Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 5649 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 5649 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/05/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG
letta la memoria RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato, n.q. di difensore del RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto dichiarararsi l’inammissibilità del ricorso o, in via subordinata, il rigetto;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta nell’interesse di COGNOME NOME.
1.1. Il COGNOME chiedeva la riparazione per la detenzione ingiustamente patita nella misura di due anni, due mesi e quindici g i orn i di reclusione, in executívis. Egli, condanNOME a quattro anni di reclusione con sentenza del 2009, aveva espiato interamente la pena. Successivamente, nel 2015, era stato condanNOME per altro reato, unificato in continuazione con il reato giudicato nel 2009, e il giudice penale aveva ritenuto più grave il reato giudicato nel 2015, determinando in anni quattro la pena per il secondo reato, più grave, aumentata di mesi otto per il reato giudicato nel 2009. Poiché, tuttavia, il reato giudicato nel 2015 era stato commesso dopo la detenzione patita dall’istante in espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena inflittagli con la sentenza del 2009, la Procura Generale ed il Giudice RAGIONE_SOCIALE‘Esecuzione rigettavano l’istanza di attribuzione in fungibilità ex art. 657 cod. proc. pen. RAGIONE_SOCIALEa detenzione patita per la condanna del 2009 alla pena inflitta con la condanna del 2015. Il COGNOME, pertanto, aveva scontato interamente anche la pena relativa alla condanna ad anni quattro e mesi otto inflittagli nel 2015 e, cioè, complessivamente, la pena di anni otto e mesi otto, a fronte di due reati che, unificati in continuazione, recavano nei suoi confronti la condanna alla pena complessiva unificata di anni quattro e mesi otto, con una differenza a suo sfavore di anni quattro, ridotti poi ad anni due, mesi due e giorni quindici per effetto di attribuzione in fungibilità ad altro titolo del residuo period Chiedeva, pertanto, che tale differenza di pena effettivamente espiata, non potendo essere attribuita in fungibilità, ma riferendosi ai due reati unificati in continuazione, dovesse intendersi come pena espiata in eccesso e, dunque, come detenzione ingiustamente patita, secondo l’insegnamento di cui alla sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale n. 219 del 2008. 1.2 La Corte di appello ha respinto l’istanza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si è premesso che il ricorrente invocava l’applicazione del generale principio affermato in materia nella sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale n. 219 del 2008, secondo la quale la riparazione può trovare applicazione anche alla detenzione sofferta in executivis e nei casi di riparazione costituzionalmente imposta.
Effettivamente, la pena definita dalla sentenza irrevocabile è diversa dalla pena definitiva a seguito dei provvedimenti di esecuzione, e, pertanto, è consentita anche la riparazione RAGIONE_SOCIALEa detenzione ingiustamente patita in executivis; in tal caso, tuttavia, l’ingiustizia deve derivare da un errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, che non può mai essere rinvenuto nell’esercizio di un potere di apprezzamento discrezionale e che va
ricercato nelle eventuali violazioni di legge. Nella fattispecie de qua, la Corte distrettuale non ha rilevato errori del giudice o del P.M. o violazioni di legge. Infatti, in sede esecutiva non ha attribuito all’espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena inflitta nel 2015, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 657, comma 4, cod. proc. pen., la pena già espiata per la condanna del 2009, dal momento che il secondo reato pur avvinto in continuazione con il primo, è stato commesso dopo l’espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena sofferta in relazione al primo. La Procura generale, il giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione e la Corte di Cassazione avevano respinto le istanze, con le quali il COGNOME aveva sostenuto la tesi RAGIONE_SOCIALE‘inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE‘art. 65 cit., nel caso in cui il secondo reato, pur commesso dopo la detenzione patita per il primo, sia unificato con quest’ultimo dal vincolo RAGIONE_SOCIALEa continuazione.
Pertanto, non è possibile riconoscere alcun diritto alla riparazione nella detenzione patita dal ricorrente. Né sul punto può essere sollevata questione di legittimità A costituzionale, perché la Corte Costituzionale si è già espressa gg~ e perché il principio posto dall’art. 314 cod. proc. pen. è costruito sul parametro costituzionale RAGIONE_SOCIALEa riparazione degli errori giudiziari, sicché in assenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria non è dovuta alcuna riparazione, il che riconduce le doglianze RAGIONE_SOCIALE‘istante nel diverso ambito, estraneo a questa sede giurisdizionale, de iure condendo.
