Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46262 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LOCRI il 30/04/2000
avverso l’ordinanza del 20/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni dell’Avvocatura dello Stato che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e, in subordine, il rigetto dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza con la quale la Corte di appello di Roma, in data 20 febbraio 2024, ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione, da lui formulata a seguito di assoluzione dai reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 9/10/1990, n. 309.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto ingiustificatamente gli è stata attribuita una colpa grave consistita nelle frequentazioni con il NOME, capo del sodalizio criminale. Secondo la difesa l’ordinanza non si è confrontata con lo stato di incensuratezza di Murdaca e COGNOME, coetanei e conterranei del COGNOME i quali gli presentavano il NOME senza che il ricorrente disponesse di alcun tipo di informazione sulla persona di costui. Quanto alla ritenuta attività di spaccio presso il B&B di INDIRIZZO di Roma, dove il Manglaviti alloggiava, l’ordinanza trascura che nessuna condotta di reato è mai stata descritta con riferimento a detto luogo, né Manglaviti ha presenziato ad alcuna delle specifiche contestazioni di cessione di singole dosi. Inoltre l’ordinanza non ha fatto cenno alla circostanza che il Manglaviti ha trascorso su territorio romano solo 8 giorni tra febbraio e marzo 2019 e non 4J – 0 tutto il periodo di operatività dell’associazione. Inoltre, quanto al punto 26 dell’ordinanza non vi è alcuna conversazione tra COGNOME e letto /come si può verificare dalla sentenza di assoluzione laddove si assume che, quel giorno, nessuna conversazione di interesse investigativo veniva captata. La sentenza di merito, peraltro, evidenziava l’inesistenza di qualsivoglia conversazione telefonica o ambientale dalla quale si potesse ricavare il coinvolgimento del COGNOME in ipotesi di cessione di stupefacente. Dunque, la circostanza di cui al punto 26 è inesistente con evidente travisamento della prova come si evince da pag. 34 della sentenza di assoluzione. L’ordinanza non si confronta ancora, nel sostenere che COGNOME si recava a Roma senza avere alcuna attività di lavoro o di studio che giustificasse la sua permanenza, con la precisazione già offerta in sede di riesame, secondo cui lo stesso “transitava da Roma poiché era in procinto di trasferirsi dal Portogallo alla Germania per motivi di lavoro”. Dall’analisi della motivazione descritta al punto 25 -12A–s i evince una doppia omissione nella valutazionevrap~entaté dalla coincidenza temporale tra il momento di realizzazione della stessa (avvenuta il 5 marzo 2019 coincidente con l’ultimo giorno di permanenza di COGNOME a Roma) e la circostanza che COGNOME, resosi conto della situazione si allontanava immediatamente da Roma per non tornare più. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ulteriore questione legata al punto 25 della ordinanza impugnata concerne il diritto al silenzio. La Corte, nel suo argomentare, si scontra con l’art. 314 co. 1
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cod. proc. pen. /come novellato dall’art. 4, I co. / lett. b) del D.Igs. 188/21 in forza 4 del quale l’esercizio da parte dell’imputato della facoltà di cui all’art. 64 GLYPH , 3 ( lett. b) non incide sul diritto alla riparazione.
Sotto altro profilo, la difesa, si duole del fatto che l’ordinanza non dà conto in una prospettiva dinamica 3′, della condotta impeditiva riguardata anche sotto il profilo del mantenimento della misura cautelare.
Il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura dello Stato, in data 19.9.2024 ha depositato conclusioni chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attien )( pur sempre alla coerenza strutturale della decisione di cui deve essere valutata l’oggettiva “tenuta” sotto il profilo logico-argomentativo rimanendo preclusa una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o, piuttosto, l’autonoma adozione di diversi parametri di valutazione dei fatti (Sez. 3, n. 37006 del 27/9/2006, COGNOME, Rv. 235508; Sez. 6, n. 23528 del 6/6/2006, COGNOME, Rv. 234155) :
Da quanto detto deriva che il giudice di legittimità, in sede di controllo della motivazione, non deve sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito ma limitarsi a verificare se quest’ultima sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento atteso che l’art. 606 comma, 1 lett. e), cod. proc. pen. non consente a questa Corte una diversa interpretazione delle risultanze processuali ma solo l’apprezzamento della logicità della motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. 3, n. 8570 del 14/1/2003, Rv. 223469; Sez. fer., n. 36227 del 3/9/2004, COGNOME; Sez. 5, n. 32688 del 5/7/2004, COGNOME; Sez. 5, n.22771 del 15/4/2004, COGNOME).
Nel caso in esame, il giudice della riparazione ha posto l’accento, in maniera affatto illogica ma soprattutto coerente con la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte di merito, sulla frequentazione del COGNOME /che alloggiava al B&B ritenuto la centrale operativa dell’associazione, senza che alcuna
attività di lavoro o di studio giustificasse la sua permanenza a RomaA, /L I intrattenuto rapporti di frequentazione non solo con letto e Murdaca, suoi coet e conterranei/ ma soprattutto con NOME, il quale ha ripetutamente manifestato la sua preoccupazione di essere intercettato,t l’esigenza di procedere a bonif ambientali. Non ha mancato il COGNOME, in altre occasioni in cui si è recato p l’abitazione del NOME, di discutere con lui dell’assistenza legale e mater fornire ai detenuti / con particolare riferimento al “vecchio” NOME COGNOME con atteggiamento tipico delle consorterie criminali.
La conclusione cui è pervenuta la Corte della riparazione è perfettamente linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, sec cui è gravemente colposa quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, pon essere, per evidente, macroscopica, negligenza o imprudenza, una situazione ta da determinare una non voluta, ma prevedibile, ragione d’intervento dell’autor giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo libertà personale (Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, COGNOME Rv. 222263 Sez. 4, n. 43302 del 23/10/2008, Rv. 242034).
4. Le circostanze poste a fondamento del rigetto della istanza di riparazi non sono state affatto escluse dalla Corte territoriale che a pagina 33 motivazione ha scritto “E’ vero che COGNOME è originario come letto e Murda di Locri ed ha la stessa età dello letto; che COGNOME risulta abitare a Ro RAGIONE_SOCIALE citato negli atti non avendo, peraltro, attività lavorativa o di studi legittimino la sua permanenza nella capitale, né la sussistenza di attività lavo o di corsi di studio essendo stati dedotti o documentati nel corso del processo con lui NOME ha parlato di questioni rilevanti quali la bonifica ambiental eventuali microspie e Effiil’assistenza legale e materialeX ai detenuti (in parti al vecchio COGNOME NOME) e che COGNOME è stato visto più e più volte entr nella casa del Diana con Murdaca. E’ però vero che non è dato cogliere dagli a alcun dato concreto certo e significativo di un suo ruolo nel reato associativo comprendendosi in cosa sarebbe consistito il suo ruolo come sodale; né è possibi affermare la sua responsabilità per i reati fine/non essendo mai stata interc alcuna conversazione telefonica o ambientale dalla quale ricavare il coinvolgimen dell’imputato in ipotesi di cessione di stupefacente, tale ruolo non emerge inoltre dai servizi di OPC, dalle riprese delle telecamere apposte nei luoghi negli atti, da eventuale sequestro di sostanza stupefacente”. Per tali ragi Corte territoriale è pervenuta alla assoluzione ai sensi del secondo comma dell’ 530 cod proc. pen. con la formula per non aver commesso il fatto.
Il provvedimento impugnato è privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e, dunque, superare lo scrutinio di legittimità, avendo la Corte territoriale, sulla base degl apprezzamenti espressi, ravvisato nel caso in esame condotte di grave e ingiustificabile trascuratezza, attraverso le quali l’imputato ha creato l’apparenza della piena partecipazione all’attività criminosa contestata, onde è ravvisabile una colpa grave, rilevante ex art. 314 cod. proc. pen.
Correttamente il giudice di merito, nel caso in esame, ha apprezzato, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori a sua disposizione, appurando la riscontrabilità di comportamenti connotati da macroscopica negligenza e imprudenza e fondando la deliberazione conclusiva non su mere supposizioni ma su fatti concreti e precisi, dai quali ha desunto, con valutazione ex ante, che la condotta tenuta dal richiedente aveva contribuito a ingenerare nell’Autorità procedente la falsa apparenza del ricorrere, nel suo agire, di estremi di illiceità penale, dando così luogo alla detenzione, con rapporto di causa- effetto (Sez. U, n. 32383 del 27/5/2010, COGNOME; Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME).
Non pare discutibile, invero, che il comportamento tenuto dal COGNOME configuri quella situazione di obiettiva contiguità che, secondo un canone di normalità, si è postchin termini di idoneità ad evocare la sua partecipazione ai reati contestati determinando così l’adozione e il mantenimento del provvedimento restrittivo. Va ricordato che deve intendersi colposa, e quindi ostativa alla riparazione, quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (Sez. 4, Sentenza n. 53386 del 22/11/2016; Sez. 4, Sentenza nr.41600/2022).
.6. Il ricorso deve, dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non può procedersi alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente, poiché la condanna al pagamento delle spese in favore della parte resistente va disposta laddove quest’ultima, nell’ambito del giudizio di legittimità, abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta contrastare la pretesa della controparte, per la tutela dei propri interessi (Sez. U, n. 5466 del 28/1/2004, Gallo, Rv, 226716). Nel caso di specie l’Avvocatura dello
Stato si è limitata a presentare una memoria contenente una serie di enunciazi di carattere generale, sui connotati del giudizio ex art. 314 ss cod. proc it1″ 11 j. senza argomentare in merito alle questioni GLYPH a regiudicanda e dal ricorso presentato. Ciò preclude la liquidazione delle spese a favore dell’Amministrazi resistente. pertanto, essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese process Nulla sulle spese in favore del Ministero ricorrente.
Deciso il 22 ottobre 2024
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