Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8300 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8300 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIOIA TAURO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/11/2022 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto il rigettodel ricorso;
letta la memoria del 3.12.23 RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato, n.q. di difensore del RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta nell’interesse di NOME, in relazione al periodo di sottoposizione RAGIONE_SOCIALEa medesima alla misura degli arresti domiciliari applicatale dal G.I.P. del Tribunale di Firenze dall’Il settembr 2013 al 20 gennaio 2014 per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 12 quinquies d.l. n. 306 del 1992 convertito in I. n. 356 del 1992 e 7 I. n. 203 del 1991, concernenti l’intestazione fittizia di vari beni ed attività commerciali.
In relazione a tale addebito il Tribunale del riesame di Firenze confermata la misura cautelare. Con sentenza del 13 marzo 2013, la Corte di cassazione dichiarava l’incompetenza per territorio del Tribunale di Firenze edisponeva trasmettersi gli atti alla Procura RAGIONE_SOCIALEa pubblica presso il Tribunale di Catanzaro.
La Procura territorialmente competente presentava una nuova richiesta ex art. 27 cod. proc. pen., al fine di ottenere la rinnovazione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare precedentemente disposta a carico RAGIONE_SOCIALE‘istante e dei coimputati; il G.I.P. presso il Tribunale di Catanzaro non applicava misura cautelare nei confronti RAGIONE_SOCIALEa COGNOME ed emetteva solo un provvedimento di sequestro preventivo di beni mobili ed immobili, conti correnti nonché RAGIONE_SOCIALEe quote societarie ad essa riconducibili.
Con sentenza del 30 gennaio 2015, il G.U.P. del Tribunale di Catanzaro condannava la NOME in ordine al delitto di cui al capo 1), previa esclusione RAGIONE_SOCIALE‘aggravante di cui all’art. 7 L. 203 del 1991, alla pena di mesi dieci e giorni venti di recl sione, limitatamente ad alcune RAGIONE_SOCIALEe intestaRAGIONE_SOCIALE fittizie in contestazione, mentre in relazione alla fittizia intestazione RAGIONE_SOCIALEe società “RAGIONE_SOCIALE” ed “RAGIONE_SOCIALE” dichiarava non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.
Con sentenza del 27 giugno 2017, irrevocabile il 17 ottobre 2017, la Corte di appello di Catanzaro, in riforma RAGIONE_SOCIALEa sentenza emessa il 30 gennaio 2015 dal G.U.P. di Catanzaro, assolveva la suddetta imputata anche dalle residue imputaRAGIONE_SOCIALE contestatele perché il fatto non costituisce reato.
La difesa RAGIONE_SOCIALEa COGNOME prospettava di aver subito danni patrimoniali e non patrimoniali in conseguenza RAGIONE_SOCIALEa carcerazione e del contestuale sequestro dei beni e dei conti correnti nonché di aver subito una condanna ad una pena superiore alla durata RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare subita.
In materia di riparazione per l’ingiusta detenzione, se il provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà è fondato su più contestaRAGIONE_SOCIALE, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione RAGIONE_SOCIALEa libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando pieno proscioglimento dalle altre imputaRAGIONE_SOCIALE. Il proscioglimento per prescrizione richiede, pur sempre, una valutazione di merito, ancorché limitata alla verifica RAGIONE_SOCIALEa
inesistenza RAGIONE_SOCIALEe cause previste dal secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 129 cod. proc. pen., consente, già di per sé, di escludere l’ingiustizia RAGIONE_SOCIALEa detenzione. Inoltre mento giuridico offre gli strumenti processuali che consentono di perseguire l’i resse RAGIONE_SOCIALEa riparazione del periodo di restrizione cautelare sofferto, pur in pr di un reato prescritto, avendo l’imputato la facoltà di rinunciare alla prescriz sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 157, comma 7, cod. pen. e di chiedere ed ottenere una sentenza assolvendolo nel merito, conclami l’ingiustizia (ctecir~RAGIONE_SOCIALEa custodia cautel
Nel caso specifico, sebbene sia stata esclusa l’aggravante di cui all’ar 203/91, le condotte di intestazione fittizia RAGIONE_SOCIALEe due società “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE“, poi cadute in prescrizione, erano tutte, da sole, idon gittimare l’emissione e il mantenimento del titolo cautelare, considerati i mas edittali previsti per tali reati (anni 6 per art. 12 quinquies d.l. n. 306 del formulazione vigente all’epoca dei fatti).
