Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25597 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25597 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
2025
Oggi,
SENTENZA
1 i 1.116.
sul ricorso presentato da RAGIONE_SOCIALE It FUN’ZION NOME NOME, nato a Salerno il 27/08/1945 GLYPH Lua avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli del 10/10/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore generale rassegnate ex art. 23, comma 8, d decreto legge n. 137 del 2020, che ha invocato l’annullamento con rinvi dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 ottobre 2024 la Corte di appello di Napoli, pronunciandosi a seguito della sentenza n. 17120 del 22 febbraio 2024 con cui questa Corte aveva annullato l’ordinanza -n. 93/2020 del 9 novembre 2023- di rigetto della richies di riparazione per ingiusta detenzione subita dal prevenuto presso la Ca
Circondariale “NOME COGNOME” di Salerno dal 13 febbraio 2019 sino al 29 aprile 2019 -nell’ambito del procedimento n. SIEP 967/2018- in forza del provvedimento di “Revoca di decreto di sospensione di ordine di esecuzione e ripristino dell’ord medesimo” emesso dalla Procura generale c/o la Corte di appello di Napoli ai sensi dell’art. 656, commi 1 e 9 lett.a) I. 9 gennaio 2019 n. 3- ha nuovamente respinto la primigenia istanza depositata il 4 agosto 2020 dal procuratore speciale NOME COGNOME
COGNOME ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricors affidato a due motivi.
2.1.Col primo motivo denuncia violazione di legge con riferimento all’art. 623 comma 1, lett.a), cod.proc.pen. -per essersi la Corte territoriale scienteme posta in contrasto col principio chiaramente dettato da questa Corte di Cassazione «… non può mettersi in dubbio l’erroneità del provvedimento con il quale la Procu generale di Napoli ha revocato il precedente decreto di sospensione di ordine esecuzione e ripristinato l’ordine di carcerazione nei confronti del Siniscalc nonché erronea applicazione e vizio di motivazione con riferimento agli artt. 3 e 125, comma 3, cod.proc.pen. -per essersi il provvedimento impugnato posto in contrasto con le indicazioni di cui alla pronuncia additiva della sentenza della Co Costituzionale del 25 luglio 1996 n. 310, sulla scorta di una motivazio apparente, senza chiarire il percorso logico seguito e senza dar conto de doglianze difensive tra cui, in particolare, l’eccezione di incostituzionalità de 314 cod.proc.pen. sollevata in via subordinata in caso di ritenuta legitti dell’ordine di esecuzione che aveva determinato la detenzione intramuraria de detenuto-.
La Corte di appello avrebbe nuovamente rigettato l’istanza con la stessa identi motivazione già utilizzato nel primo provvedimento di rigetto, annullato da quest Corte.
Assume la difesa che la legittima aspettativa del condannato, per reati contro P.A., di poter accedere a misure alternative alla pena detentiva è stata frust censura il provvedimento impugnato in punto di ritenuta validità e legittimità d titolo di esecuzione che ha determinato la detenzione carceraria sotto l’aspetto contrasto tra tale conclusione e la nozione di “erroneo ordine di esecuzio elaborata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 310/1996; censura, i particolare, il reiterato diniego dell’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. nella p cui si è ritenuto che l’ordine di esecuzione da parte della Procura general appello fosse stato emesso sulla base di una interpretazione della nove legislativa consolidata al momento della sua emissione, sì da impedire che
stesso provvedimento potesse essere considerato frutto di errore e costituire, conseguenza, valido per il riconoscimento della domanda di riparazione.
Assume, ancora, che a fronte del ‘vuoto normativo’ determinato dalla promulgazione della I. 3/2019, la scelta dell’interprete -in virtù della accl natura sostanziale di vere e proprie pene alternative alla detenzi dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, s guarnirle della garanzia costituzionale di cui all’art. 25 Cost., col corolla divieto di analogia in malam partemfosse obbligata rendendo unica opzione interpretativa consentita, in ossequio del principio del favor rei, l’inapplicabilità della novella legislativa ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della rif E che, legittimato il diritto all’equa riparazione anche per la deten ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione (cfr. C.Cost. 310/1996), quale disciplina concretizzatrice della disposizione di princi contenuta nell’art. 24 Cost, non può negarsi il diritto del ricorrente all riparazione per la privazione di libertà subita in forza dell’erroneo provvedime di revoca di decreto di sospensione di ordine di esecuzione.
