Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36913 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36913 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME nato a SIRACUSA il DATA_NASCITA RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 01/09/2025 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Catania
Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
letta la memoria depositata dal RAGIONE_SOCIALE, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da NOME COGNOME per il periodo di sottoposizione agli arresti domiciliari applicati nei suoi confronti dal 1°/12/2016 al 28/06/2019, in riferimento a un capo di imputazione ipotizzante il reato previsto dall’art.416 -bis cod.pen., dalla quale era stata assolta con sentenza del Tribunale di Catania, per non aver commesso il fatto, divenuta irrevocabile il 31/10/2023.
La Corte territoriale, quale giudice adito ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.315 cod.proc.pen., ha previamente specificato che la condotta ascritta alla ricorrente e ritenuta indice RAGIONE_SOCIALE‘intraneità rispetto al sodalizio denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘ sarebbe stata quella di recapitare agli affiliati in stato di libertà i messaggi trasmessi dai propri figli detenuti NOME e NOME COGNOME.
La Corte ha quindi osservato che la domanda non poteva essere accolta, essendo ravvisabile una condotta gravemente colposa in capo alla parte ricorrente da porre in diretto rapporto causale con la detenzione sofferta.
In particolare, il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha osservato che, al momento RAGIONE_SOCIALEa sottoposizione alla misura cautelare, sussistevano sicuramente i necessari gravi indizi di colpevolezza, sulla base RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni fornite da collaboranti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali avevano tutti riferito come la COGNOME trasmettesse all’esterno del carcere i biglietti redatti dal figlio detenuto, circostanza altresì confermata dai colloqui intercettati presso il carcere tra la stessa ricorrente e NOME COGNOME; ha quindi rilevato che la sentenza assolutoria aveva ritenuto che l’accertata disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘istante a trasmettere tali messaggi non avesse rappresentato un contributo rilevante ai fini RAGIONE_SOCIALE‘esist enza del sodalizio criminoso; ritenendo comunque che la suddetta e comprovata disponibilità fosse idonea a concretizzare il predetto presupposto ostativo rispetto al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, tramite il proprio difensore, articolando sei motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art.606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen. -la violazione e l’erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art.314 cod.proc.pen., per contraddittorietà rispetto all’accertamento definitivo di innocenza.
Ha dedotto che la Corte territoriale non avrebbe rispettato i principi dettati da questa Corte in tema di colpa grave ostativa al riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa riparazione, la quale sarebbe stata ravvisabile solo in condotte che rivelino eclatante e macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, esponendo che la sola circostanza di essere madre di soggetti detenuti non poteva configurare di per sé stessa la necessaria colpa grave.
Con il secondo motivo ha dedotto la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.314 cod.proc.pen per erronea valutazione del nesso causale tra condotta familiare e adozione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare.
Ha dedotto che la trasmissione di un unico presunto messaggio ai figli detenuti rappresentava l’esercizio di naturali sentimenti familiari, non tali da concretizzare la colpa grave.
Con il terzo motivo ha dedotto la violazione dei principi costituzionali sulla tutela RAGIONE_SOCIALEa famiglia e sul diritto di difesa, nonché l’erronea applicazione del criterio di valutazione ex ante .
Ha dedotto che non poteva ravvisarsi la colpa grave ostativa, atteso che la ricorrente non era in grado di prevedere che il solo mantenimento del rapporto
con i figli detenuti potesse costituire elemento ostativo al riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa riparazione per ingiusta detenzione.
Con il quarto motivo, ha dedotto la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.314 cod.proc.pen. per omessa considerazione RAGIONE_SOCIALEa specificità RAGIONE_SOCIALEa posizione materna e dei doveri genitoriali.
Ha dedotto che il mantenimento dei contatti con i figli e la trasmissione di messaggi per loro conto non potevano considerarsi indici di colpa grave, rappresentando l’adempimento di doveri costituzionalmente tutelati.
Con il quinto motivo ha dedotto la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.314 cod.proc.pen. per erronea valutazione circa l’efficacia sinergica RAGIONE_SOCIALEa condotta e la contraddizione con la sentenza assolutoria.
Ha dedotto che l’assoluzione era avvenuta sulla base degli stessi elementi valutati dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cautela e che la motivazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata non avrebbe adeguatamente chiarito in quale modo la condotta RAGIONE_SOCIALEa ricorrente avesse contribuito all ‘adozione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare.
Con il sesto motivo ha dedotto la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art.314 cod.proc.pen. per erronea applicazione di principi in materia di rapporti familiari e associazione mafiosa; ritenendo che non potesse configurarsi come gravemente colposa la frequentazione di congiunti legati al sodalizio in assenza di prova che la stessa avesse rafforzato il loro proposito criminoso.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa Giustizia ha depositato memoria, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Tutti e sei i motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati attesa la loro stretta connessione logica; attenendo gli stessi alla correttezza del percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale in punto di valutazione RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALEa causa ostativa rappresentata dalla presenza di un comportamento -da parte RAGIONE_SOCIALE‘istante che abbia concorso a dare luogo alla detenzione con dolo o colpa grave.
I motivi sono complessivamente inammissibili per difetto di specificità estrinseca, sottraendosi gli stessi all’onere di necessario confronto con la motivazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata.
Va quindi premesso che, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, costituisce causa ostativa al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo la sussistenza di un comportamento -da parte RAGIONE_SOCIALE‘istante che abbia concorso a darvi luogo con dolo o colpa grave.
In particolare, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa all’ingiusta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti, non esclusi dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione, di tipo extra-processuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver dato causa all’imputazione) o processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi), in ordine alla cui attribuzione all’interessato e incidenza sulla determinazione RAGIONE_SOCIALEa detenzione il giudice è tenuto a motivare specificamente (Sez.3, 5/7/2022, n.28012, Rv. 283411; Sez.4, 21/10/2014, n.4372/2015, Rv. 263197; Sez.4, 3/6/2010, n.34656, Rv. 248074).
In particolare il giudice di merito, per stabilire se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico/motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale (Sez.4, 22/9/2016, n.3359/2017, Rv. 268952), con particolare riferimento alla commissione di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti (Sez.4, 5/2/2019, n.27548, Rv. 276458).
Deve altresì essere ricordato che, sulla base RAGIONE_SOCIALE‘arresto espresso da Sez.U, 13/12/1995, dep. 1996, Rv. 203638, nel procedimento per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione è necessario distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all’accertamento RAGIONE_SOCIALEa sussistenza di un reato e RAGIONE_SOCIALEa sua commissione da parte RAGIONE_SOCIALE‘imputato, da quella propria del giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un iter logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso RAGIONE_SOCIALE‘altrui errore) alla produzione RAGIONE_SOCIALE‘evento “detenzione”; ed in relazione a tale aspetto RAGIONE_SOCIALEa decisione egli ha piena ed ampia libertà di esaminare il materiale
acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno RAGIONE_SOCIALEe condizioni RAGIONE_SOCIALE‘azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione; derivandone, in diretta conseguenza di tale principio, quello ulteriore in base al quale il giudice del procedimento di riparazione per ingiusta detenzione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o non esclusi, ma ciò al solo fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparazione (Sez.4, 14/12/2017, n.3895/2018, RV. 271739; Sez.4, 10/6/2010, n.27397, Rv. 247867); con il solo limite di non potere ritenere provati fatti che tali non sono stati considerati dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4, Sentenza n. 12228 del 10/01/2017, Rv. 270039), imponendosi quindi un necessario confronto con le argomentazioni poste alla base RAGIONE_SOCIALEa sentenza di proscioglimento.
In relazione ancora più specifica rispetto alla fattispecie concreta in esame deve rilevarsi come il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave RAGIONE_SOCIALE‘interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento RAGIONE_SOCIALEa legale conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza di un procedimento a suo carico; il giudice di merito deve, in modo autonomo e in modo completo, apprezzare tutti gli elementi probatori a sua disposizione e rilevare, se la condotta tenuta dal richiedente abbia ingenerato o contribuito a ingenerare, nell’autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa configurabilità RAGIONE_SOCIALEa stessa come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Sez.U, 27/5/2010, n.32383, Rv. 247664).
Deve quindi ritenersi che, nel caso di specie, le argomentazioni spiegate nell’esposizione dei motivi di ricorso non si confrontino adeguatamente con il contenuto RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza reiettiva RAGIONE_SOCIALE‘istanza originaria, nella parte in cui la stessa -peraltro adeguatamente confrontandosi con il contenuto RAGIONE_SOCIALEa sentenza assolutoria – ha attribuito decisiva valenza sinergica al comportamento tenuto dalla ricorrente; e, specificamente, nella parte in cui la stessa ha evidenziato come la ricorrente stessa si fosse scientemente prestata a trasmettere fuori dal carcere i messaggi redatti dal figlio detenuto, sulla base di un elemento confermato anche dalle acquisite intercettazioni ambientali.
Comportamento che, pur ritenuto dal giudice di merito insufficiente a concretizzare il reato contestato (visto il carattere isolato del biglietto con il quale NOME COGNOME, tramite la madre, aveva richiesto al destinatario di proseguire l’attività in p roprio nome), è stato congruamente ritenuto come idoneo a denotare una stabile messa a disposizione al fine di permettere non consentiti contatti con soggetti collocati al di fuori RAGIONE_SOCIALE‘istituto carcerario.
6. D’altra parte in riferimento ad argomentazione sottesa ai motivo di ricorso -va anche osservato che, nell’apparato argomentativo RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata, si rinviene un’univoca valorizzazione -ai fini RAGIONE_SOCIALEa dedotta concretizzazione del presupposto ostativo RAGIONE_SOCIALEa colpa grave –RAGIONE_SOCIALEe frequentazioni intercorrenti tra la ricorrente i membri del proprio nucleo familiare, a propria volta oggettivamente coinvolti in un contesto illecito determinato dall’appartenenza a un’associazione di tipo mafioso.
A tale proposito, in punto di presupposti ostativi al riconoscimento del diritto all’indennizzo previsto dall’art.314 cod.proc.pen., questa Corte ha più volte ribadito che la frequentazione ambigua di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta oggettivamente ad essere interpretata come indizio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione (Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, dep. 2022, Rv. 282565; Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, Rv. 274498; Sez. 4, n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, Rv. 262436; Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013, dep. 2014, Rv. 258610; Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Rv. 259082; Sez. 4, n. 51722 del 16/10/2013, Rv. 257878); nella maggior parte dei casi, si trattava di detenzione cautelare disposta nei confronti di persone indagate quali partecipi di associazioni per delinquere, in un ambito investigativo in cui gli intrecci, gli interessi e le connivenze tra sodali assumono valore altamente indiziario proprio in rapporto ai tratti tipici del delitto associativo.
Dall’esame RAGIONE_SOCIALEe pronunce in cui il principio è stato affermato deve peraltro anche trarsi il limite all’applicazione del medesimo principio; se, infatti, in linea astratta, la frequentazione di persone coinvolte in attività illecite è condotta idonea a concretare il comportamento ostativo al diritto alla riparazione, deve però anche chiarirsi che non tutte le frequentazioni sono tali da integrare la colpa ma solo quelle che (secondo il tenore letterale RAGIONE_SOCIALE‘art.314 cod. proc. pen., a mente del quale rileva il comportamento che, per dolo o colpa grave, abbia dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare subita) siano da porre in relazione, quanto meno, di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 1921 del 20/12/2013, dep. 2014, Rv. 25848601); al giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione spetta, dunque, il compito di rilevare il tipo e la qualità di dette frequentazioni, con lo scopo di evidenziare l’incidenza del comportamento tenuto sulla determinazione
RAGIONE_SOCIALEa detenzione (Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, dep. 2021, Rv. 280547; Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014, Rv. 260397; Sez. 4, n. 34656 del 03/06/2010, Rv. 248074; Sez. 4, n. 8163 del 12/12/2001, Rv. 2209840).
D’altra parte, la circostanza che le frequentazioni ambigue siano intercorse tra soggetti aventi tra loro rapporti di parentela, ove accompagnate dalla consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, non esclude in alcun modo la connotazione gravemente colposa del comportamento, salvo che esso non sia assolutamente necessitato (Sez. 4, n. 29550 del 05/06/2019, Rv. 277475).
Considerazione che priva in radice di qualsiasi valenza le considerazioni difensive inerenti all’adempimento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, RAGIONE_SOCIALEe proprie situazioni soggettive riconducibili al rapporto di maternità, tra le quali non rientrano evidentemente quelle esplicitate mediante i comportamenti contestati e comunque ravvisati anche in sede di pronuncia assolutoria.
Nel caso di specie, va dunque rilevato che tale necessità non è stata neanche prospettata dalla ricorrente la quale, senza in alcun modo negare l’oggettività dei comportamenti ritenuti ostativi al diritto vantato, ha semplicemente rivendicato la mancanza di colpevolezza derivante dai legami familiari; legami, come detto, la cui sussistenza non è in alcun modo idonea a escludere il carattere colposo RAGIONE_SOCIALEa condotta.
D’altro canto, la Corte territoriale non si è limitata a dare conto RAGIONE_SOCIALEe predette frequentazioni, ma ha -con motivazione non palesemente illogica -valutato un ulteriore e oggettivo elemento, rappresentato dalla piena disponibilità prestata dalla ricorre nte all’attività di trasmissione all’esterno di messaggi per conto dei figli, fattore pienamente riscontrato sulla base degli elementi raccolti in sede di indagine.
Ne consegue che l’esame del contesto criminale nel cui ambito le condotte sono state poste in essere, unito ai connotati oggettivi RAGIONE_SOCIALEe medesime, sono stati ritenuti -con valutazione consequenziale e priva di connotati di illogicità -come idonei a crear e l’apparenza RAGIONE_SOCIALEa sussistenza degli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALEa fattispecie associativa contestata; derivandone che la condotta RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, sicuramente connotata quanto meno da colpa grave, si è posta in diretto rapporto sinergico con la detenzione subìta.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali; ed inoltre, alla luce RAGIONE_SOCIALEa sentenza 13 giugno 2000, n. 186, RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa causa di inammissibilità», la ricorrente va condannata al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa Cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende.
Nulla va provveduto in ordine alla regolazione RAGIONE_SOCIALEe spese in riferimento al rapporto processuale tra la ricorrente e il RAGIONE_SOCIALE resistente, atteso il carattere tautologico e aspecifico RAGIONE_SOCIALEe considerazioni spiegate nella memoria depositata per conto di quest’ultimo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e RAGIONE_SOCIALEa somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALEa Cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende. Nulla per le spese in favore del ministero resistente Così è deciso, 06/11/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME