Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20972 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20972 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a San Luca il 15/10/1950
altra parte:
Ministero dell’Economia e delle Finanze
avverso l’ordinanza del 09/01/2025 della Corte d’appello di Reggio Calabria.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, quale giudice della riparazione, con l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME ha chiesto la riparazione per la custodia cautelare subita nell’ambito di un procedimento penale in ordine al reato associativo di cui all’art. 416-bis cod. pen. dal quale è stato definitivamente assolto.
Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso l’interessato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 314 cod. proc. pen.
Premette che la vicenda si inserisce nelle emergenze investigative raccolte all’indomani dell’attentato subito da COGNOME Francesco (cl. 1977), alias “NOME“, figlio del ricorrente, che secondo l’ipotesi accusatoria decretò la ripresa
di una faida che sin dal 1993 vedeva contrapposte le famiglie ‘ndranghetiste COGNOME da una parte, e COGNOME/COGNOME, dall’altra.
Lamenta che la Corte territoriale, nel respingere l’istanza, abbia erroneamente valorizzato la conversazione telefonica del 27.11.2006 e le visite compiute dal Pelle al caseggiato di contrada INDIRIZZO Benestare (sede dei INDIRIZZO), avendo omesso di motivare in punto di configurabilità del dolo o della colpa grave di tali comportamenti rispetto all’emissione della misura custodiale.
Osserva che la telefonata in cui il COGNOME parla con tale NOME (comunque identificato in NOME COGNOME, estraneo al contesto associativo) non è significativa, presentando margini di ambiguità; mentre le visite fatte alla contrada INDIRIZZO di Benestare, ove abitavano gli esponenti della cosca COGNOME (legata a quella dei COGNOME), erano avvenute oltre un anno dopo l’attentato ai danni del figlio dell’istante, NOME (detto “NOME Pakistan”), e potevano trovare spiegazione in ragioni diverse da quelle attinenti al contesto associativo oggetto di procedimento penale.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Si è costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
La Corte territoriale ha correttamente esaminato la questione sottoposta al suo esame secondo i parametri richiesti dalla disposizione di cui all’art. 314 cod. proc. pen., valutando in maniera congrua e logica, e con l’autonomia che è propria del giudizio di riparazione, la ricorrenza di una condotta ostativa determinata da dolo o colpa grave, avente effetto sinergico rispetto all’emissione della misura custodiale nei confronti dell’interessato.
È infatti noto che, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, la colpa che vale ad escludere l’indennizzo è rappresentata dalla violazione di regole, da una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può insorgere, grazie all’efficienza sinergica di un errore dell’Autorità giudiziaria, una misura restrittiva della libertà personale. Il concetto di colpa che assume rilievo quale condizione ostativa al riconoscimento dell’indennizzo non si identifica con la “colpa penale”, venendo in rilievo la sola componente oggettiva della stessa, nel
senso di condotta che, secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, possa aver creato una situazione di prevedibile e doveroso intervento dell’Auto giudiziaria. Anche la prevedibilità va intesa in senso oggettivo, quindi non c giudizio di prevedibilità del singolo soggetto agente, ma come prevedibil secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, in relazione alla possibilità che la condotta possa dare luogo ad un intervento coercitivo dell’auto giudiziaria. Pertanto, è sufficiente considerare quanto compiuto dall’interessat piano materiale, traendo ciò origine dal fondamento solidaristico dell’indenniz per cui la colpa grave costituisce il punto di equilibrio tra gli antagonisti in campo.
Va inoltre considerato che il giudice della riparazione, per stabilire se patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o co grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabil valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autono rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integ estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingene ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza d sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013 – d 2014, Maltese, Rv. 259082 – 01). La valutazione del giudice della riparazion insomma, si svolge su un piano diverso, autonomo rispetto a quello del giudice d processo penale, ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha pie ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalu bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azion natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’even sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (Sez. U, del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME ed altri, Rv. 203638 – 01).
Da questo punto di vista, l’ordinanza impugnata ha fornito un percors logico motivazionale intrinsecamente coerente e rispettoso dei principi di dir connessi all’istituto della riparazione.
La Corte territoriale, valutando autonomamente il materiale probatori utilizzato dai giudici di merito, ha fondatamente ritenuto che il comportamento Pelle, pur ritenuto privo di rilevanza penale, ha contribuito colposament maniera decisiva all’emissione della misura cautelare.
Allo scopo sono stati valorizzati specifici comportamenti del COGNOME, non escl dal giudice della cognizione, con particolare riferimento alla visita comp dall’istante alla contrada Bosco del comune di Benestare – dove abitano e s riuniscono molti membri della famiglia COGNOME, affiliati ai COGNOME (cosca COGNOME/Vo – ove il ricorrente, come accertato dalla sentenza assolutoria, “venne accolto con
evidente tensione e salutato con rispetto dai presenti”. Nel corso del trasferimento verso tale destinazione, inoltre, COGNOME NOME aveva viaggiato, accompagnato dalle sue figlie, nascosto con il capo abbassato sul sedile posteriore. Sul punto, in sede di interrogatorio, il ricorrente aveva addotto una spiegazione (di averlo fatto perché “aveva paura delle frenate”) ritenuta plausibilmente risibile e illogica.
I giudicanti hanno legittimamente opinato nel senso che tale visita avvenne in un periodo di viva preoccupazione per le possibili vendette trasversali che potevano attingere anche altri membri della famiglia COGNOME, nell’ambito di una situazione che aveva visto il figlio di NOME NOME gravemente ferito a seguito di un agguato mafioso. In tal senso è stata anche valorizzata la telefonata intercettata tra l’istante e tale NOMECOGNOME che lo contattava per sapere come stava suo figlio dopo l’attentato, durante la quale COGNOME NOME affermava che una cosa del genere loro non se l’aspettavano e, di seguito, all’invito rivoltogli dall’interlocutore di stare tranquillo e di non farsi prendere dalla pazzia, il Pelle ribatteva: “siamo pazzi…siamo pazzi”, aggiungendo che se il figlio non si fosse ripreso sarebbero state “cose amare”.
Si tratta di elementi che la Corte della riparazione ha congruamente ritenuto significativi e idonei a contribuire a creare l’equivoco circa il coinvolgimento del ricorrente nelle gravi vicende di rilevanza penale connesse all’esistenza e all’agire dell’associazione di tipo mafioso della cosca COGNOMECOGNOME, ed in particolare in ordine alla sua posizione di affiliato di rilievo nell’ambito di tale sodalizio criminoso. Trattandosi di comportamenti direttamente ascrivibili al Pelle, i giudici territoriali hanno ragionevolmente reputato come il medesimo abbia, con grave imprudenza, contribuito a dare causa alla misura cautelare subita, trattandosi di situazioni atte a determinare interventi coercitivi dell’Autorità.
In questa prospettiva, va qui ribadito il costante insegnamento secondo cui, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, integra la condizione ostativa della colpa grave la condotta di chi, nei reati associativi, abbia tenuto comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità al sodalizio criminale, mantenendo con gli appartenenti all’associazione frequentazioni ambigue, tali da far sospettare il diretto coinvolgimento nelle attività illecite (Sez. 4, n. 574 del 05/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287302 – 01; Sez. 4, n. 49613 del 19/10/2018, B., Rv. 273996 – 01; Sez. 4, n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262436 01).
4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il ricorrente, quale parte soccombente, va anche condannato alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore del Ministero resistente,
liquidate in mille euro.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dal Ministero resistente, che
liquida in euro mille.
Così deciso il 13 maggio 2025
Il Consig ” re estensore
Il Presidente