Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32252 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32252 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in TUNISIA il 13/11/1981
avverso l’ordinanza del 06/03/2025 della Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 marzo 2025, la Corte di appello di Napoli ha respinto la domanda formulata da NOME COGNOME per la liquidazione dell ‘ equa riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione a misura cautelare detentiva dal 9 aprile al 9 ottobre 2019.
La misura cautelare fu disposta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, con ordinanza in data 11 aprile 2019, all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto dell’indagato, eseguito il 9 aprile 2019 nella ritenuta flagranza dei seguenti reati: artt. 56, 628, commi 1 e 3 n. 1 cod. pen. (capo A); artt. 582, 585, 576 n. 1, 61 n. 2 cod. pen. (capo B). L’arresto fu
convalidato e fu disposta la misura cautelare della custodia in carcere ritenendo sussistente un grave quadro indiziario rappresentato dalla denuncia querela sporta da NOME COGNOMEche aveva riferito di essere stato oggetto di una minaccia a mano armata, di una richiesta di denaro e di una aggressione da parte di un connazionale di nome NOMECOGNOME aveva accompagnato gli operanti presso l’abitazione dell’aggressore e aveva riconosciuto un coltello presente in quella casa come quello utilizzato per minacciarlo) e da un referto medico che attestava la presenza sulla persona del denunciante di ferite compatibili con la dinamica dell’aggressione descritta.
Con sentenza del 9 ottobre 2019, all’esito di giudizio ordinario, il Tribunale di Napoli ha assolto l’odierno ricorrente dal reato di cui al capo A) «perché il fatto non sussiste». Quanto alle lesioni contestate al capo B), l ‘imputato è stato prosciolto per essere il reato estinto per intervenuta remissione di querela: è stata esclusa, dunque, la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 585 cod. pen.
La sentenza del Tribunale di Napoli Nord è divenuta irrevocabile il 27 dicembre 2019 e l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione è stata proposta il 21 dicembre 2021.
2. La Corte di appello ha respinto la domanda di riparazione. Ha osservato che il giudizio di cognizione ha ritenuto non provato il tentativo di rapina anche grazie all’esame dei filmati registrati da un sistema di videosorveglianza installato all’esterno del bar ove si verificarono i fatti, dai quali risultava che COGNOME si era avvicinato a COGNOME gesticolando in maniera vistosa e questi lo aveva aggredito a mani nude, senza fare uso di un coltello. Ha sottolineato, poi, che quei filmati (acquisiti in epoc a successiva all’arresto e all’applicazione della misura cautelare) confermavano una aggressione e che, diversamente da quanto sostenuto nell’interrogatorio di garanzia, COGNOME non si era limitato a spintonare COGNOME, ma lo aveva colpito con schiaffi e pugni tanto da farlo cadere sui tavolini posti all’esterno del locale . Secondo la Corte territoriale, si tratta di un comportamento gravemente colposo idoneo a determinare l’intervento dell’ Autorità giudiziaria e, dunque, ostativo al riconoscimento del diritto all’indennizzo .
L’ordinanza impugnata ha ritenuto ostativo al riconoscimento del diritto all’indennizzo anche il comportamento processuale di COGNOME il quale, rendendo dichiarazioni al G.i.p., avrebbe consapevolmente mentito sostenendo di aver spintonato COGNOME, che lo stava infastidendo, e di essersi subito allontanato, mentre i filmati documentano «una rappresaglia violenta» della quale la sentenza pronunciata all’esito del giudizio di cognizione dà atto.
Contro l ‘ ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME deducendo violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. e vizi di motivazione. Secondo la difesa, l ‘ aggressione a mani nude cui fa riferimento la sentenza di assoluzione non poteva essere valutata dal Giudice della cautela quale grave indizio di un tentativo di rapina, sicché l’errore nel quale è incorsa l’autorità giudiziaria non fu determinato da questo comportamento, ancorché accertato nel giudizio di cognizione. La motivazione sarebbe poi manifestamente illogica quando sostiene che il Giudice della cautela sarebbe stato indotto in errore dalle dichiarazioni di COGNOME il quale esercitò il proprio diritto di difesa sostenendo di essersi limitato a spintonare la persona offesa e di non avergli chiesto denaro.
Nei termini di legge, il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria in data 10 luglio 2025 l’ Avvocatura dello Stato ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La difesa non contesta che il comportamento valutato ostativo dalla Corte di appello sia stato tenuto, ma sostiene, con motivazione meramente oppositiva, che non si tratterebbe di un comportamento doloso o gravemente colposo essendo stato affermato, all’esito del giudizio di cognizione, che quel comportamento non era funzionale a conseguire un ingiusto profitto e, dunque, non poteva integrare gli estremi della tentata rapina contestata al capo A) dell’imputazione provvisoria.
Così argomentando, il ricorso non si confronta col contenuto del l’ordinanza impugnata, nella quale la Corte di appello ha sottolineato:
che l’aggressi one è documentata dai filmati acquisiti agli atti;
che, secondo quanto emerge dalla sentenza di proscioglimento, COGNOME si avvicinò a COGNOME con atteggiamento provocatorio, mentre questi era seduto al tavolino di un bar e, per reagire al comportamento della persona offesa, COGNOME «intraprese una rappresaglia violenta» che gestì a mani nude, «con schiaffi e pugni di intensità tale da far cadere la vittima sui tavoli vicini»;
che, nel giudizio di cognizione, tale aggressione è stata valutata penalmente rilevante e COGNOME è stato assolto dall’accusa di lesioni solo in ragione della intervenuta remissione di querela.
Nel criticare le conclusioni cui è giunta l’ordinanza impugnata, il ricorrente si limita a ricordare che l’aggressi one non era funzionale al conseguimento di un ingiusto profitto, ma non evidenzia profili di contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e non si confronta con le argomentazioni sviluppate dalla Corte di appello, secondo la quale il giudizio di cognizione ha escluso che l’aggressione fosse connessa a una richiesta di denaro, ma ha accertato che, essendo stato infastidito della persona offesa, COGNOME reagì con violenza sproporzionata e del tutto ingiustificata, procurando a Derbali lesioni personali (documentate da un referto medico) che ebbero sicura efficacia sinergica nell’adozione della misura cautelare. La misura fu disposta, infatti, non solo per la rapina di cui al capo A), ma anche per le lesioni di cui al capo B), risultate procedibili a querela solo all’esi to dell’esame dei filmati .
La Corte di appello ha ritenuto che abbiano avuto efficacia sinergica nell’applicazione della misura cautelare anche le dichiarazioni rese dall’indagato nell’interrogatorio di garanzia , atteso che egli sostenne, contrariamente al vero, di essersi limitato a spintonare la persona offesa. Per questa parte la motivazione presenta profili di contraddittorietà e manifesta illogicità. L ‘ordinanza impugnata riferisce, infatti, che i filmati atti a documentare la falsità delle dichiarazioni rese non erano a disposizione del G.i.p. Il giudice della cautela, dunque, non poteva apprezzare la discordanza tra quanto dichiarato e quanto concretamente avvenuto e il mendacio dell’indagato non influì in c oncreto sull’ applicazione della misura.
Nell’economia complessiva dell’ordinanza impugnata, tuttavia, il riferimento al comportamento tenuto dall’imputato nel corso dell’udienza di convalida ha carattere marginale e, quando il convincimento del giudice poggia su più ragioni distinte, ciascuna delle quali idonea a giustificare la decisione adottata, i vizi logici o giuridici relativi ad una sola di tali ragioni non inficiano la decisione se -come nel caso di specie -la stessa trova adeguato sostegno negli altri motivi non affetti da quei vizi (in tal senso, Sez. 5, n. 2128 del 13/1/1978, COGNOME, Rv. 138077; Sez. 4, n. 216 del 02/05/1975, dep. 1976, Alba, Rv. 131797; Sez. 1, n. 604 del 02/05/1967, Solejam, Rv. 105773; e, recentemente, Sez. 5, n. 37466 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 281877).
Per quanto esposto il ricorso è infondato. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dal Ministero resistente, cui conseguirebbe la condanna del ricorrente alla rifusione delle stesse. La memoria depositata, infatti, si limita a riportare principi
giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione senza confrontarsi con i motivi di ricorso, sicché non può dirsi che l’Avvocatura dello Stato abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa del ricorrente (sull’argomento, con riferimento alle spese sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, cfr. Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886; Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713)
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese alla parte resistente.
Così deciso l’11 settembre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME Salvatore Dovere