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Riparazione ingiusta detenzione: negata se c’è colpa

La Corte di Cassazione ha negato la riparazione per ingiusta detenzione a un cittadino, sebbene assolto, poiché il suo comportamento, caratterizzato da menzogne e uso di linguaggio cifrato, ha contribuito con colpa grave a creare una falsa apparenza di colpevolezza, inducendo i giudici a disporre la custodia cautelare. La sentenza stabilisce che la condotta dell’indagato è un fattore determinante per il diritto all’indennizzo.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riparazione per Ingiusta Detenzione: Quando la Propria Condotta Costa l’Indennizzo

Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione rappresenta un pilastro di civiltà giuridica, volto a risarcire chi ha subito la privazione della libertà personale per poi essere riconosciuto innocente. Tuttavia, una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 44997/2024, ribadisce un principio fondamentale: l’assoluzione non garantisce automaticamente l’indennizzo. Se la condotta dell’interessato ha contribuito, con dolo o colpa grave, a generare l’errore giudiziario, il diritto alla riparazione può essere negato.

I Fatti del Caso: Dall’Assoluzione alla Richiesta di Indennizzo

Il caso esaminato riguarda un uomo che, dopo essere stato sottoposto a custodia cautelare nell’ambito di un’indagine per reati legati agli stupefacenti, veniva definitivamente assolto. In seguito all’assoluzione, l’uomo presentava domanda per ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione subita. La Corte d’Appello di Napoli, però, respingeva la sua richiesta, ritenendo che il suo comportamento avesse avuto un ruolo decisivo nel determinare la misura restrittiva.

La Condotta Ostativa: Linguaggio Cifrato e Menzogne

La decisione della Corte d’Appello, confermata dalla Cassazione, si fondava su due elementi specifici del comportamento dell’uomo:
1. Uso di linguaggio cifrato: Durante le conversazioni telefoniche intercettate, l’uomo utilizzava espressioni in codice come “andare a tagliare i capelli”, “lampadine” o “plafoniere” per mascherare la reale natura delle sue attività.
2. Dichiarazioni mendaci: In sede di interrogatorio, aveva fornito una versione dei fatti palesemente falsa, sostenendo di essersi recato in un’altra città per tagliare i capelli a una persona, giustificazione che le indagini avevano dimostrato essere un pretesto.
Secondo i giudici, questa condotta, sebbene non sufficiente a fondare una condanna penale, aveva creato una “falsa apparenza” di colpevolezza, inducendo ragionevolmente in errore l’autorità giudiziaria che aveva disposto la custodia cautelare.

Analisi della Cassazione sulla Riparazione per Ingiusta Detenzione e Colpa Grave

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’uomo, offrendo importanti chiarimenti sui presupposti per la riparazione per ingiusta detenzione. I giudici hanno sottolineato che la valutazione richiesta in sede di riparazione è autonoma e distinta da quella del processo penale. L’obiettivo non è riesaminare la colpevolezza, ma verificare se l’interessato abbia contribuito con “dolo o colpa grave” a causare la propria detenzione.

Le Motivazioni della Sentenza

La colpa grave che esclude l’indennizzo non è la “colpa penale”, ma una condotta macroscopicamente negligente o imprudente che rende prevedibile un intervento coercitivo dell’autorità. Secondo la Suprema Corte, mentire all’autorità giudiziaria e utilizzare un linguaggio criptico per occultare attività illecite (anche se diverse da quelle contestate) rientrano a pieno titolo in questa categoria. Tale comportamento non è assimilabile al diritto al silenzio, che è una facoltà di difesa passiva, ma rappresenta un comportamento attivo e fuorviante che ha un’efficienza causale diretta sulla decisione del giudice.

Le Conclusioni

La sentenza n. 44997/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione, non basta essere assolti. È necessario anche non aver contribuito con il proprio comportamento a creare le condizioni per l’errore giudiziario. La decisione serve da monito, evidenziando come condotte ambigue, reticenti o apertamente false possano precludere il diritto a un equo indennizzo, anche a fronte di una successiva e piena assoluzione.

Essere assolti dà automaticamente diritto alla riparazione per ingiusta detenzione?
No. La sentenza chiarisce che il diritto all’indennizzo può essere escluso se la persona, con dolo o colpa grave, ha dato causa alla detenzione, ad esempio attraverso una condotta che ha creato una falsa apparenza di colpevolezza.

Mentire durante un interrogatorio è considerato colpa grave che esclude la riparazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che fornire una falsa prospettazione dei fatti durante l’interrogatorio è una condotta volontaria che, se rilevante per la decisione di applicare la misura cautelare, costituisce un comportamento ostativo al riconoscimento dell’indennizzo, non assimilabile al legittimo esercizio del diritto al silenzio.

Usare un linguaggio in codice durante le telefonate può impedire di ottenere l’indennizzo per ingiusta detenzione?
Sì. Secondo la Corte, l’utilizzo di frasi in “codice” per occultare un’attività illecita, anche se diversa da quella per cui si è stati accusati, costituisce colpa grave idonea a impedire il riconoscimento dell’equo indennizzo, in quanto contribuisce a creare un quadro indiziario fuorviante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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