Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19004 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19004 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.NUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CAVA DE’ TIRRENI il DATA_NASCITA altra parte: RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza del 11/12/2024 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Salerno. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Salerno, quale giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione, con l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME ha chiesto la riparazione per la custodia cautelare subita nell’ambito di un procedimento penale in ordine al reato associativo di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed altro, dal quale Ł stato definitivamente assolto.
Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso l’interessato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 314 cod. proc. pen.
Lamenta che la spedizione del titolo cautelare a carico del COGNOME trova fondamento esclusivamente nell’ipotesi ex art. 416-bis cod. pen., per il quale Ł intervenuta assoluzione con formula piena. A nulla rileva l’intervenuta assoluzione con formula dubitativa in relazione all’ipotesi di cui all’art. 416-ter cod. pen. perchØ estinto per prescrizione, reato che non avrebbe consentito un’autonoma spedizione del titolo cautelare, tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa lontananza nel tempo dei fatti. Il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘istanza risulta ancorato ad un evidente travisamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALEa prova posti dall’istante a sostegno RAGIONE_SOCIALEa domanda riparatoria.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Si Ł costituito il RAGIONE_SOCIALE, resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La Corte territoriale ha correttamente esaminato la questione sottoposta al suo esame secondo i parametri richiesti dalla disposizione di cui all’art. 314 cod. proc. pen., valutando in maniera congrua e logica, e con l’autonomia che Ł propria del giudizio di riparazione, la ricorrenza di una condotta ostativa determinata da dolo o colpa grave, avente effetto sinergico rispetto all’emissione RAGIONE_SOCIALEa misura custodiale nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘interessato.
¨ infatti noto che, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, la colpa che vale ad escludere l’indennizzo Ł rappresentata dalla violazione di regole, da una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può insorgere, grazie all’efficienza sinergica di un errore RAGIONE_SOCIALE‘Autorità giudiziaria, una misura restrittiva RAGIONE_SOCIALEa libertà personale. Il concetto di colpa che assume rilievo quale condizione ostativa al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo non si identifica con la ‘colpa penale’, venendo in rilievo la sola componente oggettiva RAGIONE_SOCIALEa stessa, nel senso di condotta che, secondo il parametro RAGIONE_SOCIALE‘id quod plerumque accidit, possa aver creato una situazione di prevedibile e doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘Autorità giudiziaria. Anche la prevedibilità va intesa in senso oggettivo, quindi non come giudizio di prevedibilità del singolo soggetto agente, ma come prevedibilità secondo il parametro RAGIONE_SOCIALE‘id quod plerumque accidit, in relazione alla possibilità che la condotta possa dare luogo ad un intervento coercitivo RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria. Pertanto, Ł sufficiente considerare quanto compiuto dall’interessato sul piano materiale, traendo ciò origine dal fondamento solidaristico RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo, per cui la colpa grave costituisce il punto di equilibrio tra gli antagonisti interessi in campo.
Va inoltre considerato che il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione, per stabilire se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchØ in presenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013 – dep. 2014, Maltese, Rv. 25908201. La valutazione del giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione, insomma, si svolge su un piano diverso, autonomo rispetto a quello del giudice del processo penale, ed in relazione a tale aspetto RAGIONE_SOCIALEa decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno RAGIONE_SOCIALEe condizioni RAGIONE_SOCIALE‘azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME ed altri, Rv. 20363801).
Da questo punto di vista, l’ordinanza impugnata ha fornito un percorso logico motivazionale intrinsecamente coerente e rispettoso dei principi di diritto connessi all’istituto RAGIONE_SOCIALEa riparazione.
La Corte territoriale, valutando autonomamente il materiale probatorio utilizzato dai giudici di merito, ha fondatamente ritenuto che il comportamento RAGIONE_SOCIALE‘istante, pur ritenuto privo di rilevanza penale, ha contribuito colposamente in maniera decisiva all’emissione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare.
Allo scopo sono stati valorizzati specifici fatti riconducibili all’interessato, non esclusi dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione, quali la riscontrata vicinanza del COGNOME agli ambienti malavitosi di
COGNOME, in continuità con il precedente clan COGNOME, da cui non risulta si sia mai dissociato, risultando anzi capace di raccogliere e controllarne il pacchetto considerevole di voti elettorali per dirottarli verso il candidato sindaco COGNOME in cambio di numerosi vantaggi personali e familiari, primo fra tutti l’affidamento RAGIONE_SOCIALEa gestione dei parcheggi comunali di COGNOME in favore di società a lui facenti capo e da lui controllate, nonostante la formale intestazione a terzi. Sotto quest’ultimo profilo, Ł stata anche valorizzata la fittizia intestazione a prestanomi RAGIONE_SOCIALEe società a lui facenti capo, in quanto logicamente ritenuta condotta tipicamente posta in essere da soggetti che gravitano negli ambienti RAGIONE_SOCIALEa malavita per mascherare risorse potenzialmente sottoponibili a misure di prevenzione.
Proprio dalla consistenza di tali ‘contatti’ del ricorrente con ambienti malavitosi ed in considerazione RAGIONE_SOCIALEe indicate modalità di gestione dei suoi affari, la Corte RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha ragionevolmente reputato come il ricorrente abbia, quantomeno con colpa grave, contribuito a dare causa alla misura cautelare subita, trattandosi di situazioni atte a determinare interventi coercitivi RAGIONE_SOCIALE‘Autorità.
In questa prospettiva, va qui ribadito che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, integra la condizione ostativa RAGIONE_SOCIALEa colpa grave la condotta di chi, nei reati associativi, abbia tenuto comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità al sodalizio criminale (Sez. 4, n. 49613 del 19/10/2018, Rv. 273996 – 01).
Rispetto alle suddette argomentazioni, il ricorrente si limita a contrapporre censure assolutamente generiche, in parte ribadendo come lo stesso sia stato assolto dal reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., in parte lamentando che l’assoluzione con formula dubitativa in relazione all’ipotesi di cui all’art. 416-ter cod. pen. non potrebbe costituire fattore ostativo al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo riparativo.
In realtà, l’assoluzione dal reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. costituisce mero presupposto RAGIONE_SOCIALEa richiesta in disamina, e non esime il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione dalla valutazione di eventuali condotte (dolose o colpose) ostative al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo; inoltre, non assume alcuna rilevanza il rilievo in ordine alla asserita formula dubitativa per la fattispecie criminosa di cui all’art. 416-ter cod. pen., trattandosi di reato che non era posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa misura custodiale di cui si chiede l’equa riparazione.
Per il resto, il ricorso non si confronta in alcun modo con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e dianzi riassunte, peccando in tal senso anche di aspecificità.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), deve addivenirsi alla condanna del ricorrente al pagamento sia RAGIONE_SOCIALEe spese processuali sia RAGIONE_SOCIALEa sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
Il ricorrente, quale parte soccombente, va anche condannato alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di questo giudizio di legittimità in favore del RAGIONE_SOCIALE resistente, liquidate in mille euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali e RAGIONE_SOCIALEa somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALEa cassa RAGIONE_SOCIALEe ammende nonche’ alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese sostenute dal RAGIONE_SOCIALE resistente, che liquida in complessivi euro 1.000,00.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Presidente COGNOME