Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13536 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13536 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a COGNOME il 16/01/1970
avverso l’ordinanza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME veniva arrestato in data 21/05/2012 in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare resa dal Giudice per le indagini preliminari de Tribunale di Catania, perché ritenuto gravemente indiziato del reato di cui all’ar 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con il ruolo di organizzatore, commesso nella seconda metà del 2008 e fino al 12/11/2008.
1.2. La Corte di cassazione annullava il provvedimento con cui il Tribunale dei riesame aveva confermato l’ordinanza cautelare in ordine al profilo della possibile retrodatazione della custodia cautelare, ma il Tribunale di Catania, in sede di rinvi confermava il provvedimento cautelare.
All’esito del giudizio di primo grado, l’imputato era condannato per il delitt associativo e per alcuni reati di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90. particolare, egli veniva ritenuto partecipe della consorteria criminale insieme NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOMEcoimputati nel medesimo processo) e NOME COGNOMEper il quale si procedeva separatamente). L’affermazione di responsabilità per il delitto associativo era confermata dalla Cort di appello di Catania con sentenza resa il 19/04/2016, la quale, tuttavia, ritene la partecipazione all’associazione di NOME COGNOME fino al 27/06/2008, mentre escludeva la partecipazione al sodalizio di NOME COGNOME. Non affrontava inoltre la questione della partecipazione all’associazione di NOME COGNOME.
La pronuncia della Corte di appello veniva annullata dalla Suprema Corte con sentenza del 06/12/2017, in considerazione del fatto che la contestazione riguardava la partecipazione ad un’associazione dedita al narcotraffico, a decorrer dalla seconda metà del 2008 e, dunque, dal 1 luglio 2008, cosicché la ritenuta partecipazione di NOME COGNOME fino al 27/06/2008 doveva ritenersi estranea alla contestazione; inoltre, essendo stata esclusa anche la partecipazione di NOME COGNOME, occorreva accertare se sussistesse il requisito del numero minimo di partecipanti in relazione al periodo in contestazione (“nella seconda metà del 2008 e fino al 12/11/2008”).
La Corte di appello di Catania, in sede di rinvio, in data 21/10/2020 assolveva NOME COGNOME dal reato associativo per mancanza del requisito del numero minimo di partecipanti, determinando l’aumento di pena per il reato fine ex art. 73 d.P.R. 309/90, da calcolare in continuazione su pena già inflitta dal Giudic dell’udienza preliminare del Tribunale di Siracusa in data 02/10/2009.
Proposto dall’imputato nuovo ricorso per Cassazione in relazione alla pena inflitta per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, la Suprema Corte, con sent del 01/06/2022, annullava senza rinvio la pronuncia della Corte di appello di Catania
del 21/10/2020, sul rilievo che i fatti oggetto della contestazione erano oggetto separati giudizi.
Decidendo sulla domanda di riparazione proposta da NOME COGNOME in relazione alla detenzione sofferta prima in carcere (per 789 giorni), poi agli arr domiciliari (per 1248 giorni), la Corte di appello di Catania ha ritenuto che domanda non potesse essere integralmente accolta per avere l’istante tenuto una condotta, dolosa e colposa, tale da indurre l’Autorità giudiziaria a disporre mantenere la carcerazione. Sul punto, ha ricordato che le sentenze di merito hanno accertato che egli, nel corso del 2008, aveva realizzato una pluralità di condot ricadenti nell’ambito dell’art. 73 d.P.R. 309/90, aventi ad oggetto quantità rilev di sostanze stupefacenti del tipo pesante, in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME. Il Giudice della riparazione ha altresì valorizzato, in senso ostativo all’invocato indennizzo, anche i contatti con i forni nel territorio lombardo, il possesso di armi di provenienza illecita, l’esistenza di logistiche, individuate dagli inquirenti anche nella sua villetta. Ha poi evidenzi che le dichiarazioni rese da NOME COGNOME nel corso del procedimento, pur essendo ammìssive, sono risultate per la maggior parte reticenti e mendaci.
2.1. Tanto premesso, il Giudice della riparazione ha osservato che, all’esit del giudizio di appello (conclusosi con la sentenza del 19/04/2016), la Cort territoriale – che aveva ritenuto NOME COGNOME partecipe dell’associazione fino una data antecedente alla contestazione e che aveva invece escluso la partecipazione di NOME COGNOME – avrebbe dovuto porsi il problema della partecipazione al sodalizio criminale di NOME COGNOME al fine di verificare sussistenza del requisito del numero minimo di partecipi. Ha pertanto concluso nel senso che a far data dall’anzidetta sentenza di appello erano venuti meno i grav indizi di colpevolezza in ordine al delitto di partecipazione all’associazione dedita narcotraffico, così che non avrebbe potuto mantenersi la custodia cautelare alla quale NOME COGNOME era sottoposto. Ha quindi affermato che la detenzione dell’istante può ritenersi ingiusta a decorrere dal 19/04/2016 e fino al 19/12/201 data della scarcerazione per complessivi 610 giorni, trascorsi dall’istante in regi di arresti domiciliari. Ha così liquidato in favore dell’Alberghina la somm complessiva di euro 71.925,10, a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione.
Avverso l’ordinanza del Giudice della riparazione propone ricorso il difensore che articola un unico motivo con cui deduce la violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. e la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. Rileva che gli elementi menzionati nel provvedimento impugnato come ostativi alla riparazione erano conosciuti dagli inquirenti e dai giudici sin dal 2008 e non eran
stati idonei a determinare la misura custodiale per il reato associativo, l’unico cui è stata emessa l’ordinanza restrittiva che reca la data del 18/05/2012. La dife evidenzia che le indagini si fermarono al 12/11/2008 e, sulla scorta dei risulta acquisiti, fu presentata richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli anzidetti e elencati nell’ordinanza di riparazione (p.4) – escluso l’episodio Pastore, contestato al ricorrente – e per le armi, con procedimento che si definì in udienz preliminare con applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. seguito della sentenza di patteggiamento, l’odierno ricorrente continuò ad essere ristretto in carcere ed agli arresti domiciliari dal 12/11/2008 fino alla da notificazione dell’ordinanza di custodia cautelare (18/21 maggio 2012), con ciò escludendosi ogni possibilità per lui di influire negativamente sull’emissione e s mantenimento della misura cautelare per il reato associativo. Né è dato comprendere perché siano state ritenute mendaci le dichiarazioni del ricorrente in sede di interrogatorio di garanzia sui motivi di un suo viaggio a Milano, atteso ch in atti non si rinvengono fatti idonei a smentire il narrato. E, comunque, l’asser mendacio non ha avuto alcuna incidenza causale sulla privazione della libertà per il reato associativo. Il difensore sostiene pertanto che il ricorrente abbia dir all’indennizzo invocato anche per il periodo precedente la sentenza della Corte di appello, e quindi per tutto il periodo richiesto con la domanda di equa riparazione.
In data 31/10/2024, è pervenuta, nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, memoria dell’Avvocatura generale dello Stato che chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile; in subordine, che sia rigettato.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso s rigettato.
In data 14/11/2024 è pervenuta memoria del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME di replica alla memoria dell’Avvocatura dello Stato e delle conclusioni del PG.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
La valorizzazione da parte del Giudice della riparazione di tutti gli episodi oggetto delle precedenti condanne passate in giudicato è corretta, atteso che l successiva contestazione associativa è scaturita proprio dai predetti episodi che singolarmente considerati, hanno trovato il loro esito processuale in condanne poi
passate in giudicato. L’ordinanza impugnata richiama la pluralità degli episodi di detenzione, trasporto e spaccio di rilevanti quantità di sostanze stupefacenti del ti pesante, consumati dall’istante in concorso con una pluralità di soggetti; i su contatti con i fornitori in territorio lombardo; il possesso di armi di provenie illecita; l’utilizzazione della sua villetta come base logistica. In particolare, il G della riparazione ha ritenuto che gli elementi probatori raccolti, in specie i cont contatti dell’istante con NOME, NOME COGNOME ed il fratello NOME per l’acquist trasporto, la detenzione e la cessione di sostanze stupefacenti, nelle quantit qualità evidenziate, costituiscano elementi ostativi alla riparazione perché tali creare, unitamente all’errore dell’Autorità giudiziaria sul punto, la falsa appare dell’inserimento dell’istante in un contesto associativo.
L’assunto difensivo secondo cui l’odierno ricorrente, poiché ristretto in carcere agli arresti domiciliari dal 12 novembre 2008 fino al 18/21 maggio 2012 (data di notificazione dell’ordinanza di custodia cautelare per il reato associativo), n avrebbe avuto possibilità di influire negativamente sull’emissione e su mantenimento della misura cautelare per il reato associativo, è infondato perché parte dall’erroneo presupposto secondo cui il Giudice della riparazione non avrebbe dovuto considerare gli episodi oggetto dei reati per cui COGNOME egli è stato condannato e che, invece, rappresentavano i fatti storici sulla base dei quali e stata elevata la contestazione associativa.
Generica appare poi la doglianza per cui la Corte di appello si sarebbe riferita condotte di altri soggetti, non quindi del ricorrente e che avrebbe ritenuto sussiste fatti esclusi dal Giudice della cognizione. Il ricorrente, invero, non fornisce alc indicazione di queste circostanze.
Ciò detto, il Collegio reputa che, nel caso di specie, venga in rilevo l’ent dell’indennizzo, non il periodo cui esso è riferito. Dalla motivazione dell’ordinanz impugnata emerge che, in ordine al quantum della liquidazione, su cui la difesa appunta le sue critiche, la Corte territoriale, ritenendo sussistente un profilo colp nella condotta serbata dal ricorrente, attese le precedenti condanne in materia stupefacenti e le frequentazioni nell’ambito del contesto delinquenziale da cui scaturita l’accusa del reato associativo, ha quantificato l’indennizzo in mod corrispondente alla specificità del caso. Di contro, le doglianze espresse sul pun dalla difesa appaiono generiche, limitandosi essa a sostenere che l’indennizzo da liquidare avrebbe dovuto essere maggiore (perché riferito a tutto il periodo, con decorrenza dall’esecuzione dell’ordinanza di misura cautelare per il reato associativo). Tale doglianza, tuttavia, trascura di considerare che il quantum dell’indennizzo è rimesso alla discrezionalità del giudice, che la esercita secondo u criterio di ragionevolezza. Nel caso di specie, vale il consolidato princip giurisprudenziale secondo cui, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ne
liquidare con criterio equitativo il quantum dell’indennizzo dovuto, è sufficiente che il giudice dia conto dei profili pregiudizievoli apprezzati e di tutte le circostanze hanno condotto alla conclusiva determinazione equitativa dell’indennizzo, determinazione sindacabile sotto l’aspetto della motivazione solo sotito proho della intrinseca ragionevolezza del risultato cui è pervenuta (cfr. Sez. n. 27474 del 02/07/2021, COGNOME Marco, Rv. 281513 03; Sez. 4, n. 6282 del 02/12/2005, dep. 2006, COGNOME ed altro, Rv. 233531). Nel caso in esame, tenuto conto del contesto in cui sono maturati i fatti, l’entità d liquidazione non appare di certo irragionevole.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Le spese in favore del Ministero resistente non sono dovute, atteso che, in applicazione del condiviso principio di diritto, già enunciato da sentenze delle Sezioni Unite con riguardo alla parte civil (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME; Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo), in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittim favore dell’Avvocatura generale dello Stato non è dovuta, perché essa non ha fornito alcun contributo, essendosi limitata a richiedere la dichiarazione d’inammissibilit del ricorso, ovvero il suo rigetto, senza contrastare specificamente i motivi impugnazione proposti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla per le spese al Ministero resistente.
Così deciso il 24 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Prektnte