Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19004 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19004 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 3578/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME NOME nato a CAVA DE’ TIRRENI il 13/08/1978 altra parte: Ministero dell’economia e delle finanze avverso l’ordinanza del 11/12/2024 della Corte d’appello di Salerno. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Salerno, quale giudice della riparazione, con l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME COGNOME ha chiesto la riparazione per la custodia cautelare subita nell’ambito di un procedimento penale in ordine al reato associativo di cui all’art. 416-bis cod. pen. ed altro, dal quale Ł stato definitivamente assolto.
Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso l’interessato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 314 cod. proc. pen.
Lamenta che la spedizione del titolo cautelare a carico del COGNOME trova fondamento esclusivamente nell’ipotesi ex art. 416-bis cod. pen., per il quale Ł intervenuta assoluzione con formula piena. A nulla rileva l’intervenuta assoluzione con formula dubitativa in relazione all’ipotesi di cui all’art. 416-ter cod. pen. perchØ estinto per prescrizione, reato che non avrebbe consentito un’autonoma spedizione del titolo cautelare, tenuto conto della lontananza nel tempo dei fatti. Il rigetto dell’istanza risulta ancorato ad un evidente travisamento dei fatti e della prova posti dall’istante a sostegno della domanda riparatoria.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Si Ł costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, resistendo al ricorso e chiedendone la reiezione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La Corte territoriale ha correttamente esaminato la questione sottoposta al suo esame secondo i parametri richiesti dalla disposizione di cui all’art. 314 cod. proc. pen., valutando in maniera congrua e logica, e con l’autonomia che Ł propria del giudizio di riparazione, la ricorrenza di una condotta ostativa determinata da dolo o colpa grave, avente effetto sinergico rispetto all’emissione della misura custodiale nei confronti dell’interessato.
¨ infatti noto che, in materia di riparazione per ingiusta detenzione, la colpa che vale ad escludere l’indennizzo Ł rappresentata dalla violazione di regole, da una condotta macroscopicamente negligente o imprudente dalla quale può insorgere, grazie all’efficienza sinergica di un errore dell’Autorità giudiziaria, una misura restrittiva della libertà personale. Il concetto di colpa che assume rilievo quale condizione ostativa al riconoscimento dell’indennizzo non si identifica con la ‘colpa penale’, venendo in rilievo la sola componente oggettiva della stessa, nel senso di condotta che, secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, possa aver creato una situazione di prevedibile e doveroso intervento dell’Autorità giudiziaria. Anche la prevedibilità va intesa in senso oggettivo, quindi non come giudizio di prevedibilità del singolo soggetto agente, ma come prevedibilità secondo il parametro dell’id quod plerumque accidit, in relazione alla possibilità che la condotta possa dare luogo ad un intervento coercitivo dell’autorità giudiziaria. Pertanto, Ł sufficiente considerare quanto compiuto dall’interessato sul piano materiale, traendo ciò origine dal fondamento solidaristico dell’indennizzo, per cui la colpa grave costituisce il punto di equilibrio tra gli antagonisti interessi in campo.
Va inoltre considerato che il giudice della riparazione, per stabilire se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione “ex ante” – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchØ in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013 – dep. 2014, Maltese, Rv. 25908201. La valutazione del giudice della riparazione, insomma, si svolge su un piano diverso, autonomo rispetto a quello del giudice del processo penale, ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, COGNOME ed altri, Rv. 20363801).
Da questo punto di vista, l’ordinanza impugnata ha fornito un percorso logico motivazionale intrinsecamente coerente e rispettoso dei principi di diritto connessi all’istituto della riparazione.
La Corte territoriale, valutando autonomamente il materiale probatorio utilizzato dai giudici di merito, ha fondatamente ritenuto che il comportamento dell’istante, pur ritenuto privo di rilevanza penale, ha contribuito colposamente in maniera decisiva all’emissione della misura cautelare.
Allo scopo sono stati valorizzati specifici fatti riconducibili all’interessato, non esclusi dal giudice della cognizione, quali la riscontrata vicinanza del COGNOME agli ambienti malavitosi di
Pagani, in continuità con il precedente clan COGNOME Tommaso, da cui non risulta si sia mai dissociato, risultando anzi capace di raccogliere e controllarne il pacchetto considerevole di voti elettorali per dirottarli verso il candidato sindaco COGNOME in cambio di numerosi vantaggi personali e familiari, primo fra tutti l’affidamento della gestione dei parcheggi comunali di Pagani in favore di società a lui facenti capo e da lui controllate, nonostante la formale intestazione a terzi. Sotto quest’ultimo profilo, Ł stata anche valorizzata la fittizia intestazione a prestanomi delle società a lui facenti capo, in quanto logicamente ritenuta condotta tipicamente posta in essere da soggetti che gravitano negli ambienti della malavita per mascherare risorse potenzialmente sottoponibili a misure di prevenzione.
Proprio dalla consistenza di tali ‘contatti’ del ricorrente con ambienti malavitosi ed in considerazione delle indicate modalità di gestione dei suoi affari, la Corte della riparazione ha ragionevolmente reputato come il ricorrente abbia, quantomeno con colpa grave, contribuito a dare causa alla misura cautelare subita, trattandosi di situazioni atte a determinare interventi coercitivi dell’Autorità.
In questa prospettiva, va qui ribadito che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, integra la condizione ostativa della colpa grave la condotta di chi, nei reati associativi, abbia tenuto comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità al sodalizio criminale (Sez. 4, n. 49613 del 19/10/2018, Rv. 273996 – 01).
Rispetto alle suddette argomentazioni, il ricorrente si limita a contrapporre censure assolutamente generiche, in parte ribadendo come lo stesso sia stato assolto dal reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., in parte lamentando che l’assoluzione con formula dubitativa in relazione all’ipotesi di cui all’art. 416-ter cod. pen. non potrebbe costituire fattore ostativo al riconoscimento dell’indennizzo riparativo.
In realtà, l’assoluzione dal reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. costituisce mero presupposto della richiesta in disamina, e non esime il giudice della riparazione dalla valutazione di eventuali condotte (dolose o colpose) ostative al riconoscimento dell’indennizzo; inoltre, non assume alcuna rilevanza il rilievo in ordine alla asserita formula dubitativa per la fattispecie criminosa di cui all’art. 416-ter cod. pen., trattandosi di reato che non era posto a fondamento della misura custodiale di cui si chiede l’equa riparazione.
Per il resto, il ricorso non si confronta in alcun modo con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e dianzi riassunte, peccando in tal senso anche di aspecificità.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), deve addivenirsi alla condanna del ricorrente al pagamento sia delle spese processuali sia della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
Il ricorrente, quale parte soccombente, va anche condannato alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità in favore del Ministero resistente, liquidate in mille euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero resistente, che liquida in complessivi euro 1.000,00.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Presidente COGNOME