2.2. Col secondo motivo, con cui denuncia erronea applicazione di legge e correlato vizio di motivazione, asseritamente illogica, in relazione all’art. 314, comma cod.proc.pen., la difesa censura il richiamo operato dalla Corte di appello di Nap al precedente di questa Corte -Sez 4, n.24006 del 24 maggio 2023- in cui s equiparava la dichiarazione di incostituzionalità di una norma incriminatri all’abrogazione della medesima; pronuncia resa nell’ambito di una vicenda cautelare, con una frazione di custodia cautelare eseguita in epoca anteceden alla declaratoria di incostituzionalità della norma incriminatrice di che tratta situazione assimilata, ai fini previsti dall’art. 314, comma 5, cod.proc.pen., al di custodia cautelare patita prima dell’abrogazione della norma incriminatric pronuncia non consentita nel caso di specie perché l’operazione ermeneutica operata dalla Corte di appello richiederebbe un doppio passaggio di analogia in malam partem -equiparazione dell’ordine di carcerazione all’ordinanza di applicazione di custodia cautelare e equiparazione di una dichiarazione incostituzionalità -in ordine alla interpretazione del corretto spazio temporal applicazione di un istituto giuridico- alla abrogazione di una norma incriminatri a seguito del fenomeno della successione di leggi nel tempo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. Giova alla esatta ricognizione del thema decidendum un sintetico riepilogo delle essenziali fasi del procedimento.
Con sentenza del 7 ottobre 2014, definitiva in data 11 maggio 2018, la Corte d appello di Napoli condannava NOME NOME alla pena, rideterminata ex art. 657 cod.proc.pen., di anni tre e mesi due di reclusione per i delitti di cui agli ar 318, 319-ter, 321 cod.pen..
Il 25 gennaio 2019 la Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli emetteva ordine di esecuzione per la carcerazione, con contestual sospensione del medesimo ex art. 656, comma 5, cod.proc.pen..
Il 31 gennaio 2019, pendente il termine utile per richiedere la concessione misure alternative alla detenzione, la I. n. 3 del 9 gennaio 2019 modificava l’ 4-bis, comma 1,1. 354/1975, ampliando il novero dei reati ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione, includendovi tra gli altri anche i d oggetto della condanna riportata da NOME.
Il 13 febbraio 2019 -in termini- il condannato avanzava istanza di trasmissio degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Napoli, tesa ad ottenere la mis alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale e/o detenzione domicili ex art. 47 e 47-ter I. 354/75.
Lo stesso 13 febbraio 2019 la Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli notificava al condannato il provvedimento di “Revoca del decreto di sospensione di ordine di” esecuzione per la carcerazione ex art. 656, commi 1 9, lett a), cod.proc.pen. e ripristino dell’ordine medesimo” disponendo, quin l’immediata carcerazione del condannato, che subiva la carcerazione.
A seguito di incidente di esecuzione promosso 1’8 marzo 2019 nell’interesse d COGNOME ai sensi degli artt. 665 e segg cod.proc.pen., la Corte di appello di Na emetteva il 24 aprile 2019 ordinanza -n. 363/2019 SIGE- con cui dichiarava l’inefficacia dell’ordine di carcerazione n. 967/2029, ritenendo che «la corr applicazione del principio tempus regit actum in caso di sentenza di condanna per i delitti cosiddetti di corruzione, divenuti irrevocabili prima del 31 gennaio 2 per la quale sia stato emesso e legittimamente sospeso l’ordine di esecuzione, s di ostacolo ad una revoca successiva», e, per l’effetto, disponeva l’immedia liberazione del condannato, avvenuta, poi, il 29 aprile 2019 con il deposito cancelleria del suindicato provvedimento.
Le riassunte vicende procedimentali, come descritto, si intersecano con l novella legislativa di cui alla I. n. 3/2019, nonché con la sentenza n. 32/2020 d Corte Costituzionale, con la quale è stata dichiarata «l’illegittimità costituzi dell’art. 1, comma 6, lett. b) della legge del 9 gennaio 2019, n. 3, in q interpretata nel senso che le modificazioni introdotte all’art. 4-bis, comma 1, della
legge 26 luglio 1975, n. 354 (norme sull’ordinamento penitenziario e sull esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) si applichino anch condannati che abbiano commesso il fatto anteriormente all’entrata in vigore del legge n. 3 del 2019, in riferimento alla disciplina delle misure alternative detenzione previste dal Titolo 1, Capo VI, della legge n. 354 del 1975, de liberazione condizionale prevista dagli artt. 176 e 177 del codice penale e divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, comma lettera a) del codice di procedura penale».
3. Il quadro procedimentale pregresso si completa con la sentenza con cui l Quarta Sezione di codesta Corte, con sentenza n. 17120 del 22.2.2024, aveva annullato con rinvio l’ordinanza del 9.11.2023 con la quale la Corte d’appello Napoli aveva rigettato la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione avan da NOME NOME in relazione a un ordine di esecuzione emesso nei suoi confronti, sulla base delle modifiche introdotte dalla legge n. 3/2019 (in vigore 31.1.2019) alla disposizione di cui all’art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354/1975 (in riferimento alla disciplina delle misure alternative alla detenzi successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Cort costituzionale con sentenza n. 32/2020, in quanto interpretata nel senso che t modifiche «si applichino anche ai condannati che abbiano commesso il fatto anteriormente all’entrata in vigore» della citata legge n. 3/2019.
Nella sentenza rescindente è stato ribadito il principio secondo il quale «il d alla riparazione per l’ingiusta detenzione è configurabile anche quando restrizione della libertà derivi da vicende successive alla condanna, connesse modalità di esecuzione della pena, a causa di un errore dell’autorità che proc all’emissione dell’ordine di esecuzione al quale non abbia concorso comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato (Sez. 4, n. 9721 del 01/12/2021 – dep. 2022, Rv. 282857 – 01; ciò proprio in riferimento a fattispec relativa al periodo di detenzione ingiustamente sofferto da un sogget condannato per il delitto di peculato a seguito della ritenuta inammissibi dell’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali fondata sull’er applicazione retroattiva della disciplina ostativa alle misure alternative detenzione introdotta dall’art. 1, comma 6, lett. b della legge 9 gennaio 2019 3) y .
La Quarta Sezione, nell’annullare con rinvio l’ordinanza della Corte d’appello Napoli di rigetto del diritto alla riparazione, ha altresì affermato che «deve e pertanto, riconosciuta l’illegittimità del provvedimento impugnato, laddove non h riconosciuto l’erroneità dell’ordine di esecuzione in disamina, nonosta quest’ultimo abbia ritenuto immediatamente applicabile una disciplina che, invece
già alla luce del chiaro portato delle preleggi (essendo preclusa l’applicaz analogica in malam partem) e del pacifico principio di irretroattività in peius in materia penale, avrebbe dovuto operare esclusivamente per il futuro. Peraltro come già detto, l’illegittimità dell’ordine di carcerazione è già stata riconosci sede esecutiva e ribadita a seguito dell’intervento della Corte costituzionale s disciplina che qui rileva».
Ebbene, atteso il disposto dell’art. 627 cod.proc.pen., né può discut l’ammissibilità dell’istanza (cfr, § 2 della sentenza rescindete), né può metter dubbio l’erroneità del provvedimento con cui la Procura generale presso la Corte di appello di Napoli ha revocato il precedente suo decreto di sospension dell’ordine di esecuzione e ripristinato l’ordine di carcerazione nei confron COGNOME (cfr. § 3 della sentenza rescindente), ritenuto, errato in dirit violazione del divieto di applicazione analogica in malam partem della disciplina allo stesso sottesa, e del principio di irretroattività in peius in materia penale, con chiarezza affermate dalla sentenza rescindente.
Fondato è, dunque, il motivo di ricorso afferente alla denunciata violazione erronea applicazione della legge penale, ex art. 627 co. 3 c.p.p., per esser giudice del rinvio svincolato dal principio di diritto espresso da questa Corte . Nella specie, la Corte d’appello di Napoli, decidendo in sede di rinvio, non conformata ai principi di diritto affermati dalla sentenza rescindente, aven nuovamente inteso ribadire la legittimità del provvedimento in data 12.2.2019 (negata dalla sentenza rescindente) con il quale il pubblico ministero, pre revoca della sospensione dell’ordine di esecuzione del 25.1.2019, aveva ordinato
la carcerazione del COGNOME.
Non può, poi, neppure mettersi in dubbio l’erroneità del percorso logico giuridico in virtù del quale, contestato e superato il principio di diritto aff con la sentenza rescindente, la Corte di appello di Napoli ha ritenuto di ‘espor al caso che ne occupa il principio di diritto affermato da Sez. 4, n. 24006 del maggio 2023.