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la suindicata ordinanza, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. peri, nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto insussistenti i presupposti per l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina RAGIONE_SOCIALEa “riparazione per l’ingiusta detenzione” e, in via subordinata, accoglimento RAGIONE_SOCIALEa questione di legittimità costituzionale di tale disposizione; violazione RAGIONE_SOCIALEe norma di cui agli artt 5, par. 5 e art. 6 CEDU nonché art. 9 par. 5 e art. 14 PIDCP nella parte in cui prevedono il right to compensation.
Si deduce che le suindicate norme pattizie non consentono restrizioni RAGIONE_SOCIALEa libertà personale in mancanza RAGIONE_SOCIALEa cd. “doppia riserva, di legge e di giurisdizione” ex art. 13, comma secondo, Cost..
Nella fattispecie in esame è rinvenibile la previsione di legge (art. 657, comma 4, cod. proc. pen.) ma non la statuizione giurisdizionale (essendo stata nei fatti obliterata da quella norma del codice di rito la – più favorevole – determinazione RAGIONE_SOCIALEa pena quale “cumulo giuridico” in conseguenza RAGIONE_SOCIALEa riconosciuta continuazione tra reati).
Il COGNOME aveva subito una detenzione senza titolo pari ad anni due, mesi due e giorni quindici di reclusione, sebbene non avesse compiuto azioni, che potessero avervi dato causa. Tale circostanza era stata determinata in ragione del riconoscimento in due distinti processi RAGIONE_SOCIALE‘istituto RAGIONE_SOCIALEa continuazione ex art. 81 cod. proc. pen., il quale è stato di fatto obliterato in sede esecutiva in applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 657,
comma 4, cod. proc. pen. Il COGNOME, dunque, sta espiando in carcere il cumulo materiale RAGIONE_SOCIALEe pene, sebbene i giudici abbiamo ritenuto sussistenti i presupposti del cumulo giuridico. Gli effetti RAGIONE_SOCIALEa detenzione senza titolo, così venutasi a generare, erano ricaduti a carico del condanNOME, che sta espiando una pena maggiore di quella imposta dai giudici. Ciò è dovuto alla ritenuta compatibilità tra la continuazione ex art. 81 cod. pen. e il divieto di computo RAGIONE_SOCIALEa pena espiata, di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.. Contrariamente a quanto affermato dal Giudice a quo, l’interpretazione costituzionalmente orientata impone il riconoscimento del ristoro per ingiusta detenzione.
La legge delega enuncia la direttiva RAGIONE_SOCIALEa riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione, senza porre limitazioni circa il titolo RAGIONE_SOCIALEa detenzione stessa o le ragioni RAGIONE_SOCIALE‘ingiustizi (sentenze n. 231 e n. 413 del 2004). Tramite l’art. 314 cod. proc. pen. il legislatore ha voluto attrarre nell’area RAGIONE_SOCIALEa riparazione ipotesi che esulano dalla erroneità del provvedimento giurisdizionale posto a base RAGIONE_SOCIALEa detenzione, per abbracciare casi recanti una «oggettiva lesione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale, comunque ingiusta alla stregua di una valutazione ex post» (sentenze RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale n. 413, n. 231, n. 230 del 2004 e n. 446 del 1997). Nel contempo, è stato configurato un istituto, che si presta, quanto alle modalità applicative, ad essere esteso ad ogni ulteriore ipotesi che si rivelasse costituzionalmente imposta (sentenza n. 219 cit.). In tale ultima pronuncia è affermato che la Carta Costituzionale impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela che possano pregiudicare l’attuazione del nucleo irriducibile dei diritti inviolabili (sentenze n. 252 del 2001, n. 509 del 2000, n. 309 del 1999 e n. 267 del 1998). La giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte Costituzionale ha ampliato le maglie RAGIONE_SOCIALE‘istituto di cui all’art. 314 cod. proc. pen. anche a casi non tipizzati, tra cui rien quello di cui al presente ricorso.
Qualora non si ritenesse possibile giungere a tali conclusioni sulla scorta RAGIONE_SOCIALEa sola attività interpretativa, dovrebbe essere prospettata l’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen. «nella parte in cui .non prevede il diritto all’equa riparazione anche per la carcerazione ingiustamente patita quale “detenzione senza titolo”, non più recuperabile a titolo di presofferto».
2.2. Violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen., nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto insussistenti i presupposti per l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina RAGIONE_SOCIALEa riparazione per l’ingiusta detenzione e per la violazione RAGIONE_SOCIALEe norma di cui agli artt. 5, par. 5 e 6 CEDU, 9 par. 5 e 14 PIDCP nella parte in cui prevedono il right to compensation.
Si rileva che il COGNOME dopo la notifica RAGIONE_SOCIALE‘ordine di esecuzione adiva il giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione, chiedendo il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa detenzione senza titolo quale presofferto, sostenendo la tesi RAGIONE_SOCIALE‘ontologica incompatibilità tra art. 81 cod. pen. e art. 657, comma 4, cod. proc. pen.. Tuttavia, il ricorso avverso quell’ordinanza era rigettato e stessa sorte ha poi sortito il ricorso per Cassazione. Orbene, tale detenzione
senza titolo, se non utilizzabile quale presofferto, si pone quale presupposto legittimante la domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione.
Se ciò non fosse, si verrebbe a paragonare la detenzione senza titolo ad un “fatto”, in quale tale privo di rilievo giuridico, posto a carico di chi lo abbia soffer Vi ostano, tuttavia, i principi di cui agli artt. 13, commi primo e secondo, Cost., in quanto, nonostante la rinvenibilità nell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen. RAGIONE_SOCIALEa “fonte legale” di privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale (in funzione derogatoria del cumulo giuridico imposto a seguito del riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa continuazione tra reati ex art. 81 cod. pen.), non è però individuabile il “provvedimento giudiziario”, in quanto con la sentenza definitiva il COGNOME era stato condanNOME ad una pena notevolmente inferiore a quella da lui materialmente scontata. La soluzione, dunque, è costituzionalmente imposta, non potendo restare senza rimedio.
Peraltro, se l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa continuazione prevede che il soggetto si sia determiNOME a commettere più delitti ancor prima RAGIONE_SOCIALEa commissione del primo reato, non si può poi sostenere la tesi del divieto di utilizzo RAGIONE_SOCIALEa precedente carcerazione (ex art. 657, comma 4, cod. proc. pen.) siccome tale detenzione rappresenta un “credito detentivo”, che lo ha spinto a delinquere commettendo il secondo fatto-reato. O si afferma che il progetto pluri-delittuoso è antecedente alla commissione del primo fatto (elemento strutturale del reato continuato), per cui non sussiste un’altra ed ulteriore spinta a delinquere dopo di esso; o si afferma che dopo la pena irrogata per il primo reato si è concepito un altro proposito criminoso, sostenuto dall’eventuale credito di pena di cui alla prima carcerazione, così negando la sussistenza dei presupposti del reato continuato.
L’art. 81 cod. pen. presuppone la necessaria previa pianificazione di più delitti, mentre l’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., presuppone una successiva e differente spinta delinquenziale, che lo avrebbe mosso a commettere il secondo delitto, dopo la prima carcerazione. Pertanto, sussiste un’incompatibilità strutturale tra tali disposizioni, in quanto, se riconosciuta la continuazione tra più fatti-reato (che presuppone una già maturata spinta delinquenziale per più reati), non può sostenersi che successivamente alla commissione di taluno di essi si sia maturata una nuova spinta criminosa proprio per i reati inizialmente concepiti, che sola giustifica la applicazione RAGIONE_SOCIALEa norma del codice di rito (essendo la sua ratio evitare le spinte delinquenziakt dettate da un credito di pena).
Con memoria del 7 dicembre 2023, il RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato, rileva che il comportamento del ricorrente era idoneo a trarre in inganno l’autorità giudiziaria e a porsi come situazione sinergica alla causazione RAGIONE_SOCIALEa detenzione.
UI
Egli aveva posto in essere / per macroscopica imprudenza e superficialità una situazione tale da costituire una prevedibile ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria. Il RAGIONE_SOCIALE, quindi, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso o, in via subordi nata, il rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La questione prospettata dalla difesa del COGNOME coi due motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto evidentemente tra loro connessi, verte sulla possibilità di inquadrare tra le ipotesi di ingiusta detenzione derivante da vicende successive alla condanna, quella di detenzione risultata maggiore per effetto del riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa continuazione ex art. 671 cod. pen. tra reati di cui a distinte sentenze di condanna, qualora la pena per il primo reato sia stata interamente scontata e, successivamente, sensibilmente ridotta in executivis, per essere lo stesso stato ritenuto reato satellite, e il reato successivo commesso dopo la detenzione patita per il primo.