I titoli per i quali è stata emessa la declaratoria di prescrizione legitti dunque la misura cautelare applicata e la pena massima astrattamente irrogabile superiore alla detenzione sofferta (138 giorni), per cui la Corte territoriale ha la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del richiesto indennizzo.
COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso suindicata ordinanza, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Violazione degli artt. 314 e 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Si deduce che alla COGNOME era stato contestato un unico capo di imputazione intestazione fittizia (capo 1), aggravato dall’art. 7 I. n. 203 del 1991.
In relazione a tale unico reato (continuato) era stata eseguita, in data 1 tembre 2013, nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘odierna ricorrente un’ordinanza di custodia cautel con la quale era stata applicata la misura degli arresti domiciliari.
Alla ricorrente era contestata ! in un’unica imputazion l’intestazione fittizia RAGIONE_SOCIALEe seguenti società: 1) RAGIONE_SOCIALE, costituita il 28 maggio 2002; 2) RAGIONE_SOCIALE‘ costituita il 2 settembre 2004; 3) RAGIONE_SOCIALE, cos 15 maggio 2008; 4) RAGIONE_SOCIALE, costituita il 9 ottobre 2008. Nel cap imputazione il tempus delicti era così espressamente indicato: «In Lamezia Terme fino al 9 ottobre 2008, data di costituzione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE. La condotta contes alla ricorrente al capo 1) (unica imputazione elevata nei suoi confronti) consis nell’avere consentito che il marito COGNOME NOME le intestasse le quote di tut società sopra indicate, al fine di eludere le misure di prevenzione.
Con sentenza del 27 giugno 2017, la Corte di appello di Catanzaro ha assolto l NOME (e i coimputati) dal reato ascritto al capo 1) con la formula «perché il non costituisce reato», avendo rilevato che COGNOME NOME, in relazione a tutte
intestaRAGIONE_SOCIALE contestate non aveva agito al fine di sottrarre i beni alla temuta aggressione da parte degli organi RAGIONE_SOCIALEa prevenzione (cfr. la sentenza n. 927/17).
Orbene, nell’ordinanza impugnata erroneamente non si è considerato che le intestaRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEe quote RAGIONE_SOCIALEe società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (d chiarate prescritte dal G.U.P.) costituivano un mero segmento di un’unica condotta omogenea, che, estesa anche alle altre società costituite successivamente, era stata ritenuta dalla Corte di appello penalmente lecita. E’ formalistico ed inconferente, pertanto, il rilievo RAGIONE_SOCIALE‘ostatività RAGIONE_SOCIALEa prescrizione addotto dal Giudice RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo. relazione al reato di cui al capo 1) RAGIONE_SOCIALE‘imputazione, infatti, era stata emessa pronuncia assolutoria nel merito, fondata sull’accertamento RAGIONE_SOCIALEa liceità di tutte le intest RAGIONE_SOCIALE (comprese RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE), perché non finalizzate ad eludere le misure di prevenzione. Con l’ordinanza n. 31 del 2023, peraltro, la Corte distrettuale aveva accolto la domanda di riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione avanzata da COGNOME NOME, padre di COGNOME NOME NOME suocero di COGNOME NOME. Ancorché COGNOME NOME fosse anch’egli imputato del capo 1) e, in relazione alle intestaRAGIONE_SOCIALE de RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, fosse stata, anche nei suoi confronti, dichiarata dal G.U.P. l’estinzione del reato per prescrizione.
COGNOME NOME – nei cui confronti era stata dichiarata dal G.U.P. la prescrizione in relazione alla porzione di condotta riferita alle società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE – rispondeva anche del reato di intestazione fittizia contestato a capo 2) (rispetto al quale era, invece, estranea la COGNOME). In altre parole, la sua posizione era più grave ed esposta rispetto a quella RAGIONE_SOCIALEa COGNOME.
È manifestamente illogica, pertanto, la valutazione, in due occasioni, RAGIONE_SOCIALEa porzione di condotta riferita alle intestaRAGIONE_SOCIALE de RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE in termini patentemente contradditori, ritenendo nel caso di COGNOME NOME l’assoluzione riguardante l’intero capo di imputazione idonea a dimostrare la liceità di tutte le condotte ivi contestate e nel caso RAGIONE_SOCIALEa COGNOME riferibile il proscioglimento nel merito – investente, invero, l’intero capo e l’intera condotta di interposizione – sol alle porRAGIONE_SOCIALE di essa non dichiarate in precedenza prescritte.
