Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37121 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37121 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte di appello di Torino, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da NOME COGNOME in relazione alla custodia cautelare in carcere subita dal 10/03/2020 al 10/04/2020 in relazione a un procedimento nel quale risultava accusato di detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina-crack. La Corte di appello ha premesso che il ricorrente era stato sorpreso nel cuore della notte alla guida di un veicolo sottoposto a controllo in quanto, alla vista dell’autopattuglia della polizia di Stato, aveva effettuato una manovra sospetta accelerando vistosamente; la perquisizione veicolare aveva consentito di acclarare che il NOME stava trasportando tre sacchetti contenenti una non meglio precisata sostanza polverosa di colore bianco occultati nel vano portaoggetti e una scatola contenente altra sostanza polverosa bianca recante la scritta «bicarbonato»; le polveri risultavano essere in parte, al narcotest, sostanza stupefacente, ma a un più approfondito accertamento si era verificato trattarsi di lidocaina, fenacetina e sodio bicarbonato. Nel contesto della perquisizione, il COGNOME era stato sorpreso in possesso della somma di circa 8000 euro suddivisa in banconote di diverso taglio, che teneva occultata in parte indosso e in parte in un barattolo all’interno della sua abitazione; il NOME era in possesso di due targhe automobilistiche, cinque passaporti senegalesi e altri documenti di identità o patenti tutti intestati ad altri soggetti, uno dei quali contraffatto.
2. Tanto premesso, la Corte territoriale ha ravvisato la colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione nelle modalità di confezionamento proprie degli stupefacenti, considerando anche che il bicarbonato è notoriamente utilizzato come sostanza da taglio; nel corso dell’interrogatorio, il COGNOME aveva dichiarato di aver ricevuto la sostanza polverosa da una donna nigeriana e aveva giustificato la somma di denaro come provento della sua attività di tassista abusivo. Anche tali indicazioni fornite all’autorità giudiziaria sono state considerate dalla Corte territoriale come indicative di una condotta gravemente colposa posto che il ricorrente aveva negato che la cocaina fosse sua senza fornire indicazioni precise sulla donna nigeriana dalla quale l’aveva ricevuta. Altrettanto inverosimili sono state considerate le giustificazioni fornite circa possesso della somma di denaro. La circostanza che il NOME si trovasse in macchina nel cuore della notte in possesso di una somma di denaro che riferiva avrebbe dovuto trasferire tramite la Western Union, sebbene l’esercizio commerciale fosse chiuso a quell’ora, è stata valorizzata dal giudice della riparazione unitamente al fatto che all’atto dell’arresto il era fosse stato trovato
in possesso di due targhe automobilistiche, di passaporti e altri documenti di identità, tra i quali uno contraffatto, tutti intestati ad altri soggetti considerando che tale circostanza non era casualmente correlata al reato per il quale è stata applicata la misura cautelare, la Corte ha comunque ritenuto la stessa idonea a ingenerare una situazione di sospetto riconducibile a macroscopica negligenza e trascuratezza dell’istante.
Avverso tale ordinanza NOME propone ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione dell’art. 314 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, sottolineando che sin dall’interrogatorio aveva negato che si trattasse di sostanza stupefacente, come poi comprovato dall’esito negativo delle analisi espletate, che ha condotto all’archiviazione del procedimento per infondatezza della notizia di reato. Il ricorrente ha giustificato anche l detenzione della somma di danaro sequestratagli durante l’arresto spiegando che si trattava dei proventi della sua attività di tassista abusivo. Il provvedimento impugnato, si assume, è manifestamente illogico in quanto la Corte non ha ritenuto plausibile che un tassista abusivo si fosse agitato alla vista della polizia Non si comprende cosa il NOME avrebbe dovuto fare in sede di udienza di convalida se non negare ogni addebito e dire la verità, peraltro dimostrata dall’esito della consulenza chimica espletata. Il provvedimento restrittivo della libertà personale è, dunque, secondo la difesa, esclusivamente riconducibile a un errore di valutazione dell’autorità giudiziaria.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento con rinvio.
5. Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il nucleo centrale delle argomentazioni della Corte territoriale trae origine dal fatto che l’applicazione delle misura cautelare si è basata sul comportamento sospetto tenuto ^ dal NOME alla vista degli agenti di polizia. La motivazione offerta dal provvedimento impugnato non è affetta da manifesta illogicità. Tale vizio deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 22607401; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 21479401).
Giova, altresì, evidenziare che il ricorso si incentra sul fatto che l dichiarazioni rese in sede di interrogatorio si sono rivelate veritiere, senza confrontarsi con il comportamento specificamente valorizzato nel suo complesso dal giudice della riparazione, riferendo la colpa grave sia all’ingiustificat trasporto di sostanza notoriamente utilizzata come sostanza «da taglio», sia alla detenzione di un’ingente somma di denaro contante. Il ricorso non si confronta con l’ulteriore considerazione sviluppata dal giudice della riparazione inerente alla circostanza che la misura è stata mantenuta per il tempo strettamente necessario al completamento delle analisi sulla sostanza sequestrata.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in data 11 settembre 2024
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