Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26804 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26804 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BATTIPAGLIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lsentite le conclusioni del PG per il rigetto
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Salerno in data 21/02/2024 con la quale viene rigettata la domanda di riparazione per ingiusta detenzione con conseguente condanna del richiedente alla refusione delle spese processuali.
Con un unico motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), b) cod. proc. pen. in quanto ritie che avendo la Corte di cassazione affermato che COGNOME non aveva la consapevolezza di contribuire con la propria condotta all’elusione delle indagini a carico di COGNOME – anche perché non risulta in alcun modo se e come l’imputato avesse avuto la consapevolezza delle indagini a carico dell’ COGNOME in relazione alle quali si rendeva necessaria la condotta di favoreggiamento – avrebbe già in sostanza escluso attraverso tale motivazione la sussistenza della colpa grave, ritenuta invece dalla Corte di appello di Salerno per rigettare la richiesta di riparazione per ingius detenzione.
Il ricorrente si sofferma diffusamente sugli elementi che hanno portato all’assoluzione di COGNOME per evidenziare l’incongruità in relazione a quanto deciso dalla Corte di appello rigettando la richiesta di indennizzo. In particolare, si evidenzia che la Corte di cassazione non ha mosso nessun rilievo in ordine alla ricostruzione dei fatti riportata nelle sentenze impugnat sia sotto il profilo della partecipazione all’operazione di occultamento dello stupefacente sia sul piano dei contatti intercorsi con COGNOME NOME. Una serie di elementi già presenti dal momento incipiente dell’applicazione della misura cautelare avrebbe dovuto condurre, a parere della difesa, la Corte di appello a riconoscere l’indennizzo.
Evidenzia, inoltre, la difesa la sussistenza di una serie di questioni esposte in maniera contraddittoria, generica ed incongrua dalla Corte d’appello circa l’assistenza di un’eclatante e macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, violazione di legge o regolamento in capo a COGNOME. A parere della difesa, la Corte di appello di Salerno si è limitata a un’affermazione di merito omettendo qualsivoglia motivazione senza occuparsi del merito della vicenda e senza motivare sul comportamento particolarmente negligente e tanto eclatante da portare all’esclusione della possibilità del riconoscimento dell’indennizzo. In particolare, la Corte di appello circa la custodia cautelare si sarebbe dovuta occupare anche dei giorni
successivi alla sentenza assolutoria della Corte di cassazione durante i quali è stata mantenuta la restrizione personale del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’ordinanza della Corte di appello di Salerno risulta sufficientemente motivata con coerenza logica e in modo coerente e congruo rispetto alle risultanze processuali. Il provvedimento impugnato, infatti, osserva che in particolare all’origine delle indagini, sussisteva la gravità indiziaria dei r contestati nei capi 1) e 12) riguardo la partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (anche mediante il recupero di un quantitativo di sostanza stupefacente all’interno di una busta di plastic nera) e riguardo la disponibilità offerta da COGNOME NOME nella vicenda sopra descritta, ritenuto in origine un serio e consistente elemento indicativo del reato della partecipazione al reato associativo. Si tratta di comportamenti plurimi, ripetuti, nel medesimo contesto, che hanno dato luogo complessivamente a ritenere oggettivamente lo svolgimento di un ruolo attivo da parte del ricorrente. Ruolo che non è trascurato da quanto posto in evidenza dalla Corte di cassazione che, pur annullando senza rinvio la sentenza resa dalla Corte di appello, ha evidenziato che il reato di favoreggiamento difettava di elementi idonei a dimostrare l’esistenza solo dell’elemento soggettivo del reato; in particolare che il COGNOME avesse la consapevolezza di contribuire con la propria condotta all’elusione delle indagini a carico di COGNOME.
Quanto al reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti gli elementi rintracciati a carico di COGNOME non consentivano di ritenere provato un apporto rispetto al sodalizio criminoso.
Pertanto, il comportamento del ricorrente – per come emerso e come confermato dalla considerazione che egli normalmente interloquiva con COGNOME su consegne di quantitativi e sulle modalità di consegna e sui prezzi da applicare – ha concorso di certo con colpa grave a ingenerare una serie di sequenze investigative che hanno legittimato la definizione di un quadro indiziario iniziale che successivamente ha portato all’applicazione della misura cautelare nei suoi confronti.
Tale comportamento è pur sempre indicativo di una tale colpa grave da fondare il rigetto della richiesta di indennizzo in quanto adeguatamente e proporzionalmente idoneo a generare un corteo di indizi volto a giustificare ragionevolmente la misura cautelare.
Il Collegio, pertanto, ritiene condivisibile lo sviluppo argomentativo della motivazione del provvedimento di rigetto emesso dalla Corte di appello
di Salerno che ha spiegato analiticamente il percorso investigativo che ha portato all’applicazione della misura cautelare custodiale nei confronti dell’odierno ricorrente.
In ordine alla custodia cautelare sofferta per alcuni giorni successivamente alla sentenza assolutoria della Corte di cassazione, il Collegio osserva che, trattandosi di motivo non rintracciabile nel ricorso ex art. 314 cod. proc. pen., non risulta deducibile in questa sede ai sensi dell’art. 60 comma 3, cod. proc. pen..
Tutti i motivi di ricorso, quindi, sono infondati e vanno rigettati.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla sulle spese in favore del ministero resistente. Così deciso in Roma il 21 maggio 2024
Il consigliere estensore