Il consolidato criterio interpretativo applicato da questa Corte impone di riconoscere il diritto alla riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen, anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa pena, purché sussista un errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, e non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo RAGIONE_SOCIALE‘interessato che sia stato causa o concausa RAGIONE_SOCIALE‘errore il quale, per definizione, non può mai rinvenirsi nell’esercizio di un potere di apprezzamento discrezionale e che va invece ricercato nelle eventuali violazioni di legge (Sez. 4, n. 37234 del 28/09/2022, COGNOME, non massimata, riguardante fattispecie caratterizzata dal riconoscimento in fase esecutiva del vincolo RAGIONE_SOCIALEa continuazione; Sez. 4, n. 28385 del 05/07/2022, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 28452 del 30/06/2022, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 9721 del 01/12/2021, deo. 2022, COGNOME, Rv. 282857, che ha concretamente applicato il principio in fattispecie relativa al periodo di detenzione ingiustamente sofferto da un soggetto condanNOME per il delitto di peculato a seguito RAGIONE_SOCIALEa ritenuta inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘istanza di affidamento in prova ai servizi sociali fondata sull’erronea applicazione retroattiva RAGIONE_SOCIALEa disciplina ostativa alle misure alternative alla detenzione, introdotta dall’art. 1, comma 6, lett. b, I. n. 3 del 2019; Sez. 4, n. 44978 del 04/11/2021, Venturi, Rv. 282247, con riferimento a fattispecie relativa a detenzione sofferta per un reato coperto da indulto e per un reato depenalizzato, Tea annullando con rinvio l’ordinanza che aveva escluso il diritto all’indennizzo, ravvisando una condotta gravemente colposa nel ritardo RAGIONE_SOCIALE‘instante nell’eccepire l’abolitio criminis e l’interve-
nuto indulto, senza però attribuire rilievo all’omessa rilevazione RAGIONE_SOCIALEe medesime evenienze da parte RAGIONE_SOCIALE‘Autorità giudiziaria; Sez. 4, n. 25092 del 25/05/2021, COGNOME, Rv. 281735, che ha ritenuto non configurabile un errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente in relazione alla detenzione sofferta in esecuzione RAGIONE_SOCIALEa pena inflitta con una sentenza irrevocabile, per la quale era stato successivamente concesso il beneficio RAGIONE_SOCIALEa sospensione condizionale RAGIONE_SOCIALEa pena; Sez. 4, n. 17118 del 14/01/2021, COGNOME, Rv. 281151, ha applicato il principio in fattispecie caratterizzata da esecuzione RAGIONE_SOCIALEe pene applicate con due sentenze di patteggiamento, per gli stessi fatti, e di successivo accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘istanza proposta al giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione di revoca RAGIONE_SOCIALEa sentenza che aveva applicato la pena più grave, e ha ritenuto ingiusto e non addebitabile all’imputato il periodo di detenzione subita dopo la presentazione di tale istanza; Sez. 4, n. 57203 del 21/09/2017, Paraschiva, Rv. 271689, che ha richiamato anche Corte E.D.U., 24 marzo 2015, ric. n. 39824/07, in causa Messina c. Italia).
La Corte di legittimità si è orientata nel senso di riconoscere rilievo anche alle vicende successive alla condanna e inerenti all’esecuzione. La sentenza Sez. 4, n. 57203 del 2017 cit. ha illustrato le plurime fattispecie di ordine di esecuzione illegittimo – o divenuto tale successivamente – per fattori non ascrivibili a comportamento doloso o colposo del condanNOME, nelle quali questa Corte, in applicazione dei predetti principi, ha riconosciuto il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione: a) ordine di esecuzione legittimamente emesso, ma relativo a pena che, a causa del lungo arco temporale intercorso tra l’emissione del titolo e la sua esecuzione, si era poi estinta ex art. 172 cod. pen. (senza che rilevasse l’assenza di un’espressa declaratoria di estinzione RAGIONE_SOCIALEa pena) (Sez. 4, n. 45247 del 20/10/2015, Myteveli, Rv. 264895); b) ordine di esecuzione relativo a pena già estinta per indulto, anche se non ancora applicato dal giudice di esecuzione (Sez. 4, n. 30492 del 12/06/2014, COGNOME, Rv. 262240); c) periodo di detenzione eccedente a quello risultante dall’applicazione RAGIONE_SOCIALEa liberazione anticipata, in conseguenza di un ordine di esecuzione non ancora aggiorNOME al nuovo fine pena (Sez. 4, n. 18542 del 14/01/2014, COGNOME, Rv. 259210); d) tardiva esecuzione RAGIONE_SOCIALE‘ordine di scarcerazione disposto per liberazione anticipata per il periodo di detenzione ingiustamente sofferto (Sez. 4, n. 47993 del 30/09/2016, COGNOME, Rv. 268617); e) esecuzione sofferta in virtù di ordine di esecuzione legittimo, ma successivamente revocato per effetto di provvedimento di restituzione in termini per proporre impugnazione e successiva assoluzione (Sez. 4, n. 54838 del 13/11/2018, COGNOME, non massimata); f) applicazione RAGIONE_SOCIALE‘isolamento diurno per erronea predisposizione di ordine di esecuzione (Sez. 4, n. 18358 del 10/01/2019, COGNOME, Rv. 276258); g) sentenza dichiarativa di non doversi procedere per ne bis in idem pronunciata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 649, comma 2, cod. proc. pen., a seguito RAGIONE_SOCIALEa rescissione del precedente giudicato in ragione RAGIONE_SOCIALEa nullità del decreto di latitanza (Sez. 4, n. 42328 del 02/05/2017, Saulo, Rv. 270818).
Tali pronunzie sono tutte convergenti nel senso RAGIONE_SOCIALEa più ampia tutela in caso di ingiusta detenzione per errore nella fase RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione RAGIONE_SOCIALEa pena. Il criterio interpretativo attualmente prevalente impone di riconoscere il diritto alla riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen. anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione RAGIONE_SOCIALEa pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo RAGIONE_SOCIALE‘interessato che sia stato concausa di errori o ritardi nell’emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione RAGIONE_SOCIALEa pena (Sez. 4, n. 171.18 del 14/01/2021, COGNOME, Rv. 281151; Sez. 4 n. 57203 del 2017 cit.), con la precisazione che la detenzione sine titulo legittimante il diritto alla riparazione sussiste solo qualora si verifichi violazione di legge da parte RAGIONE_SOCIALE‘autontà procedente e non anche qualora la discrasia tra pena definitiva e pena irrogata consegua all’esercizio di un potere discrezionale (Sez. 4, n.25092 del 25/05/2021, Iorio, Rv. 281735).
Tale indirizzo interpretativo si fonda sulla distinzione fra il piano RAGIONE_SOCIALEa irrevocabilità RAGIONE_SOCIALEa condanna quello RAGIONE_SOCIALEa definitività RAGIONE_SOCIALEa pena. Nel vigente sistema processuale (che attribuisce grande spazio agli interventi del giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione e del magistrato di sorveglianza sul trattamento sanzioNOMErio), i conc:etti di pena definita da pronuncia irrevocabile e quello di pena definitiva (per tale potendosi intendere solo quella determinata all’esito RAGIONE_SOCIALEa complessiva gestione giudiziale del trattamento sanzioNOMErio) non possono, dunque, ritenersi coincidenti (Sez. 4, n. 57203 del 2017 cit., in motivazione; Sez. 4, n. 37234 del 28/09/2022, COGNOME, non massimata).
Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha correttamente applicato i principi di diritto elaborati anche dalla giurisprudenza di legittimità, che presiedono alla riparazione RAGIONE_SOCIALEa detenzione ingiusta patita in conseguenza di vicende successive alla condanna.
La Corte distrettuale, infatti, ha rilevato che la diversa entità RAGIONE_SOCIALEa pena da eseguire non era conseguente ad un ordine di esecuzione illegittimo o errato, bensì all’esercizio del potere discrezionale da parte del giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione, che aveva riconosciuto il vincolo RAGIONE_SOCIALEa continuazione tra i reati oggetto di diverse pronunce. La detenzione patita in eccesso, contrariamente a quanto rilevato nel ricorso, in ipotesi di tal fatta, non può essere ritenuta “ingiusta”, bensì solo “fisiologica” conseguenza RAGIONE_SOCIALEa rideternninazione RAGIONE_SOCIALEa pena in sede esecutiva da parte del giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione (Sez. 4, n. 26532 del 10/05/2023, COGNOME, non massimat:a).
L’istituto RAGIONE_SOCIALEa continuazione, infatti, dispiega i propri effetti quoad poenam, lasciando inalterati nella loro struttura i singoli reati (ciò che appare di tutta evidenza soprattutto nell’ipotesi di continuazione applicata dal giudice RAGIONE_SOCIALE‘esecuzione, la cui cognizione riguarda esclusivamente l’identità del disegno criminoso); contrariamente alla pena definitiva comminata in concreto, che ecceda per difetto la durata RAGIONE_SOCIALEa
misura cautelare, «non vi è in questa ipotesi una cognizione successiva che “corregge” il quantum di pena subita per effetto di una cautela ingiustificata o sproporzionata», atteso che requisito indefettibile per l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa continuazione in sede di esecuzione è proprio l’assenza di una pronuncia sul punto da parte del giudice di merito. Non si è, pertanto, di fronte ad una nuova valutazione né, tanto meno, ad un precedente errore, trattandosi di pene (per i singoli reati posti in esecuzione) perfettamente legali, come si desume altresì dalla circostanza che né il pubblico ministero, al momento RAGIONE_SOCIALE‘emissione del cumulo, né il giudice di merito, che ha emesso l’ultima condanna, potrebbero applicare d’ufficio la continuazione, la quale è rimessa alla iniziativa del condanNOME che si trova, all’evidenza, in una situazione del tutto differente rispetto a quella del soggetto costretto a sopportare passivamente le fisiologiche diverse valutazioni che possono intercorrere tra il giudizio cautelare e quello di merito (Sez. 4, n. 39178 del 04/05/2023, COGNOME, non massirnata).
Manifestamente infondata è, infine, la questione di legittimità costituzionale adombrata in ordine alla tenuta costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen., difettando del tutto i presupposti rispetto ai quali la predetta questione è stata prospettata. L’assimilazione RAGIONE_SOCIALEa presente ipotesi a quelle già considerate è stata espressamente esclusa dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 219 del 2008: i casi di indennizzabilità relativi alla fase esecutiva non possono che riguardare, in ossequio al precedente intervento RAGIONE_SOCIALEa Consulta (sentenza n. 310 del 1996). le ipotesi di illegittimità, anche sopravvenuta, RAGIONE_SOCIALE‘ordine di esecuzione RAGIONE_SOCIALEa pena, e giammai i casi in cui la pena viene rideterminata per effetto di valutazioni discrezionali proprie RAGIONE_SOCIALEa giurisdizione. In proposito, ammettendo l’indennizzabilità nel caso di specie, verrebbe tradita la ratio RAGIONE_SOCIALE‘art. 657, comma 4, cod. proc. pen. – sottesa al divieto di fungibilità RAGIONE_SOCIALEa pena nella ipotesi di pene espiate anteriormente alla commissione del reato per cui deve essere determinata la pena da eseguire – la quale ic..Rt mira ad evitare una incentivazione a delinquere sulla base del presupposto RAGIONE_SOCIALEa evitabilità di una ulteriore pena da scontare. Tanto basta ad escludere radicalmente, sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa ragionevolezza in ordine alla supposta disparità di trattamento, l’adombrata incostituzionalità RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen. in ordine alla inapplicabilità alle ipotesi quali quel in esame (Sez. 4, n. 24208 del 10/05/2023, COGNOME, non massimata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Poichè nel reato continuato le condotte criminose sono ipotizzate ab origine, l’autore sarebbe comunque incentivato a realizzare il programma delittuoso, se fosse consapevole di potersi giovare in futuro RAGIONE_SOCIALEa riduzione determinata dall’applicazione del cumulo giuridico e, a maggior ragione, se il primo reato commesso è quello di minore gravità.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Viceversa, tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa genericità RAGIONE_SOCIALEe argomentazioni svolte nella depositata memoria difensiva del RAGIONE_SOCIALE, priva del minimo riferimento specifico alla vicenda in esame, si ritiene che non debba conseguire anche la condanna del ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese nei confronti di detto interventore.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Nulla sulle spese in favore del RAGIONE_SOCIALE resistente. Così deciso in Roma il 10 gennaio 2024.