La Corte distrettuale aveva esaminato in via unitaria la complessiva condotta di intestaRAGIONE_SOCIALE fittizie continuate contestate al capo 1), per cui l’esclusione del dolo specifico andava a travolgere la precedente valutazione del G.U.P. e giustificava la liceità RAGIONE_SOCIALE‘intera condotta contestata al capo 11. V’erano, pertanto, le condiRAGIONE_SOCIALE per il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo ex art. 314 cod. proc. pen..
Del resto, il G.U.P., nel condannare la COGNOME per il reato di cui al capo 1), aveva dichiarato la prescrizione di quella porzione di condotta (II RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALEra) perché non avrebbe potuto ritenere la manifesta innocenza ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen. in termini prevalenti sulla causa estintiva. Quel giudice, infatti aveva ravvisato l’illiceità penale RAGIONE_SOCIALE‘intera condotta (continuata) complessivamente
contestata al capo 1) e, in quel contesto, aveva dichiarato la prescrizione in relazione a quella porzione di essa per la quale il termine era maturato.
Ne discende la manifesta illogicità del richiamo all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. contenuto nell’ordinanza impugnata, dove si afferma che «il proscioglimento per prescrizione richiede, pur sempre, una valutazione di merito, ancorché limitata alla verifica RAGIONE_SOCIALEa inesistenza RAGIONE_SOCIALEe cause previste dal secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 129 cod. proc. pen., che consente, già di per sé, di escludere l’ingiustizia RAGIONE_SOCIALEa detenzione», in quanto la Corte non ha considerato che tale valutazione di merito – espressa dal G.U.P. – era stata travolta da quella successiva compiuta dalla Corte di appello.
1.3. La misura cautelare – come risulta dallo stesso provvedimento impugnato era stata emessa dal G.I.P. di Firenze il 22 agosto 2013 e notificata all’interessata (cfr. verbale di esecuzione, all. 5) 1’11 settembre 2013. A tale data era decorso il termine di prescrizione previsto per il reato di cui all’art. 12 quinquies D.L. n. 306 del 92 in relazione sia all’intestazione de RAGIONE_SOCIALE (costituita il 28 maggio 2002) che di RAGIONE_SOCIALE (costituita il 2 settembre 2004).
Tale conclusione era corroborata dall’esclusione RAGIONE_SOCIALEa circostanza aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203 del 1991 da parte del G.U.P., per cui nel 2013 era stata applicata una misura cautelare relativa a reati di intestazione fittizia prescritti, rispetti mente, il 28 maggio 2008 ed il 2 settembre 2010 id est dopo sei anni dalla loro ipotetica commissione. Ne discende che, in relazione alle porRAGIONE_SOCIALE di condotta di interposizione riguardanti le società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE ricor rono un’ipotesi di ingiustizia sostanziale (correlata all’intervenuta assoluzione dal capo 1) e un profilo di ingiustizia formale.
Con memoria del 3 dicembre 2023, il RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato, chiede che il ricorso sia respinto.
Si sottolinea che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione, se il provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa li bertà è fondato su più contestaRAGIONE_SOCIALE, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempreché autonomamente idonea a legittimare la , compressione RAGIONE_SOCIALEa libertà, impedisce il sorgere del diritto, írrilevante risultando i pieno proscioglimento dalle altre imputaRAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO IN DIRITTO
i 1. Il ricorso è infondato. Va premesso che, in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione, ove il provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà sia fondato su più contestaRAGIONE_SOCIALE, il proscioglimento
con formula non di merito anche da una sola di queste – sempreché autonomamente idonea a legittimare la compressione RAGIONE_SOCIALEa libertà – impedisce il sorgere del diritto, salvo che per l’eventuale parte di custodia sofferta soverchiante la pena che in astratto avrebbe potuto infliggersi per il detto reato, essendo irrilevante il pieno pro scioglimento nel merito dalle altre imputaRAGIONE_SOCIALE, sempre che non si versi in ipotesi di c.d. «ingiustizia formale» (Sez. 4, n. 29623 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279713; Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258607; Sez. 4, n. 31393 del 18/04/2013, COGNOME, Rv. 257778; Sez. U, n. 4187 del 30/10/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 241855; nonché, anche per il riferimento al rilievo RAGIONE_SOCIALE‘eventuale «ingiustizia formale»: Sez. 4, n. 2058 del 15/02/2018, COGNOME; Rv. 273264; Sez. 3, n. 2451 del 09/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262396; Sez. 4, n. 44492 del 15/10/2013, COGNOME, Rv. 258086; Sez. 4, n. 34661 del 10/06/2010, COGNOME, Rv. 248076).
2. Ciò posto sui principi giurisprudenziali operanti in materia, nella fattispecie in esame il richiedente si è giovato di una pronuncia di prescrizione alla quale non ha inteso rinunciare, pur avendone il diritto (art. 156 cod. pen.) esercitabile anche al fine di giovarsi RAGIONE_SOCIALEa pre-condizione alla quale l’art. 314, cod. proc. pen., subordina l’accoglibilità RAGIONE_SOCIALEa domanda di riparazione. Qualora il richiedente avesse voluto perft i i 4 seguire l’interesse ~riparazione del periodo di restrizione cautelare sofferto, in presenza di reati prescritti, avrebbe difatti dovuto, rinunciando alla prescrizione, chiedere e ottenere sentenza che, assolvendolo nel merito, al tempo stesso avrebbe conclamato l’ingiustizia RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare.
Sona tale scelta avrebbe posto l’instante in una situazione d’irragionevole pregiudizio, stretto tra la necessità di assicurarsi, comunque, un esito penalmente favorevole e l’utilità di poter coltivare successivamente l’azione di ristoro per l’ingius detenzione; trattasi di due esigenze aventi lo stesso rango valoriale, di talché assicurandosi il soddisfacimento di una del 2 11, perciò stesso, si deve correttamente rinunciare ing~ente all’altra (Sez. 4, n. 30404 del 05/07/2022, Maggi, non massimata).
Ove in presenza di rischio processuale l’imputato scientemente decida di avvantaggiarsi RAGIONE_SOCIALE‘effetto estintivo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, la rinuncia, conseguente, alla possi bilità di ottenere pronuncia assolutoria di merito, condizione necessaria per domandare in seguito l’indennizzo per l’ingiusta detenzione, non appare sotto alcun profilo irragionevole, trattandosi, per l’appunto di un effetto per così dire indesiderato ampiamente secondario rispetto al raggiunto primario obiettivo RAGIONE_SOCIALE‘esonero dalla penale responsabilità (Sez. 4, n. 5621 del 2014, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 2058 del 2018, COGNOME, cit., in motivazione).
Al riguardo, si è altresì osservato che il proscioglimento per prescrizione richiede, pur sempre, una valutazione di merito, ancorché limitata alla verifica RAGIONE_SOCIALEa inesistenza
RAGIONE_SOCIALEe cause previste dal secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 129 cod. proc. pen., che consente, già di per sé, di escludere l’ingiustizia RAGIONE_SOCIALEa detenzione (Sez. 4 n. 34661 del 2010, COGNOME, cit.).
Trattasi, peraltro, di interpretazione conforme all’intervento di Corte cost. n. 219 del 2008, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, co proc. pen., nella parte in cui, nell’ipotesi di detenzione cautelare sofferta, condiziona in ogni caso il diritto all’equa riparazione all’assoluzione o al proscioglimento nel merito dalle imputaRAGIONE_SOCIALE. La rilevanza RAGIONE_SOCIALEa citata pronuncia nel caso di specie va apprezzata in relazione alle sottese ragioni. Il giudice RAGIONE_SOCIALEe leggi ha infatti chiarito – c riferimento all’insorgenza del diritto all’equo indennizzo – che la situazione del prosciolto o assolto nel merito è equiparabile a quella del condannato, ma solo per la parte di custodia cautelare sofferta dal primo che soverchi la pena inflitta o che in astratto avrebbe potuto infliggersi. In particolare, si è evidenziato che non risulta in tal caso violato l’art. 2, comma 1, n. 100 RAGIONE_SOCIALEa I. n. 81 del 1987 (di delega per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale), non essendovi ragioni per ritenere che la legge-delega abbia voluto introdurre direttamente una clausola generale di riparabilità RAGIONE_SOCIALEa detenzione «ingiusta» che sia affidata al filtro RAGIONE_SOCIALE‘interprete, anzic a quello «fisiologico» RAGIONE_SOCIALEa norma delegata. Con l’ampiezza RAGIONE_SOCIALEa espressione utilizzata, il delegante ha anzi voluto rimettere al delegato l’individuazione e la specificazione di tali ipotesi. Non è stato peraltro ritenuto dalla Consulta violato il princip direttivo RAGIONE_SOCIALE‘adeguamento RAGIONE_SOCIALEe norme del codice di procedura penale alle convenRAGIONE_SOCIALE internazionali ratificate dall’Italia e relative ai diritti RAGIONE_SOCIALEa persona e del proc penale. Né l’art. 9, par. 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e po adottato a New York il 19 dicembre 1966 (che ha per oggetto le sole ipotesi, riconducibili all’art. 314 cod. proc. pen., comma 2, nelle quali, a prescindere dall’esito del giudizio, difettassero in origine le condiRAGIONE_SOCIALE legali per applicare o mantenere una misura 4 custodiale), né l’art. 5, § 5, Convenzione E.D.U. (che si applica alle ipotesi in cui taluno sia stato privato RAGIONE_SOCIALEa libertà personale al di fuori dei casi indicati da legge nazionale e previsti nel § 1 RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo, ovvero in violazione RAGIONE_SOCIALEe modalità e dei tempi disciplinati dai §§ 2, 3 e 4) valgono difatti a far ritenere che legislatore delegante abbia inteso prevedere la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione senza porre alcuna limitazione circa il titolo RAGIONE_SOCIALEa detenzione stessa o le ragioni RAGIONE_SOCIALE‘ingiustizia (in merito al rilievo nella fattispecie in esame RAGIONE_SOCIALEe ragioni sottese alla cita pronuncia RAGIONE_SOCIALEa Consulta si vedano, ex plurimis: Sez. 4, n. 2058/2018, COGNOME, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 5621/2014, COGNOME, cit., in motivazione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il principio di cui innanzi, si chiarisce in questa sede in considerazione RAGIONE_SOCIALEa censura mossa dal ricorrente, è operante anche nel caso, come quello di specie, in cui la prescrizione sia stata disposta per alcuni capi di imputazione e per i reati residui, invece, l’assoluzione sia stata pronunziata in sede di giudizio di secondo grado.
Il ricorrente, senza il corredo di un’analisi avversativa, ignora la detta consolidata interpretazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen., RAGIONE_SOCIALEa quale la Corte territoriale ha invece fatto buon governo, e non tiene conto che non ricorre neanche un’ipotesi di «ingiustizia formale».
L’ordinanza impugnata, difatti, come del resto confermato dallo stesso ricorrente, oltre a ritenere non configurata una «ingiustizia formale», ha rigettato l’istanza perché il richiedente, pur assolto nel merito da alcune imputaRAGIONE_SOCIALE sottostanti all’applicata misura cautelare, è stato prosciolto, per essersi i reati estinti per prescrizione, da altre gravi imputaRAGIONE_SOCIALE (estorsione, induzione e sfruttamento RAGIONE_SOCIALEa prostituzione) costituenti di per se sole, attesi i limiti edittali, titolo legittimante l’emission mantenimento del provvedimento cautelare, senza che la custodia patita abbia soverchiato la pena che in astratto avrebbe potuto infliggersi per i detti reati.
Infatti, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, all’atto RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, le condotte di intestazione fittizia RAGIONE_SOCIALEe società “RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” non risultavano prescritte, in quanto all’epoca era stata contestata l’aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 7 I. n. 203 del 1991 (esclusa solo successivamente) e la legge n. 251 del 2005 (applicabile per le vicende criminose più remote), che riduceva notevolmente la durata dei termini di prescrizione, non era ancora entrata in vigore.
Ne consegue che la misura cautelare è stata legittimamente disposta in relazione al titolo di reato contestato e non è stata illegittimamente mantenuta dopo la derubricazione del medesimo essendo stata revocata ben prima RAGIONE_SOCIALE‘esclusione RAGIONE_SOCIALE‘aggravante di cui all’art. 7 cit. con la sentenza di primo grado.
Quanto al rilevato contrasto con la decisione adottata dalla Corte di Catanzaro in favore di COGNOME NOME, va rilevato che analoga doglianza è stata già esaminata dalla Corte di legittimità e disattesa con riferimento alla posizione di COGNOME NOME (Sez. 4, n. 32697 del 23/6/2023, non massimata).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato con conseguente condanna RAGIONE_SOCIALEa ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali nonché al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese in favore del RAGIONE_SOCIALE resistente che vanno liquidate in euro mille.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali nonché alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di giudizio sostenute dal RAGIONE_SOCIALE resistente, che liquida in euro mille.
Così deciso in Roma il 10 gennaio 2024.