Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6291 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6291 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il 03/10/1972 COGNOME NOME nato a ROMA il 18/12/1995 COGNOME NOME nato a ROMA il 30/05/1998
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del sostituto M. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria dell’AVVOCATURA dello STATO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso e, in subordine, il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza emessa in data 16 aprile 2024, la Corte di appello di Roma ha rigettato la richiesta di riparazione proposta nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, eredi del defunto NOME COGNOME in relazione alla detenzione da costui patita in regime di arresti domiciliari dall’8 agosto 2018 al 7 novembre 2018 (per un totale di 92 giorni) in relazione ai reati di cui agli artt. 624 bis 2, 650, 640 co. 2 n. 2 bis e 61 n. 5 cod. pen.
Avverso l’ordinanza, con unico atto, sono stati proposti ricorsi nell’interesse degli eredi di NOME COGNOME affidandoli ad un unico motivo con il quale si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., contraddittorietà e illogicità della motivazione.
In data 8 agosto 2018 il COGNOME in esecuzione dell’ordinanza emessa dal GIP di Roma veniva sottoposto alla misura degli arresti domiciliari per i reati sopra indicati. Nel corso dell’interrogatorio di garanzi il prevenuto, negava gli addebiti.
Il 6/11/2019 il GIP dichiarava la perdita di efficacia della misùra cautelare ed applicava l’obbligo di presentazione alla P.G.
All’esito dell’udienza preliminare il GUP dichiarava non luogo a procedere per i reati di cui agli artt. 6.50 e 640 co. 2 n. 2 e 61 n. 5 cod. pen perché il fatto non sussiste. Con separato decreto, il COGNOME veniva rinviato a giudizio. In esito all’istruttoria dibattimentale il COGNOME veni assolto dal residuo reato di cui all’art. 624 bis co. 2 cod. pen. per non avere commesso il fatto.La Corte della riparazione “adagiandosi acriticamente sulla ricostruzione dei fatti contenuta nella sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Roma” rigettava la richiesta. La Corte della riparazione, secondo la difesa, ha fondato il proprio giudizio su asserite contraddittorie dichiarazioni rese dal COGNOME. Egli, tuttavia, ha reso dichiarazioni solo nell’interrogatorio di garanzia essendo rimasto assente nel corso del dibattimento. Se, dunque, COGNOME ha dichiarato al GIP che la “moglie non guida” non avendo poi reso altre dichiarazioni non si comprende dove abbia sostenuto “che la moglie era solita lasciare l’auto parcheggiata sotto casa con le chiavi inserite”.
Altro profilo di contraddittorietà è rilevato quanto all’argomento speso dalla Corte territoriale secondo cui il non avere fornito alcuna spiegazione logica dei fatti, avrebbe indotto il giudice ad applicare nei suoi confronti l
misura cautelare restrittiva, a fronte del fatto che l’ordinanza era stata emessa già su denuncia delle persone offese che, peraltro, avevano proceduto a individuazione fotografica ma con esito negativo, circostanza della quale il Gip non ha tenuto conto, applicando la misura solo sulla scorta del rilevamento del numero di targa dell’auto dalla quale era sceso un uomo mai individuato.
Il P.G., in persona del sostituto NOME. NOME COGNOME ha concluso per iscritto chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
L’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria chiedendo l’inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
E’ necessario premettere che «In tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili al fine di stabilire, con valutazione ex ante e secondo un iter logico motivazionale del tutto autoomo rispetto a quello seguito nel processo di merito, non se tale condotta integri gli estremi di reato ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale» (Sez. 4 n. 3359 del 22/9/2016 dep. 2017, COGNOME, Rv. 268962).
E’ costantemente affermato che nel giudizio avente ad oggetto la riparazione per ingiusta detenzione, può darsi rilievo agli stessi fatti accertati nel giudizio penale di cognizione senza che rilevi che quest’ultimo si sia definito con l’assoluzione dell’imputato sulla base degli stessi elementi posti a fondamento del provvedimento applicativo della misura cautelare trattandosi di una evenienza fisiologicamente correlata alle diverse regole di giudizio applicabili nella fase cautelare e in quella di merito, valendo solo in quest’ultima il criterio dell’oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 4 n. 2145 del 13/1/2021, COGNOME, Rv. 280246; Sez. 4 n. 34438 del 2/7/2019, Messina, Rv. 276859).
L’affermazione secondo cui nell’escludere il diritto alla riparazione il giudice della riparazione deve attenersi a dati di fatto accertati o non negati nel giudizio di merito (Sez. U n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME, Rv. 203636) è coerente con i principi sopra richiamati. L’autonomia tra i due giudizi, infatti, esclude che il dolo o la colpa grave possano essere desunti da condotte che la sentenza di assoluzione abbia ritenuto non sussistenti o non sufficientemente provate (Sez. 4 n. 46469 del 4/9/2018, COGNOME, Rv. 274350) .
3. Nel solco dei principi sopra richiamati si è mossa la Corte della riparazione ritenendo che il COGNOME, con il proprio comportamento, abbia creato i presupposti per l’adozione e il successivo mantenimento della misura cautelare in relazione al reato di cui all’art. 624 bis co. 2 cod. pen. Gli era stato contestato, dopo aver fermato – adducendo la verificazione di un incidente stradale non avvenuto – l’autovettura sulla quale viaggiavano le due persone offese ed avere formulato richieste di risarcimento, di essersi impossessato della banconota di 50 euro che strappava dalle mani di una delle persone offese.
