Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20662 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20662 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Fondi il 17/02/1951
avverso l’ordinanza del 11/04/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette per il ricorrente le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso essendo il provvedimento impugnato viziato da motivazione apparente.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 11/04/2024, la Corte di appello di Napoli, pronunciando in sede di giudizio di rinvio a seguito della sentenza n. 10137/2023 della Corte di cassazione, rigettava l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta nell’interesse di COGNOME DomenicoCOGNOME
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico complesso motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva solo formalmente fatto riferimento al perimetro rivalutativo disegnato dalla Suprema Corte, in quanto aveva operato nella duplice valutazione indicata con motivazione apparente, contraddittoria ed illogica. Con riferimento alla ingiustizia formale, lamenta che i Giudici del rinvio si erano limitati ad enunciare un principio di diritto, senza analizzare concretamente il materiale probatorio a disposizione nella fase cautelare ed in quella decisionale. Evidenzia, poi, con riferimento alla individuazione del comportamento colposo ostativo alla riparazione, che i Giudici del rinvio si erano limitati a richiamare l valutazioni del giudice della cognizione, senza valutare in maniera autonoma i fatti accertati in sede di merito.
Chiede, pertanto, l’annullamento della ordinanza impugnata.
Il PG ha depositato requisitoria scritta. La difesa del ricorrente ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
La Corte di appello, pronunciando in sede di rinvio, in linea con i principi di diritto enuncianti da questa Corte nella sentenza n. 10137/2023, ha colmato le carenze motivazionali rilevate in sede di legiitimità.
La Corte territoriale ha, innanzitutto, richiamato i seguenti principi consolidati: è configurabile il diritto alla riparazione nel caso in cui l’ingiustizia d detenzione venga correlata all’intervenuta riqualificazione del fatto in sede di merito, con conseguente derubricazione del reato contestato nell’incidente cautelare in altro meno grave, i cui limiti edittali di pena non avrebbero consentito l’applicazione della misura custodiale (Cfr. Sez.4, n. 21342 del 19/04/2011, Rv.250474 – 01, in fattispecie in tema di derubricazione del reato di estorsione in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, cui era seguito il proscioglimento
dell’imputato per mancanza di querela); anche in tal caso, rileva quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, la circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave, ma la sua operatività non può concretamente esplicarsi nel caso in cui l’accertamento dell’insussistenza “ah origine” delle condizioni di applicabilità della misura avvenga sulla base dei medesimi elementi trasmessi al giudice che ha adottato il provvedimento cautelare, in quanto in tal caso è preclusa la possibilità di valutare l’incidenza della condotta dolosa o colposa dell’imputato, essendo il giudice oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura, sicché nessuna efficienza causale in ordine alla sua determinazione può attribuirsi al soggetto passivo (Sez.4, n. 13559 del 02/12/2011, dep.11/04/2012, Rv. 253319 – 01).
I Giudici di appello hanno, quindi, evidenziato che il ricorrente era stato prosciolto dall’imputazione di estorsione aggravata perché i fatti erano stati riqualificati dai Giudici di merito come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per difetto di querela; hanno, poi, escluso che si vedesse in ipotesi di ingiustizia formale , in quanto l’ordinanza cautelare era stata emessa essenzialmente sulla base del solo materiale intercettivo , mentre la sentenza assolutoria era stata resa a seguito del dibattimento e della ampia istruttoria espletata a mezzo dell’escussione dei testi dell’accusa e della difesa, dell’esame degli imputati e della perizia trascrittiva sul materiale intercettivo, rilevando, quindi, la non coincidenza tra il materiale probatorio posto a fondamento della emissione del titolo cautelare e quello a disposizione del Giudice dell’assoluzione (Cfr Sez.U, n. 32383 del 27/05/2010,Rv. 247663 – 01).
La Corte territoriale, ha, quindi, ritenuto sussistente una condotta de ricorrente gravemente imprudente, negligente e violativa di norme di legge, ostativa alla richiesta di riparazione. I Giudici di appello, muovendo dall’assoluzione dell’imputato, hanno stabilito, con valutazione ex ante e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – che la condotta del ricorrente era stata tale da concorrere ad ingenerare la falsa apparenza della configurabilità dell’illecito penale inizialmente contestato, avendo il COGNOME partecipato (come accertato dai Giudici di merito) alla condotta minatoria del coimputato COGNOME, realizzata ai danni della persona offesa.
Tale condotta è stata, quindi, valutata idonea a causare o concorrere a dare causa all’ordinanza cautelare, avendo creato l’apparenza della configurabilità del delitto di estorsione, risultando accertato un comportamento del COGNOME “costituente una porzione della materialità del delitto di estorsione”, avente
valenza sinergica rispetto all’errato intervento dell’autorità ed mantenimento.
La motivazione è congrua e non manifestamente illogica e colma le carenze motivazionali rilevate nella sentenza di annullamento di questa Corte.
4. Consegue, pertanto, il rigetto del ricorso e, in base al disposto dell’a cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso il 30/04/2025