Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44329 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4   Num. 44329  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CALAFIORE NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA,
nei confronti di:
RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 10/10/2023 RAGIONE_SOCIALEa Corte d’appello di Palermo
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da NOME COGNOME, in relazione alla sofferta misura RAGIONE_SOCIALEa custodia in carcere applicata dal 6/12/2017 al 31/05/2019 in forza RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza del GIP presso il Tribunale di Palermo, confermata in sede di riesame, in relazione a un capo di imputazione ipotizzante il reato previsto dall’art. 416-bis cod. pen.; imputazione rispetto alla quale era stato assolto per non aver commesso il fatto con sentenza emessa dal GUP procedente il 31/05/2019, divenuta definitiva il 25/01/2022.
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 315 cod.proc.pen., ha ritenuto che la domanda non potesse essere accolta, osservando che sussisteva il presupposto ostativo rappresentato quanto meno dalla colpa grave del richiedente; ha osservato che al ricorrente era stato contestato di aver fatto parte RAGIONE_SOCIALEa organizzazione mafiosa “RAGIONE_SOCIALE” ed in particolare RAGIONE_SOCIALEa famiglia mafiosa di Resuttana. La Corte territoriale ha specificamente elencato gli elementi indiziari che erano stati originariamente valutati a carico RAGIONE_SOCIALE‘imputato, quali gli esiti RAGIONE_SOCIALEe intercettazioni telefoniche e ambientali e RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME.
L’ordinanza genetica si fondava sulle convergenti risultanze di intercettazioni e di immagini registrate da appositi sistemi di videosorveglianza, con particolare riferimento a quelle riportate ai punti 1623-1652 RAGIONE_SOCIALEa stessa ordinanza genetica. Nel corso RAGIONE_SOCIALEe conversazioni telefoniche del 2 gennaio 2015, del 25 febbraio 2015 e del 9 ottobre 2015, intercorse tra gli esponenti mafiosi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, era emerso che tali personaggi, i quali erano in frequente relazione con lo COGNOME, parlavano ripetutamente del ricorrente, appellandolo con il nome di “pacchione”, per la corporatura robusta, manifestando la volontà di arruolarlo quale guardiaspalle per guadagnare la somma di euro 500 al mese che gli erogavano.
Inoltre, il collaboratore di giustizia NOME COGNOME, nel corso RAGIONE_SOCIALE‘interrogatorio del 6 giugno 2018, ebbe modo di riferire al GIP che il ricorrente effettivamente aveva avuto modo di partecipare ad azioni estorsive su mandato di NOME COGNOME, così quanto all’episodio di estorsione in danno del bar RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO Europa avvenuto nei primi giorni del 2015, per il quale lo COGNOME era pienamente consapevole, ed in ordine ad altro episodio programmato per intimidire un perito nella zona di via NOME, che non si realizzò per la presenza di telecamere.
Tali informazioni, ritenute non idonee in sede di giudizio di cognizione, assumevano rilievo ai fini RAGIONE_SOCIALEa richiesta di ingiusta detenzione perché dimostravano l’affectio societatis che caratterizzava la relazione tra lo RAGIONE_SOCIALE e gli esponenti RAGIONE_SOCIALEa associazione mafiosa.
Da tali elementi ne conseguiva la configurabilità RAGIONE_SOCIALEa condotta sinergica ascrivibile allo RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto l’erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod.proc.pen. – ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), – nonché la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).
Ha dedotto che il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione avrebbe ravvisato il presupposto ostativo del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave RAGIONE_SOCIALE‘istante sulla base di condotte non direttamente imputabili o comunque attuate dallo RAGIONE_SOCIALE, ancorando la ricorrenza RAGIONE_SOCIALEa colpa grave, intesa come significatività RAGIONE_SOCIALEe supposte frequentazioni, unicamente a meri commenti, valutazioni ed intenzioni espresse da terzi interlocutori. Al netto di tali intenzioni, come aveva esplicitato la sentenza assolutoria, non vi erano concreti elementi atti a dimostrare il diretto e stabile inserimento del ricorrente nell’organizzazione mafiosa, né vi era prova che lo stesso avesse concorso nelle azioni criminose di cui si era parlato nel corso RAGIONE_SOCIALEe conversazioni captate. Inoltre, il riferimento alle dichiarazioni del pentito NOME, utilizzate dalla Corte territoriale al fine di tentare di collegare la condotta colposa ad una attività effettivamente attuata dall’istante, non avrebbero potuto essere utilizzate in quanto l’efficacia probatoria RAGIONE_SOCIALEe citate dichiarazioni era stata neutralizzata dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione, che aveva affermato trattarsi di estorsioni di cui COGNOME non aveva parlato e che non erano state contestate all’imputato COGNOME.
Il Procuratore generale ha depositato memoria nella quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Il ricorso è infondato.
Il motivo di ricorso attiene alla congruità RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata in punto di valutazione del presupposto ostativo rappresentato dalla colpa grave in capo alla parte ricorrente.
Va quindi premesso che, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, costituisce causa ostativa al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo la sussistenza di un comportamento – da parte RAGIONE_SOCIALE‘istante – che abbia concorso a darvi luogo con
dolo o colpa grave. In particolare, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa all’ingiusta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti, non esclusi dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione, di tipo extra-processuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver dato causa all’imputazione) o processuale (auto incolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi), in ordine alla cui attribuzione all’interessato e incidenza sulla determinazione RAGIONE_SOCIALEa detenzione il giudice è tenuto a motivare specificamente (Sez.4, 3/6/2010, n. 34656, COGNOME, RV. 248074; Sez.4, 21/10/2014, n. 4372/2015, COGNOME, RV. 263197; Sez.3, 5/7/2022, n. 28012, COGNOME, RV. 283411); in particolare, il giudice di merito, per stabilire se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante – e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale (Sez.4, 22/9/2016, n. 3359/2017, La Fornara, RV. 268952), con particolare riferimento alla commissione di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti (Sez.4, 5/2/2019, n. 27548, COGNOME, RV. 276458).
Deve altresì essere ricordato che, sulla base RAGIONE_SOCIALE‘arresto espresso da Sez.un., 13/12/1995, n. 43/1996, COGNOME, RV. 203638, nel procedimento per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione è necessario distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all’accertamento RAGIONE_SOCIALEa sussistenza di un reato e RAGIONE_SOCIALEa sua commissione da parte RAGIONE_SOCIALE‘imputato, da quella propria del giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un iter logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso RAGIONE_SOCIALE‘altrui errore) alla produzione RAGIONE_SOCIALE‘evento “detenzione”; ed in relazione a tale aspetto RAGIONE_SOCIALEa decisione egli ha piena ed ampia libertà di esaminare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno RAGIONE_SOCIALEe condizioni RAGIONE_SOCIALE‘azione (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione; derivandone, in diretta conseguenza di tale principio, quello ulteriore in base al quale il giudice del procedimento di riparazione per ingiusta detenzione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o non esclusi, ma ciò al
solo fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparazione (Sez.4, 10/6/2010, n. 27397, COGNOME, RV. 247867; Sez.4, 14/12/2017, n. 3895/2018, P., RV. 271739).
Dal punto di vista processuale, deve altresì evidenziarsi che l’assenza RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave, costituendo condizione RAGIONE_SOCIALE‘azione necessaria al sorgere del diritto all’equa riparazione, deve essere accertata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla deduzione RAGIONE_SOCIALEa parte (Sez. 4, n. 6880 del 26/01/2021, Mogaadi, Rv. 280543).
Rispetto alla fattispecie concreta in esame, deve rilevarsi come il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave RAGIONE_SOCIALE‘interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento RAGIONE_SOCIALEa legale conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza di un procedimento a suo carico; il giudice di merito deve, in modo autonomo e in modo completo, apprezzare tutti gli elementi probatori a sua disposizione e rilevare, se la condotta tenuta dal richiedente abbia ingenerato o contribuito a ingenerare, nell’autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa configurabilità RAGIONE_SOCIALEa stessa come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Sez.Un., 27/5/2010, n. 32383, COGNOME, RV. 247664).
Costituisce giurisprudenza del tutto consolidata quella in base alla quale la frequentazione ambigua, da parte del ricorrente, di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta oggettivamente ad essere interpretata come indizio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione a condizione che emerga, quanto meno, una concausalità rispetto all’adozione, nei suoi confronti, del provvedimento applicativo RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare (Sez.4, 18/12/2014 n. 8914/2015; COGNOME, Rv. 262436; Sez.4, 21/11/2018, n. 53361, COGNOME, RV. 274498; Sez.4, 28/9/2021, n. 850/2022, COGNOME, RV. NUMERO_DOCUMENTO); frequentazioni, a propria volta, ben desumibili dal compendio di intercettazioni telefoniche o ambientali valutate da parte del giudice che ha emesso la misura applicativa (Sez.4, 26/9/2017, n. 48311, COGNOME, RV. 271039; Sez.4, 5/2/2019, n. 27458, COGNOME, RV. 276458).
Deve quindi ritenersi che la Corte territoriale si sia complessivamente ben confrontata con i già menzionati principi in punto di valenza sinergica del comportamento gravemente colposo tenuto dall’imputato.
In particolare, appare coerente con la premessa RAGIONE_SOCIALEa presenza RAGIONE_SOCIALEa colpa grave in capo al ricorrente la considerazione di fatto in base alla quale, come riferito dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME attraverso le dichiarazioni
v
acquisite al processo di cognizione nell’interrogatorio del 6 giugno 2018, che lo COGNOME andò, insieme ad altri due soggetti, su mandato RAGIONE_SOCIALE‘esponente RAGIONE_SOCIALEa famiglia mafiosa COGNOME ad effettuare una richiesta estorsiva presso un ponteggio posto alle spalle del bar appartenente al medesimo esponente. In altra occasione, sempre secondo le dichiarazioni del NOME del successivo 18 giugno 2018 e del 26 giugno RAGIONE_SOCIALEo stesso anno, lo COGNOME partecipò alla spedizione estorsiva, formulata ai danni del titolare del bar RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, ed era presente in occasione dei preparativi per altra richiesta, non realizzatasi per la presenza di telecamere, rivolta ad un perito assicurativo nei pressi di INDIRIZZO ed altra ancora, con riferimento ad un ponteggio sito in INDIRIZZO.
Si tratta di condotte rivelatrici, quanto meno, di frequentazioni intercorrenti con ambienti malavitosi che correttamente sono state ritenute utile presupposto di un atteggiamento gravemente colposo nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa sottoposizione alla misura cautelare in carcere.
Né vale ad incrinare il ragionamento adottato dalla Corte territoriale, quanto affermato dal ricorrente in ordine alla motivazione assolutoria del giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione in ordine all’assenza di prova del diretto e stabile inserimento RAGIONE_SOCIALEo COGNOME nella organizzazione mafiosa, o l’assenza di traccia concreta di una azione criminale RAGIONE_SOCIALEo COGNOME e l’incertezza sulla sua effettiva presenza in occasione RAGIONE_SOCIALEa solo programmata estorsione ai danni del perito assicurativo.
Infatti, è evidente che il piano cognitivo del giudice penale, finalizzato alla ricerca RAGIONE_SOCIALEa prova RAGIONE_SOCIALEa responsabilità penale oltre ogni ragionevole dubbio, non impedisce al giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione di svolgere la propria cognizione sullo stesso materiale probatorio, nel senso sopra indicato, al fine RAGIONE_SOCIALE‘accertamento RAGIONE_SOCIALEa condotta gravemente colposa o dolosa RAGIONE_SOCIALE‘istante.
Neppure vale la affermata “neutralizzazione”, da parte sempre del giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione, RAGIONE_SOCIALEe dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME, derivanti dal fatto che le estorsioni dal medesimo descritte non erano state contestate all’imputato COGNOME, per cui non poteva esserne ritenuto responsabile, e che RAGIONE_SOCIALEe stesse non aveva parlato NOME. Anche in questo caso, infatti, il giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione ha effettuato una valutazione processuale RAGIONE_SOCIALEa idoneità RAGIONE_SOCIALEa prova RAGIONE_SOCIALEa responsabilità penale e RAGIONE_SOCIALEa rilevanza processuale dei fatti in relazione alla contestazione, ma non ha negato che i fatti siano effettivamente accaduti. Pertanto, legittimamente su tali circostanze il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha fondato il proprio convincimento.
Sulla base di tali presupposti, la motivazione RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale deve ritenersi logica e coerente, nella parte in cui ha attribuito valenza sinergica al comportamento tenuto dall’imputato, attribuendo rilevanza ad atteggiamenti che – pur essendo stati ritenuti dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione come inidonei a fondare
una pronuncia di condanna – devono ritenersi connotati, sulla base RAGIONE_SOCIALEa stessa rappresentazione fornita nel provvedimento impugnato, da un evidente attributo di ambiguità, esprimendo gli stessi la vicinanza perdurante rispetto a dinamiche di tipo malavitoso.
In definitiva, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024.