Con valutazione autonoma rispetto al giudizio di cognizione e impegnando un piano di indagine diverso ma sulla scorta dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti e non neutralizzato dalla sentenza di assoluzione, i giudici della riparazione hanno ritenuto la sussistenza di cause ostative all’accoglimento della richiesta avanzata sia con riferimento al profilo processuale quanto sostanziale.
Sul piano processuale la Corte territoriale ha posto l’accento sulla circostanza che il COGNOME, in sede di interrogatorio di garanzia, aveva reso dichiarazioni contraddittorie e poco credibili adducendo che l’autovettura risultante ancora intestata ad una società fosse nella sua disponibilità ma non indicando né chi l’avesse usata né di avere fornito un alibi, dichiarando di non ricordare dove si trovasse, precisando che la moglie non guida. Si dava, altresì, altresì atto che dalla sentenza di assoluzione il COGNOME avrebbe dichiarato che la moglie era solita parcheggiare l’auto sotto casa con le chiavi inserite, con ciò contraddicendo la precedente affermazione sul fatto che la moglie non guidasse.
Il dato è contestato dalla difesa nella parte in cui assume che il COGNOME era stato assente nel corso del giudizio e che non aveva mai reso dichiarazioni.
Appare evidente, tuttavia, che ai giudici della riparazione non era dato di rimettere in discussione circostanze di fatto cristallizzate nella sentenza passata in giudicato essendo loro preclusa una valutazione dei fatti diversa da quella risultante dalla sentenza.
La colpa ostativa, sul piano processuale è stata individuata nel mendacio ed è principio consolidato di questa Corte di legittimità quello che distingue, ai fini che qui interessano, il silenzio dal mendacio.
Da ultimo, infatti, questa Corte ha confermato il principio secondo cui «In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, anche a seguito della modifica dell’art. 314 cod. proc. pen. ad opera dell’art. 4 co. 4, lett. b) d.lgs. 8 novembre 2021, n. 188, il mendacio dell’indagato in sede di interrogatorio, ove causalmente rilevante rispetto alla determinazione cautelare, costituisce una condotta volontaria equivoca rilvante ai fini dell’accertamento del dolo o della colpa grave ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione, posto che la falsa prospettazione di situazioni, fatto o comportamenti non è condotta assimilabile al silenzio serbato nell’esercizio della facoltà difensiva prevista dall’art. 64, co. 3, lett. b), cod. proc. pen.» (Sez. 4 n. 24608 de 21/05/2024 Rv. 286587 – 01). In motivazione, detta pronuncia, ha distinto tra il caso in cui l’interessato piuttosto che optare per la facoltà di no rispondere abbia inteso offrire una propria versione dei fatti poiché in ques’ultimo caso, l’apporto dichiarativo dell’indagato ben può orientare/disorientare gli accertamenti del reato e contribuire, pur nell’errore dell’A.G. procedente, a configurare la falsa apparenza di un quadro indiziario di gravità tale da giustificare l’emissione e/o i mantenimento del titolo custodiale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Al netto della ritenuta contraddittorietà rispetto alle successive dichiarazioni rese dal COGNOME, dedotte con riferimento ad una sentenza ormai passata in giudicato, il dato da porre in evidenza è che se la denuncia sporta dalle persone offese, la rilevazione del numero di targa dell’auto dalla quale era sceso l’individuo che aveva posto in essere il reato in contestazione aveva determinato l’adozione della misura, il comportamento tenuto dal COGNOME ne determinava senz’altro il mantenimento.
Tutto ciò anche alla luce del riconoscimento effettuato il cui esito è riportato dalla difesa solo in parte, nella misura in cui si deduce che la persona offesa COGNOMEha indicato in modo dubitativo nella foto n. 8 l’autore del furto» senza tuttavia allegare il verbale di riconoscimento con le relative foto allegate, dal che discende che l’argomento non è autosufficiente.
Va, sotto altro profilo evidenziato che, contrariamente a quanto si assume nel ricorso, lo stesso Gip aveva tenuto conto dell’esito “incerto” del riconoscimento effettuato tant’è che nell’ordinanza era stato rilevato che, sia pure con i margini di incertezza dell’attività di riconoscimento in sede di individuazione fotografica da parte delle persone offese, era certo che l’autovettura fosse in uso al COGNOME che il 2 febbraio 2018 era stato fermato alla guida del mezzo, che le verifiche eseguite sull’auto avevano evidenziato che la società alla quale è intestata la macchina non esiste all’indirizzo indicato e che lo stesso COGNOME sentito in merito alla presunta truffa contestata al capo c) della rubrica ha dichiarato di avere in uso l’auto.
La Corte, dunque, con motivazione né manifestamente illogica né contraddittoria ha ritenuto che il quadro indiziario emergente al momento della adozione dell’ordinanza cautelare, valutato ex ante, fosse del tutto idoneo a configurare a carico del prevenuto i gravi indizi di colpevolezza del reato contestatogli e che la sentenza di assoluzione non aveva né escluso la materialità del fatto ma neppure la circostanza che l’autovettura dalla quale era sceso l’autore del reato, fosse nella disponibilità del Bevilacqua.
Alla luce di quanto detto, rimane del tutto irrilevante l’argomento speso dalla Corte della riparazione secondo cui l’assoluzione sarebbe avvenuta con formula dubitativa.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma non anche quella alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente, non avendo la memoria depositata nel suo interesse, a causa della genericità, fornito alcun contributo alla dialettica processuale (sul punto, Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222264 01, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione).
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese in favore del Ministero resistente.
Così deciso il 27 novembre 2024
INDIRIZZO.
Il Presidente