Quel pronunciamento attiene, invero, ad una vicenda cautelare -con applicazione di misura custodiale disposta in reazione a fattispecie incriminatrice in ordine quale era stata pronunciata assoluzione per insussistenza del fatto, avend giudici di legittimità escluso che il sodalizio oggetto di procedimento pen potesse essere ricondotto nell’alveo dell’art. 416-bis cod. pen., accert irrevocabilmente l’insussistenza dell’associazione mafiosa- innestata in contesto temporale in cui sulla questione giuridica -cc.dd. “cellule delocalizzate
mafie storiche- posta a fondamento della imposizione della misura, l giurisprudenza di legittimità non era giunta ad approdi ermeneutici uniformi. L Corte aveva così affermato il principio che «diversi orientamenti interpretati specie se ugualmente sostenuti da pronunce di legittimità non conformi tra loro consentono alla pubblica accusa di formulare legittimamente l’imputazione e al giudice di disporre la misura cautelare, senza per ciò solo legittimare, in ca esito assolutorio fondato sull’orientamento opposto, il riconoscimento del diri alla riparazione», assunto sostenuto «dalla soluzione che la Corte di legittim dato al caso in cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha rilevato violazione dell’art.7 CEDU (nulla poena sine lege) in ipotesi di condanna pronunciata per fatti antecedenti l’intervento chiarificatore delle Sezioni U (Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199386 – 01 )», e in ordine al qual quasi con un obiter dictum, la Carte aveva aggiunto che «la legge prevede espressamente, all’art.314, comma 5, cod. proc. pen., che in caso di assoluzio per intervenuta abrogazione della norma incriminatrice, alla quale è stata riten equiparabile la dichiarazione di illegittimità costituzionale (Sez. 4, n. 1523 14/02/2018, Cassotta, Rv. 272474 – 01), il diritto alla riparazione è escluso quella parte di custodia cautelare sofferta prima della abrogazione medesima. Tal disposizione deve ritenersi espressiva della ratio secondo la quale l’assoluzione determinata da mutamenti sopravvenuti nella disciplina penale, e a maggior ragione dall’evoluzione della giurisprudenza nell’interpretazione della nor incriminatrice, inerenti al fatto che ha dato origine alla misura cautelare giustificano il riconoscimento del diritto alla riparazione in quanto si tratta d estranei alla situazione giuridica e fattuale quale si presentava al giudice cautela allorchè ha emesso il provvedimento. A tale regola generale non fanno eccezione le ipotesi previste dall’art.314, commi 2 e 3, cod. proc. pen. che, a vedere, sono confermative del principio secondo il quale il diritto alla riparaz deve essere accertato con valutazione ex ante sulla base degli elementi a disposizione del giudice della cautela (Corte Cost. n.219 del 20 giugno 2008, motivazione)». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La vicenda in questa sede in esame, invece, attiene alle sorti della norma di all’art. 1, comma 6, lett. b) della legge del 9 gennaio 2019, n. 3, di cui la s n. 32/2020 della Corte Costituzionale ebbe a dichiarare «l’illegittim costituzionale dell’art. 1, comma 6, lett. b) della legge del 9 gennaio 2019, in quanto interpretata nel senso che le modificazioni introdotte all’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) si applic commesso il fatto anteriormente all’entrata vigore della legge n. 3 del 2019, in riferimento alla disciplina delle mi
alternative alla detenzione previste dal Titolo 1, Capo VI, della legge n. 354
1975, della liberazione condizionale prevista dagli artt. 176 e 177 del codice pena e del divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, co
9, lettera a) del codice di procedura penale, sopravvenuta non solo rispetto a data di commissione del fatto per cui era stata pronunciata condanna, ma anche
alla emissione dell’ordine di esecuzione del titolo esecutivo, sospeso, secon disciplina vigente all’epoca della sua pronuncia, e di poi revocato, con revivisce
dell’ordine di esecuzione della pena, in forza di disciplina, certamente vigent momento della pronuncia della revoca
de qua, ma inequivocabilmente in contrasto
ab imis, attesa la natura sostanziale di vere e proprie pene alternative a
detenzione riconosciuta in capo così all’affidamento in prova al servizio socia come alla detenzione domiciliare, col tessuto della Carta fondamentale, e,
particolare, col precetto di cui all’art. 25, comma 2, Cost, e col suo corolla termini di divieto di analogia
in malam partem della legge penale, atta ad incidere
in maniera diretta su dette pene.
Risultanze, quelle appena esposte, che rendono impraticabile l’operazion ermeneutica di ‘ortopedia’ giuridica operata dalla Corte di appello nella ult parte del suo provvedimento, in quanto postulante un doppio passaggio di analogia in malam partem -equiparazione dell’ordine di carcerazione all’ordinanza di applicazione di custodia cautelare e equiparazione di una dichiarazione d incostituzionalità in ordine alla interpretazione del corretto spazio temporal applicazione di un istituto giuridico, ostativo alla fruizione di un vanta costituito dalla fruizione di una pena alternativa, alla abrogazione di una no incriminatrice a seguito del fenomeno della successione di leggi nel tempo-.
Le superiori considerazioni impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli affinché rivaluti l’istanza COGNOME alla luce dei principi dianzi indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appell di Napoli.
Così deciso il 13 marzo 2025
64)
Il Presidente