Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46581 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46581 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GALATINA il 17/02/1982
avverso l’ordinanza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME · lette le conclusioni del PG in persona del sostituto NOME COGNOME con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’Appello di Roma ha rigettato la richiesta di riparazione ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., presentata nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento alla detenzione da costui subita (dal 23 giugno 2022 al 15 ottobre 2022 in regime di custodia cautelare in carcere e dal 15 dicembre 2022 al 5 gennaio 2021 in regime di arresti domiciliari) in un procedimento penale nel quale gli era stato contestato in concorso con persona rimasta ignota il reato di rapina commesso il 13 giugno 2022. Secondo l’accusa, COGNOME, immediatamente dopo aver sottratto quattro bottiglie di birra all’interno del negozio di alimentari gest da Rubel Haque, al fine di assicurarsi il possesso delle merce e di procurarsi l’impunità, aveva usato violenza nei confronti del gestore, colpendolo con un pugno allo zigomo e mettendo a soqquadro il locale. A seguito dell’arresto in flagranza, COGNOME era stato inizialmente sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria; detta misura era stata sostituita con quella detentiva dopo che tre persone avevano denunciato di essere state da lui minacciate il 14 giugno, in relazione all’accaduto della sera precedente.
COGNOME era stato assolto con sentenza del Tribunale di Roma del 30 gennaio 2023, divenuta irrevocabile il 14 aprile 2023, con la formula perché il fatto non sussiste.
La Corte della riparazione ha rigettato la domanda, ravvisando nella condotta del richiedente la colpa grave.
2.La difesa dell’interessato ha proposto ricorso, a mezzo del difensore, formulando due motivi. .
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza della condizione ostativa della colpa grave. Il difensore rileva che la sostituzione della originaria misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con quella detentiva si era fondata sulle sole dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali avevano denunciato di essere stati minacciati dal Polimeno il giorno dopo i fatti. La Corte aveva valorizzato tale condotta senza tenere conto delle prove raccolte dalla difesa ed in particolare delle dichiarazioni della sorella del ricorrente, la quale aveva spiegato che il fratello, per recarsi a lavoro, era costretto a passare davanti al bar delle presunte persone offese. Il difensore ricorda anche che, fin da subito, in sede di interrogatorio di garanzia, COGNOME aveva spiegato di essersi recato la sera dei fatti nel locale di Abdul Mannan per farsi restituite i soldi che la macchina cambia monete gli aveva
trattenuto e che era così nata, fuori dal locale, una discussione nel corso della quale egli era stato picchiato da un gruppo di soggetti bangladesi con una spranga di ferro. Tale versione era stata confermata da alcuni testi, sentiti in sede di indagini difensive, ed in particolare da NOME COGNOME, dipendente del bar di Mannan, la quale aveva riferito della lite fra COGNOME “visibilmente alterato” e COGNOME, proseguita dentro il negozio di alimentari gestito da NOME Haque; da NOME COGNOME, la quale aveva riferito dell’aggressione da parte di alcune persone di colore nei confronti di COGNOME all’esterno del negozio di alimentari; da NOME COGNOME, sorella del ricorrente, la quale aveva riferito che vi era stata una lite fra il titolare del bar ed il fratello e che i due si erano “alzati le mani” a vicen da NOME COGNOME la quale aveva riferito dell’aggressione da parte di un gruppo di persone di colore nei confronti di COGNOME che, per difendersi, aveva reagito.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della condizione ostativa della colpa grave. Il difensore lamenta che la Corte della riparazione in plurimi passaggi dell’ordinanza avrebbe sostenuto che il comportamento del COGNOME era stato gravemente colposo, senza tuttavia spiegare in che cosa tale comportamento si era estrinsecato. L’assoluzione di COGNOME si era fondata sulle stesse dichiarazioni della persona offesa, che erano state ritenute alla base del giudizio di gravità indiziaria da parte del giudice della cautela e che il giudice di merito aveva valutato come confuse e tali da offrire un quadro incongruo.
3.11 Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME> ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.
Il Ministero della Economia e delle Finanze, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, ha depositato, in data 22 ottobre 2024, una memoria con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile o in subordine rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
I due motivi, da trattare unitariamente in quanto entrambi attinenti alla ritenuta sussistenza della colpa grave, sono infondati.
2.1.La Corte ha ravvisato nella condotta del ricorrente la colpa grave, sinergica rispetto all’adozione della misura cautelare e perciò ostativa all’accoglimento della domanda di riparazione, rilevando che:
in sede di interrogatorio, COGNOME avevo offerto una ricostruzione dei fatti inverosimile e contrastante con quanto direttamente constatato dagli operanti, i quali avevano trovato il locale di Rubel Haque a soqquadro e lo stesso Haque con una vistosa escoriazione sullo zigomo destro;
il teste NOME COGNOME gestore del bar coffee Express sito nei pressi del negozio della vittima, aveva riferito che poco prima di compiere la rapina ai danni di Haque, GLYPH COGNOME si era recato presso il suo bar già in evidente stato di ebbrezza disturbando gli avventori e asportando alcolici senza provvedere al pagamento. Lo stesso teste COGNOME aveva denunciato COGNOME per le minacce da lui perpetrate il giorno successivo.
Contrariamente a quanto lamentato nel ricorso, i giudici hanno individuato, con motivazione sintetica, ma, comunque, sufficiente e coerente, la colpa grave nell’avere NOME in stato di ubriachezza partecipato ad una lite con passaggio a vie di fatto e nell’avere egli perpetrato la minaccia il giorno successivo. Tali circostanze di fatto sono confef -mate, in larga misura, anche nella prospettazione contenuta nei motivi di ricorso, giacché sono le stesse testimonianze ivi indicate che danno atto di come COGNOME fosse evidentemente alterato e avesse partecipato ad una violenta colluttazione. Il ricorrente, inoltre, nell’affermare che le condotte ascritte dalla Corte della riparazione a Polimeno non sarebbero state provate nel loro accadimento fattuale si limita a riportare alcune dichiarazioni di
testi a difesa, che, peraltro, come detto, avevano confermato la sua partecipazione ad una sorta di rissa, e non si confronta con il passaggio della ordinanza impugnata in cui si dà atto di come, al momento dell’intervento, la polizia giudiziaria avesse trovato la vittima con segni di percosse in volto e il suo negozio a soqquadro.
Quanto alla valutazione della condotta come gravemente colposa, si deve ricordare che la colpa può essere ravvisata in comportamenti che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti e che tale valutazione, se adeguata e congrua, non è censurabile in sede di legittimità (Sez. 4 n. 27458 del 5/2/2019, NOME COGNOME, Rv. 276458). In tal senso il giudizio espresso dalla Corte della riparazione appare non manifestamente illogico.
Infine non coglie nel segno il rilievo del ricorrente per cui la Corte aveva ravvisato la colpa grave di Polimeno sulla base dello stesso compendio che era stato poi ritenuto insufficiente rispetto alla affermazione della responsabilità. Invero deve ribadirsi che il piano della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza nella fase cautelare è differente rispetto a quello della affermazione della penale responsabilità: il giudice della riparazione è tenuto a valutare condotte gravemente colpose o dolose causali o concausali rispetto alla adozione della misura cautelare, ovvero condotte che, con riguardo al tipo di giudizio rimesso al giudice della cautela, abbiano creato un’apparenza di reato, a nulla rilevando che quegli stessi elementi siano stati ritenuti dal giudice del merito insufficienti fondare una pronuncia di condanna (in tal senso, da ultimo, Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021, COGNOME, Rv. 280246 secondo cui “Nel giudizio avente ad oggetto la riparazione per ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa del dolo o della colpa grave, può darsi rilievo agli stessi fatti accertati ne giudizio penale di cognizione, senza che rilevi che quest’ultimo si sia definito con l’assoluzione dell’imputato sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo della misura cautelare, trattandosi di un’evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giudizio applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo soltanto in quest’ultima il criterio dell’ aldil ogni ragionevole dubbio”). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente. La memoria depositata, infatti, si limita a riportare principi giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione senza confrontarsi con i motivi di ricorso, sicché non può dirsi che l’Avvocatura dello Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti,
un’attività diretta a contrastare la pretesa del ricorrente (sull’argoment riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civi ultimo, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886; Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021 A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713).
P.Q.M.
Rigetta COGNOME il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla sulle spese in favore del Ministero resistente.
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Deciso il 12 novembre 2024
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