Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26831 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26831 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 21/02/1974 avverso l’ordinanza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha concluso per il rigetto letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso; del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato la domanda proposta nell’interesse di COGNOME Leonardo per la riparazione per ingiusta detenzione relativa alla privazione della libertà personale subita nella forma della custodia cautelare in carcere dall’11 marzo 2013 al 17 febbraio 2017 nell’ambito di un procedimento nel quale era indagato per i delitti di cui agli artt. 416 bis , commi 1,2,3,4,5,6, cod. pen. (capo 1) e agli artt. 110, 81, comma 2, 56, 629, comma 2, cod. pen. (capo 23), conclusosi in primo grado con sentenza assolutoria dal reato associativo per insussistenza del fatto e in grado di appello con sentenza irrevocabile di assoluzione dal reato di cui al capo 23) per non aver commesso il fatto.
2. NOME COGNOME propone ricorso censurando l’ordinanza con unico, articolato motivo per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 314 cod. proc. pen. Secondo la difesa, il giudice della riparazione non ha tenuto nel debito conto quanto emerso e valutato nella sentenza assolutoria. La gravità indiziaria nella fase cautelare era stata tratta dalla presenza, ritenuta sospetta, del COGNOME in una fase antecedente la vicenda estorsiva, nella quale egli si sarebbe fatto latore di una proposta commerciale a un imprenditore. Il giudice della cognizione ha ritenuto trattarsi di circostanza assolutamente inidonea a integrare un giudizio di responsabilità penale per il delitto di tentata estorsione, ma il giudice della riparazione ha ritenuto che quella condotta fosse connotata da colpa grave, solo apparentemente compiendo l’indagine oggetto del giudizio di riparazione per ingiusta detenzione. È stato ipotizzato un rapporto di causa-effetto tra la detenzione e la condotta posta in essere dal COGNOME ma non sono state indicate le ragioni per le quali il sospetto di una sua compartecipazione potesse essere interpretato come indizio di colpevolezza, tale da poter costituire una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato. Viene trascurato che la misura cautelare era stata applicata sulla base del mero sospetto di un coinvolgimento del COGNOME nella vicenda estorsiva e l’aver proposto un mero accordo commerciale, il cui contenuto estorsivo si manifesta alla luce delle successive condotte poste in essere dal COGNOME, è sganciata dall’evento. Tutto si è sviluppato in epoca successiva al momento in cui si colloca la condotta del ricorrente, assolto dal fatto estorsivo per non aver commesso il fatto. Nel caso in esame non vi sono altri elementi che, uniti alla significatività della condotta ante delictum , abbiano costituito il postulato di fatto su cui è stato fondato il giudizio di gravità indiziaria, ma la Corte territoriale ha parlato di colpa grave in termini apodittici. Nel caso in esame appare improponibile l’assioma in base al quale il fatto che un soggetto abbia proposto un accordo commerciale, soltanto successivamente degenerato senza che lo stesso soggetto avesse avuto un benché minimo ruolo, consenta la valorizzazione di quello che le sentenze di merito hanno riferito trattarsi di un mero sospetto, anche perché si tratta di un ante factum . Si era parlato della partecipazione con il ruolo di concorrente del Cuppari in un’estorsione tentata e nel giudizio di cognizione si è discusso se la proposta commerciale, avvenuta in una fase notevolmente risalente nel tempo rispetto all’epoca in cui vi sarebbe stata la degenerazione delittuosa, potesse essere considerato un antefatto eziologicamente ricollegabile alle successive condotte poste in essere autonomamente da altri. Tale collegamento è stato escluso, una volta accertata l’assenza di conoscenza da parte del Cuppari di azioni dirette alla commissione del reato di estorsione. Nel giudizio di cognizione è stato escluso che si potesse parlare di un atto preparatorio idoneo a integrare gli estremi del tentativo punibile per l’impossibilità di istituire un collegamento tra quella condotta e gli atti successivamente posti in essere da altri. Mancando il nesso eziologico, un problema di elemento psicologico neppure si sarebbe posto.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto aspecifico.
Occorre premettere che il ricorso, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), deve indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta, sì da condurre a decisione differente.
L’ordinanza qui impugnata ha evidenziato significative condotte tenute dal COGNOME nella vicenda che ha dato luogo alla custodia cautelare.
COGNOME NOME veniva tratto in arresto da personale della Guardia di Finanza di Vibo Valentia in data 7 marzo 2013 a seguito di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura Dda di Catanzaro per aver svolto, in qualità di partecipe, funzioni operative nel settore delle estorsioni, nell’ambito dell’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, cosca detta ‘ndrina COGNOME, operante in Limbadi, Nicotera e comunque nella provincia di Vibo Valentia.
Le azioni venivano poste in essere dall’articolazione facente capo a COGNOME NOME e COGNOME NOME e il COGNOME aveva intrattenuto continui contatti telefonici con entrambi.
Veniva inoltre accusato del delitto di cui al capo 23) della rubrica, perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con violenza e minaccia e in concorso con COGNOME Agostino, poneva in essere diversi danneggiamenti consistiti: nell’esplosione di colpi d’arma da fuoco all’indirizzo dell’autovettura Toyota Yaris targata TARGA_VEICOLO parcheggiata all’interno del piazzale dell’attività commerciale di Stagno Antonio COGNOME; nell’esplosione di colpi d’arma da fuoco all’insegna della medesima attività commerciale; nella distruzione a mezzo incendio del deposito merci del market dello Stagno; compiendo così atti idonei e diretti a costringere lo Stagno a corrispondere una
tangente pari al dieci per cento dell’incasso della sua attività commerciale, nonché un’ulteriore somma, a sostegno delle spese dal titolo “per i carcerati”.
Le condotte che il giudice della riparazione ha considerato ostative sono le seguenti: l’accompagnamento da parte del COGNOME dei familiari di COGNOME NOME ai colloqui carcerari in Viterbo; l’interessamento personale, unitamente a COGNOME NOME, diretto a procacciare a Raguseo l’autovettura da impiegare per i trasferimenti in Viterbo; la costante interazione tra il COGNOME e COGNOME NOME (più di 800 conversazioni intercettate). Tali elementi sono stati considerati indicativi della contiguità tra il ricorrente e l’esponente ‘ndranghetista COGNOME nonché della cooperazione del primo nella gestione delle attività economiche del secondo.
Il giudice della cognizione ha in appello assolto il COGNOME pur ritenendo credibile la testimonianza della persona offesa COGNOME NOME COGNOME il quale aveva riferito di una serie di danneggiamenti a scopo estorsivo che avevano colpito la sua attività commerciale, culminati nell’incendio della stessa, verificatosi nell’anno 2006: l’imprenditore aveva riportato una dettagliata ricostruzione cronologica degli accadimenti, correlando l’acuirsi delle azioni intimidatorie ai suoi danni al rifiuto di assoggettarsi a COGNOME NOME, opponendosi alle richieste estorsive da quest’ultimo avanzategli direttamente e/o attraverso i suoi “soldati”. Lo COGNOME aveva dichiarato che nel mese di dicembre 2005 COGNOME NOME, che all’epoca era solito frequentare il Market e la sua abitazione, più volte gli aveva anticipato che sarebbe stato meglio se avesse venduto l’attività per andarsene in quanto, a suo dire, la situazione si stava mettendo male, aggiungendo che COGNOME NOME voleva incontrarlo per dirgli di effettuare le forniture a tutti i campeggi e villaggi della zona e che, per tali forniture, avrebbe dovuto riconoscergli una percentuale del 10% sul fatturato. Aveva anche riferito dell’incendio che aveva interessato il magazzino adiacente al suo market e, in merito, aveva precisato che, prima ancora dell’intervento dei Vigili del Fuoco, era sopraggiunto il Cuppari, con il quale aveva poi interrotto i rapporti in quando “non gli ispirava più fiducia”.
Le sentenze assolutorie, secondo quanto precisato nell’ordinanza, non hanno escluso le condotte su indicate nella loro consistenza fattuale.
A parere del giudice dell’appello, anzi, sebbene le circostanze emerse non apparissero univocamente deponenti per la partecipazione del COGNOME alla tentata estorsione con riguardo all’elemento soggettivo, l’unico elemento che avrebbe potuto far sorgere il sospetto di un coinvolgimento dell’imputato nella vicenda era rappresentato dalla circostanza che il COGNOME, per conto del COGNOME, avesse proposto allo Stagno di provvedere alla fornitura dei campeggi e dei villaggi della zona, in cambio della corresponsione di una percentuale del 10% sui ricavi.
Il giudice della riparazione ha, dunque, valorizzato il comportamento tenuto dall’istante, quale soggetto che aveva veicolato alla persona offesa Stagno un messaggio del COGNOME, coimputato e condannato per lo stesso fatto, oltre alle ambigue
frequentazioni dell’istante con il predetto COGNOME nel medesimo contesto temporale e fattuale.
Il provvedimento risulta pienamente rispettoso delle indicazioni ermeneutiche di questa Corte che ha più volte ribadito che la frequentazione ambigua di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta oggettivamente a essere interpretata come indizio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione (Sez. 4, n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262436 – 01; Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258610 – 01; Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259082 – 01; Sez. 4, n. 51722 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257878 – 01).
Il ricorso, per altro verso, trascura di confrontarsi con il complesso di condotte valorizzate dalla Corte territoriale come ostative al riconoscimento del diritto alla riparazione, rimanendo focalizzato sulla «proposta commerciale» fatta dal Cuppari allo Stagno con argomenti che, per quanto rilevanti ai fini dell’assoluzione, non hanno specifica pregnanza nel giudizio di riparazione.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel presente grado di legittimità dal Ministero resistente, che liquida in euro mille.
Così è deciso, 26/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME