di appello di Napoli perchØ aveva negato il diritto del richiedente alla riparazione da ingiusta detenzione, a dispetto di un ordine di esecuzione divenuto illegittimo per effetto della sentenza n. 32 del 12-16 febbraio 2020 della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’art. 1, comma 6, lett. b) della legge n. 3 del 2019 (recante ‘Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonchØ in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici’), in quanto interpretato nel senso che le modificazioni introdotte all’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) si applichino anche ai condannati che abbiano commesso il fatto anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019, in riferimento alla disciplina delle misure alternative alla detenzione previste dal Titolo I, Capo VI, della legge n. 354 del 1975, della liberazione condizionale prevista dagli artt. 176 e 177 del codice penale e del divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale .
La Corte di cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio ha chiarito che il giudice del rinvio dovesse tener conto, come espressamente precisato dalla stessa Corte costituzionale nella motivazione (par. 4.4.5 del Considerato in diritto della sentenza), che, nell’assetto normativo anteriore alla legge n. 3 del 2019 esisteva una legittima aspettativa da parte dei condannati per i reati contro la pubblica amministrazione, tra cui il ricorrente, di poter acceder, con rilevante probabilità, sulla base della disciplina vigente, sia al momento del fatto, che al momento della condanna, che al momento della sospensione dell’ordine di esecuzione, a misure alternative alla pena detentiva, e che tale aspettativa era stata illegittimamente frustrata nella vicenda in esame, e ha conseguentemente disposto che il giudice del rinvio valutasse anche l’eventuale sussistenza di un comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato.
La Corte di appello di Napoli non ha seguito le indicazioni vincolanti della Corte di cassazione e ha ribadito il rigetto dell’indennizzo sulla base dell’eccentrico argomento dell’equiparazione della sentenza dichiarativa di illegittimità costituzionale alla legge di abrogazione del reato penale, con conseguente applicazione del comma 5 dell’art. 314 cod. pen. che esclude il diritto alla riparazione in questo secondo caso, omettendo di valutare l’eventuale sussistenza di un comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato come richiesto con la citata sentenza di annullamento con rinvio.
Le Sezioni Unite hanno precisato nella sentenza COGNOME (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Rv. 260695 – 01) che i fenomeni dell’GLYPHabrogazione e della dichiarazione di illegittimità GLYPHcostituzionale delle leggi vanno nettamente distinti, perchØ si pongono su piani diversi, discendono da competenze diverse e producono effetti diversi, integrando il primo un fenomeno fisiologico dell’ordinamento giuridico, e il secondo, invece, un evento di patologia normativa; in particolare, gli effetti della declaratoria di incostituzionalità, a differenza di quelli derivanti dallo “ius superveniens”, inficiano fin dall’origine, o, per le disposizioni anteriori alla Costituzione, fin dalla emanazione di questa, la disposizione impugnata. Per questa ragione l’art. 314, comma 5, cod. pen. ha negato il diritto alla riparazione per la custodia cautelare sofferta solo quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione Ł stato affermato che il fatto non Ł previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice.
Nella giurisprudenza di legittimità si registrano, tuttavia, alcune sentenze che hanno equiparato la dichiarazione di incostituzionalità all’abrogazione del reato allorchØ, per l’identità degli effetti e la comune estraneità alla categoria dell’errore giudiziario, la prima Ł
equiparabile all’ipotesi dell’abrogazione prevista dal comma 5 dell’art. 314 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 15237 del 14/02/2018, Cassotta, Rv. 272474 – 01, in un caso in cui ha ritenuto immune da censure l’ordinanza di rigetto della richiesta di riparazione per la custodia cautelare subita, per il reato di cessione di sostanze stupefacenti inserite per la prima volta nella tabella I di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con i d.m. 16 giugno 2010 e 11 maggio 2011, caducati in forza della sentenza n. 32 del 2014 con cui la Corte GLYPHcostituzionale aveva dichiarato l’GLYPHillegittimità GLYPHcostituzionale dell’art. 4vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito in l. 21 febbraio 2006, n. 49; si veda altresì Sez. 4, n. 24006 del 24/05/2023, COGNOME, Rv. 284648 – 01, che ha escluso il diritto alla riparazione quando l’assoluzione sia determinata da mutamenti giurisprudenziali estranei al quadro giuridico e fattuale che si presentava al giudice della cautela all’atto dell’adozione del provvedimento custodiale, attesa l’assimilabilità di tale ipotesi a quella di cui all’art. 314, comma 5, cod. proc. pen., caso in cui ha ritenuto immune da censure la decisione di rigetto della richiesta di riparazione per la custodia cautelare subita in relazione al reato di partecipazione ad associazione a delinquere di tipo mafioso, dal quale l’imputato era stato assolto per insussistenza del fatto in ragione del mutato orientamento giurisprudenziale sulle condizioni per il riconoscimento della natura mafiosa di una cellula delocalizzata di ‘ndrangheta).
Nel caso in esame, invece, la predetta equiparazione della dichiarazione di incostituzionalità all’abrogazione del reato Ł stata esclusa dalla stessa sentenza rescindente che, non a caso, ha richiamato il passaggio motivazionale della Corte costituzionale sulla violazione della legittima aspettativa del ricorrente, al momento della commissione del fatto, all’accesso alle misure detentive alternative. La sentenza si pone in continuità con numerosi altri precedenti in termini. Si vedano, in particolare, Sez. 4, n. 17120 del 22/02/2024, COGNOME, non mass. e Sez. 4, n. 32380 del 24/05/2023, COGNOME, non mass., nonchØ Sez. 4, n. 9721 del 01/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282857 – 01. Si veda altresì Sez. 4, n. 42632 del 29/10/2024, MEF, Rv. 287112 – 01, in un caso di detenzione ingiustamente sofferta da un condannato per il delitto di cui all’art. 572 cod. pen., aggravato ex art. 61, n. 11quinquies , cod. pen., poichØ commesso fino a giugno 2019, in presenza di minori, in ragione della mancata sospensione dell’ordine di esecuzione per l’erronea applicazione retroattiva dell’art. 656, comma 9, lett. a), cod. proc. pen., con riferimento all’art. 572, comma secondo, cod. pen., come modificato dall’art. 9, comma 2, lett. b), legge 19 luglio 2019, n. 69.
In definitiva, l’ordinanza impugnata va annullata perchØ ha violato il principio di diritto affermato dalla Sezione Quarta della Corte di cassazione nella sentenza rescindente. Si ribadisce sul punto che il giudice del rinvio Ł sempre vincolato ai principi di diritto affermati dalla Corte di cassazione, potendo discostarsi dalla sentenza solo in ordine all’accertamento del fatto (tra le piø recenti, Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 2020, Le Voci, Rv. 278629 02).
P.Q.M.
Così deciso, il 25 marzo 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME