Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3714 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3714 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 08/01/2025 R.G.N. 37024/2024
Motivazione Semplificata
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato a LUCERA il 25/09/1999 avverso l’ordinanza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di BARI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta nell’interesse di COGNOME NOME in relazione alla custodia cautelare sofferta dal 29 novembre 2019 al 27 aprile 2020 in quanto attinto da gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di cui agli artt. 56, 628, comma 3, 582 e 585 cod. pen., definito con sentenza assolutoria del Tribunale di Foggia divenuta irrevocabile il 25 settembre 2020.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME propone ricorso per cassazione deducendo, con unico motivo, vizio di motivazione e violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello rigettato la sua istanza con argomentazioni apparenti, illogiche e contraddittorie e per aver errato nell’interpretazione del parametro della colpa grave. Secondo la difesa, la Corte di appello ha ripercorso lo stesso iter motivazionale seguito nell’ordinanza genetica della misura. Tale provvedimento si fondava sulle immagini estratte da videocamere di sorveglianza installate nella zona scena del delitto e sulla denuncia presentata nei confronti dei tre indagati, tra i quali il ricorrente, a opera di Montagano, riguardante un ‘pestaggio’ avvenuto pochi giorni dopo il fatto oggetto della misura cautelare. Il ricorrente e un coindagato hanno definito il procedimento con rito abbreviato e sono stati assolti sulla base delle immagini estrapolate dalle telecamere di videosorveglianza in quanto ritenute talmente chiare da rendere superflua la visione dei video invocata dalla difesa come condizione del rito abbreviato. Se ne desume che ad analoga conclusione sarebbe potuto giungere il giudice per le indagini preliminari per escludere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. La Corte di appello ha ritenuto sussistente la colpa ostativa di NOME COGNOME sostenendo che quest’ultimo insieme a NOME COGNOME avesse seguito NOME COGNOME per ‘regolare i conti’ con tale COGNOME; al contrario, si assume, hanno
accettato di seguirlo perchØ avevano inteso ci fosse un pericolo per quest’ultimo, limitandosi successivamente a cercare di parlare in maniera pacifica con l’Akwasi e con l’amico; mai avrebbero potuto immaginare che NOME COGNOME avesse con sØ un coltello e lo usasse contro l’Akwasi. Grazie al provvido intervento del cugino NOME, NOME COGNOME non ha sferrato il secondo fendente ai danni dell’Akwasi. Il ricorrente contesta anche l’avere la Corte ravvisato la colpa grave nel comportamento tenuto dal COGNOME dopo l’aggressione, non avendo egli soccorso la vittima ed essendo andato via insieme a NOME COGNOME e NOME COGNOME senza mostrare disappunto per quanto accaduto; in realtà, la vittima Ł fuggita subito dopo il ferimento per cui nessun soccorso il ricorrente avrebbe potuto prestare; Ł congettura affermare che il COGNOME non abbia mosso critiche al cugino. L’applicazione dei consolidati principi di diritto espressi dalla Corte di legittimità evidenzia come non sia addebitabile a NOME COGNOME alcuna condotta che abbia direttamente contribuito a supportare l’ipotesi accusatoria a fondamento della misura restrittiva.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con requisitoria scritta dell’Avvocatura Generale dello Stato, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
La Corte territoriale ha, in primo luogo, esaminato il provvedimento cautelare, fondato sul fatto che intorno alle ore 21:45 del 18 ottobre 2019 COGNOME si trovava vicino alla sua abitazione quando era stato raggiunto da NOME COGNOME che gli aveva intimato di consegnare il telefono cellulare; alla sua opposizione, l’Akwasi era stato accerchiato da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con fare minaccioso; in quel frangente NOME COGNOME aveva preso dalla tasca un coltello a serramanico e aveva colpito l’Akwasi all’addome e al braccio sinistro; le immagini degli impianti di sorveglianza avevano confermato che NOME COGNOME avesse sferrato i colpi di coltello e che gli altri due avessero dato manforte all’aggressore accerchiando la vittima. Il giudice della cautela aveva valorizzato anche una denuncia a carico delle stesse tre persone presentata da COGNOME NOME qualche giorno dopo; il COGNOME, dopo aver rifiutato di offrire una birra ad NOME COGNOME era stato colpito dai medesimi soggetti con pugni e calci al volto, alla schiena e ai fianchi il 30 ottobre 2019.
La Corte territoriale ha esaminato anche le dichiarazioni rese nell’interrogatorio del 3 dicembre 2019 da NOME COGNOME; quest’ultimo aveva spiegato che NOME COGNOME si era trovato in difficoltà in quanto gli si erano avvicinate due o tre persone dopo una discussione e per questo il cugino lo aveva chiamato, raccontando poi: «abbiamo prima iniziato a parlare, mio cugino gliel’ha ripetuto due volte che noi non volevamo fare quest’azione, però si sono… avevano iniziato un tono diverso questi ragazzi, avevano iniziato a parlare, volevano fare qualcosa e mio cugino…», ammettendo di aver circondato la vittima e ammettendo, altresì, di aver partecipato all’aggressione commessa qualche giorno dopo ai danni del Montagano.
La Corte territoriale, pur prendendo atto del fatto che il giudice della cognizione avesse accertato in base ai fotogrammi ripresi dalle videocamere che NOME COGNOME si era spinto a compiere gesti che sembravano ‘quasi un tentativo di ostacolare l’aggressione’, ha tuttavia ritenuto, con motivazione non manifestamente illogica, che la condotta successivamente tenuta da NOME COGNOME, già chiamato ad aiutare NOME COGNOME nell’affrontare l’extracomunitario, abbia integrato gli estremi della colpa grave ostativa al diritto alla riparazione. Da un lato, il supporto fornito ad NOME COGNOME che non era animato dalle migliori intenzioni; dall’altro, l’indifferenza dimostrata con l’allontanamento immediato dal luogo in cui si era consumata l’aggressione senza
remore e ripensamenti per la sorte del ferito. Comportamenti che sono stati giudicati legittimamente dalla Corte territoriale come idonei a ingenerare nell’autorità procedente l’erronea valutazione circa la sussistenza della gravità indiziaria, corroborata dalla spedizione punitiva alla quale lo stesso ricorrente aveva partecipato unitamente agli altri due componenti del gruppo.
Esaminando la sentenza assolutoria, la Corte territoriale ha constatato come il giudice della cognizione abbia descritto le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza evidenziando come fosse «piø che ragionevole l’ipotesi che COGNOME NOME abbia con quei cenni ‘chiamato a raccolta’ sia COGNOME NOME (suo cugino) che il COGNOME» e accertando come provato che i due imputati avessero accettato l’invito del COGNOME ad accompagnarlo nel luogo in cui stazionava la vittima. Il giudice della cognizione penale ha, poi, escluso che dai fotogrammi potesse evincersi la rappresentazione e volizione dell’aggressione all’incolumità fisica dell’Akwasi da parte del COGNOME e di NOME COGNOME concludendo però nel senso che l’atteggiamento tenuto da NOME COGNOME, che aveva lasciato la scena in amichevole compagnia dell’accoltellatore, fosse null’altro che la prova di un comportamento connivente.
Il giudice della riparazione ha, dunque, analiticamente esaminato gli elementi a disposizione del giudice della cautela, non smentiti dalla sentenza assolutoria, e segnatamente: la circostanza che NOME COGNOME si sia addentrato nella via perchØ chiamato da NOME COGNOME intento in quel momento a seguire l’extracomunitario per risolvere un contrasto personale; il fatto che il ricorrente abbia fatto gruppo con gli altri, allontanandosi dalla scena del delitto in compagnia dei medesimi senza prestare soccorso all’accoltellato, la partecipazione attiva con i medesimi soggetti a un’altra ‘spedizione punitiva’ qualche giorno dopo. Tale condotta di supporto Ł stata considerata in termini di colpa grave ostativa al diritto alla riparazione in quanto indicativa di un contributo volontario e consapevole all’uso della violenza da parte di un soggetto altamente pericoloso, in linea con la giurisprudenza di legittimità che ha riconosciuto la colpa grave ostativa anche in un atteggiamento di connivenza passiva che consista nel tollerare che un reato sia consumato allorchØ l’agente sia in condizione di impedire la consumazione o la prosecuzione dell’attività criminosa ovvero, alternativamente, nel rafforzare oggettivamente la volontà criminosa dell’agente pur non intendendo perseguire l’evento. Occorre, a tale proposito, ricordare come la giurisprudenza costante della Corte di legittimità qualifichi come ostativa al diritto alla riparazione la condotta connivente ( ex plurimis , Sez. 4, n. 4113 del 13/01/2021, Sanyang, Rv. 280391 – 01; Sez. 3, n.22060 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 275970 – 02).
La condotta rafforzativa tenuta da NOME COGNOME rispetto alla condotta dell’autore del reato e, per altro verso, l’indifferenza dimostrata con l’allontanamento immediato dal luogo con l’aggressore, senza ripensamenti per la sorte del ferito, rientrano legittimamente nella figura della connivenza passiva idonea a ingenerare nell’autorità procedente l’errore che ha dato causa alla misura cautelare.
Il ricorrente si limita a fornire una lettura alternativa dei medesimi fatti senza, invero, evidenziare alcun vizio di legittimità del provvedimento impugnato.
Per tali ragioni il ricorso deve essere rigettato; segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchØ alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente, liquidate in euro mille.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchŁ alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dal ministero resistente, che liquida in euro mille.
Così Ł deciso, 08/01/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME