Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26586 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26586 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LEGNANO il 10/08/1995
contro
:
Ministero dell’Economia e delle Finanze
avverso l’ordinanza del 13/03/2025 della Corte d’appello di Milano
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione presentata nell’interesse di COGNOME NOME in relazione alla privazione della libertà personale subìta, nella forma della custodia cautelare in carcere, dal 4 luglio 2019 al 16 aprile 2020 e, nella forma degli arresti domiciliari, sino al 22 giugno 2020 n ell’ambito di un procedimento nel quale era indagato per il reato di cui agli artt. 110, 81,610 e 416 bis .1 cod. pen. conclusosi con sentenza della Corte di appello di Milano, irrevocabile il 30 maggio 2022, confermativa della sentenza di non doversi procedere per mancanza di querela emessa dal Tribunale di Milano, previa riqualificazione del fatto nel reato di cui a ll’ art. 581 cod. pen.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza, con unico motivo, per violazione dell’ art. 314 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, ritenendo che la Corte di appello abbia fondato il rigetto dell’istanza esclusivamente su elementi fattuali desunti dal provvedimento cautelare originario, abbia travisato il contenuto dell’interrogatorio, abbia ritenuto sufficiente
la contiguità familiare e ambientale con soggetti legati alla criminalità organizzata e abbia omesso di valutare criticamente il dato, documentato e non controverso, che la riqualificazione del fatto in termini meno gravi è avvenuta sulla base del medesimo compendio istruttorio già disponibile all’atto della richiesta della misura. Secondo la difesa, la sentenza di non doversi procedere fondata sulla riqualificazione del fatto e sulla mancanza di querela esclude la sussistenza di condotte di particolare gravità e ogni elemento compatibile con una condotta dolosa o gravemente colposa che abbia determinato la misura, dovendosi ricondurre l’errore esclusivamente all’organo giudiziario che ha emesso la misura sulla base di una erronea qualificazione giuridica del fatto.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il M inistero dell’ Economia e delle Finanze ha depositato memoria concludendo p er l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondatamente proposto.
La Corte territoriale ha rigettato la domanda ritenendo sussistente la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione consistente in un comportamento idoneo a creare l’apparenza di una condotta coartante nei confronti della persona offesa, aggravato dall’utilizzo del metodo mafioso.
Tale motivazione è errata in diritto in quanto, nel caso in esame, si verte in un’ipotesi di ingiustizia formale, essendo stato accertato all’esito del giudizio di merito il venir meno delle condizioni di applicabilità della misura cautelare; il giudice della riparazione non avrebbe dovuto, dunque, semplicemente prendere in considerazione la sussistenza della condotta ostativa prevista dall’art. 314 cod. proc. pen., dovendosi avere riguardo ab origine alla diversa qualificazione del fatto contestato nell’imputazione come reato punibile con pene edittali inferiori a quelle indicate nell’art. 280, comma 1, cod. proc. pen.
N el caso in esame, in particolare, il reato di cui all’ art. 610 cod. pen. aggravato ai sensi dell’ art. 416 bis .1 cod. pen. è stato diversamente qualificato ai sensi dell’ art. 581 cod. pen. Tale figura delittuosa, seppur aggravata ai sensi
dell’ art. 416 bis .1 cod. pen. da circostanza che rileva ai fini del computo della pena massima irrogabile ai sensi dell’ art. 278 cod. proc. pen., comunque non avrebbe consentito l’applicazione della custodia cautelare in carcere secondo quanto previsto dall’ art. 280 cod. proc. pen. in quanto si tratta di reato punito con pena edittale della reclusione fino a sei mesi.
Il caso è, dunque, quello esaminato dalla sentenza con la quale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono state chiamate a pronunciarsi sulla questione se la circostanza dell’avere dato o concorso a dare causa alla misura custodiale per dolo o colpa grave operi quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione anche nell’ipotesi, di cui all’art. 314, comma 2, cod. proc.pen., di riparazione per sottoposizione a custodia cautelare in assenza delle condizioni di applicabilità di cui agli artt. 273 e 280 cod. proc.pen. (Sez. U, n.32383 del 27/05/2010, COGNOME Rv. 247663 – 01).
4.1. Il diritto alla riparazione viene, infatti, riconosciuto, in via principale, nel comma 1 dell’art. 314 cod. proc.pen., con riferimento all’ipotesi di una custodia cautelare (nozione comprensiva sia della custodia carceraria che di quella domiciliare), la cui ingiustizia (cosiddetta ingiustizia sostanziale) derivi, non da elementi afferenti al momento della sua applicazione bensì dal semplice dato postumo del definitivo proscioglimento del soggetto con una delle ampie formule in facto o in iure previste. Il riconoscimento del diritto è esplicitamente subordinato alla condizione della inesistenza di una condotta dolosa o gravemente colposa del soggetto causativa o concausativa della custodia stessa.
4.2. Ai sensi dell’art. 314, comma 2, cod.proc.pen., il diritto alla riparazione spetta anche al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 cod.proc.pen. Le disposizioni citate si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti siano pronunciati il provvedimento di archiviazione ovvero la sentenza di non luogo a procedere. L’ipotesi normativa prevista dall’art. 314, comma 2, cod.proc.pen. riguarda, pertanto, i casi in cui, a prescindere dall’esito del processo (quindi anche in caso di condanna), venga accertato con decisione irrevocabile che la custodia cautelare è stata disposta o mantenuta illegittimamente (ingiustizia formale della restrizione subita dall’imputato: in questo caso l’ingiustizia appartiene alla situazione cautelare, rilevano cioè i vizi della misura tipizzati dal legislatore ed accertati con provvedimento irrevocabile), cioè nell’assenza delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 (gravi indizi di colpevolezza, cause di giustificazione e di
non punibilità, cause di estinzione del reato) e 280 cod. proc. pen. (titolo del reato, ovvero nell’ipotesi del reato punito con pena edittale inferiore al limite quantitativo ivi indicato).
4.3. Nel secondo comma dell’articolo, lo «stesso diritto» (di cui al primo comma) è dunque riconosciuto, indipendentemente dall’esito finale del processo di merito, a chiunque sia stato sottoposto a custodia cautelare, della cui applicazione sia stata accertata, con decisione irrevocabile, la non conformità alle previsioni di cui agli artt. 273 e 280 cod. proc.pen. (cosiddetta ingiustizia formale). La richiamata pronuncia Sez. U DCOGNOME ha, tuttavia, ritenuto necessario per il riconoscimento del diritto alla riparazione non solo una pronuncia definitiva (di merito o cautelare) che abbia accertato l’insussistenza delle condizioni di applicabilità della misura cautelare, ma anche che l’illegittimità della misura cautelare fosse riconoscibile dal Giudice per le indagini preliminari nel momento in cui emise il provvedimento.
4.4. La disposizione della quale si tratta ha trovato applicazione estensiva in numerose pronunce della Corte di legittimità nelle quali si è riconosciuto il diritto all’indennizzo anche in caso di derubricazione, avvenuta in sede di merito, del reato contestato in altro per il quale non era consentita, in ragione della pena edittale, l’adozione di misura custodiale (Sez. 4, n. 16175 del 22/04/2021, COGNOME, Rv. 281038 -01; Sez. 4, n. 8021 del 28/01/2014, COGNOME, Rv. 258621 -01; Sez.4, n.13559 del 2/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv.253319 -01; Sez. 4, n. 21342 del 19/04/2011, Calabrese, Rv. 250474 – 01; Sez. 4, n.36907 del 5/06/2007, COGNOME, Rv. 237317 -01).
Risulta, quindi, imprescindibile, in ossequio ai principi espressi dalla più volte citata pronuncia Sez. U DCOGNOME, che il giudice della riparazione verifichi se l’assenza delle condizioni di applicabilità della misura sia stata affermata (nel procedimento cautelare o nel giudizio di merito) sulla base di decisivi elementi emersi in un momento successivo a quello della sua adozione (o conservazione) ovvero sulla base dei medesimi elementi conosciuti dal giudice della cautela. Se, infatti, il giudice per le indagini preliminari fosse stato oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura, nessuna efficienza causale nella sua determinazione potrebbe avere avuto la condotta dolosa o gravemente colposa dell’indagato (Sez. 4, COGNOME, cit.).
Nel caso concreto, il giudice della riparazione era tenuto a tale verifica, dovendosi confrontare con l’esito finale del giudizio di cognizione, che ha diversamente qualificato il fatto nel delitto di percosse, punito con pena inferiore ai limiti di applicabilità delle misure cautelari detentive, valutando la sussistenza di una condotta ostativa solamente ove il giudice della cognizione si sia
pronunciato sulla scorta di un quadro probatorio diverso e più ampio di quello a disposizione del giudice della cautela.
Tali ragioni inducono ad annullare l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Milano che, nell’esaminare la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, si atterrà ai principi sopra espressi. Al giudice del rinvio è altresì demandata la regolamentazione tra le parti delle spese inerenti al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano, cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimita’.
Così è deciso, 03/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME