Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19501 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19501 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ROMA il 16/10/1957 COGNOME NOME COGNOME nato a MAZARA DEL VALLO il 02/12/1953
avverso l’ordinanza del 12/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
COGNOME, che ha udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sulle conclusioni del PG , Sost. Proc. gen. Dott. NOME COGNOME dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Roma ) con ordinanza del 12 novembre – 23 dicembre 204 ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell’interesse dei coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME che sono stati entrambi ristretti agli arresti domiciliari per ottantotto giorni, dal 12 marzo 2018 all’8 giugno 2018, in relazione alla contestazione di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis cod. pen. in danno del Ministero per le politiche agricole, reato contestato come commesso sino al 19 febbraio 2016 e da cui sono stati assolti dal Tribunale di Roma, per insussistenza del fatto, con sentenza del 9 giugno 2023, irrevocabile il 29 luglio 2023.
Ricorrono per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME e NOME COGNOME tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale denunziano promiscuamente violazione di legge e difetto di motivazione per avere l’ordinanza impugnata ritenuto sussistente il presupposto ostativo della colpa grave dei richiedenti con motivazione assolutamente carente, contraddittoria e manifestamente illogica.
La Corte di merito, ad avviso della Difesa, omette ogni confronto con le ragioni dell’assoluzione degli imputati, pronunziata perchè il fatto non sussiste per la emersa totale infondatezza degli addebiti, peraltro su conforme richiesta del Pubblico Ministero, limitandosi ad un mero “copia e incolla” di stralci delle sole decisioni emesse nella fase cautelare.
Si sottolinea, inoltre, criticamente la mancanza di qualsiasi condotta colposamente concausativa della limitazione della libertà da parte dei ricorrenti, i quali non hanno ammesso i fatti, non si sono sottratti all’interrogatorio e non hanno reso dichiarazioni mendaci.
Richiamate, dunque, più sentenze di legittimità stimate pertinenti, si chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
2.1. Con istanza avanzata il 6 febbraio 2025 e reiterata 1’11 febbraio 2025 il Difensore ha domandato la discussione orale del ricorso, che è stata disattesa, per le ragioni di cui si dirà.
Il Procuratore Generale della S.C. nella requisitoria scritta del 13 febbraio 2025 ha concluso nel senso della inammissibile del ricorso.
L’Avvocatura erariale inella memoria del 25 febbraio 2025 / ha chiesto respingersi il ricorso.
Il ricorrente,con articolata memoria del 7 febbraio 2025 ha replicato alle tesi delle controparti, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto, per i seguenti motivi.
2.Quanto alla richiesta di discussione, si osserva preliminarmente essersi in presenza di ricorso che già prima della riforma ex lege 10 ottobre 2022, n. 150, che ha inteso ridurre i casi di partecipazione personale delle Parti in udienza, veniva trattato con il rito del contraddittorio scritto ex art. 611 cod. proc. pen.
L’art. 611 cod. proc. pen. nel testo vigente recita:
«1. La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica.
1-bis. Nei procedimenti per la decisione sui ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi dell’articolo 442 il procuratore generale e i difensori possono chiedere la trattazione in pubblica udienza. Gli stessi possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione:
sui ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione con l’osservanza delle forme previste dall’articolo 127;
sui ricorsi avverso sentenze pronunciate all’esito di udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a norma dell’articolo 598 bis, salvo che l’appello abbia avuto esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di pene sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
1-ter. Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza. Quando ritiene ammissibile la richiesta proposta, la corte dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. La cancelleria dà avviso del provvedimento al procuratore generale
e ai difensori, indicando se il ricorso sarà trattato in udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127.
1-quater. Negli stessi casi di cui al comma 1-bis, la corte può disporre d’ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, dandone comunicazione alle parti mediante l’avviso di fissazione dell’udienza.
1-quinquies. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127, l’avviso di fissazione dell’udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell’udienza e i termini di cui ai commi 1 e /-ter sono ridotti a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, a dieci giorni per le memorie e a tre giorni per le memorie di replica.
1-sexies. Se ritiene di dare al fatto una definizione giuridica diversa, la corte dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con. la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l’avviso di fissazione della nuova udienza».
2.1. Sostiene il Difensore che dovrebbe tenersi udienza camerale partecipata ex art. 127 cod. proc. pen. in ragione del rinvio effettuato dall’art. 315, comma 3, cod. proc. pen. alle norme sull’errore giudiziario di cui agli artt. 643 e ss. cod. proc. pen., in quanto compatibili, segnalando che l’art. 646, comma 1, cod. proc. pen,. prevede espressamente che «Sulla domanda di riparazione la corte decide in camera di consiglio osservando le forme pervista dall’art. 127 c.p.p.».
2.2. La tesi va disattesa.
, Infatti, nonostante la formulazione – forse – non felicissima, l’art. 611, comma · 1-bis, lett. a), cod. proc,. pen. prevede che «il procuratore generale e i difensori possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione: a) sui ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione con l’osservanza delle forme previste dall’articolo 127 »; cioè per la decisione sui ricorsi per i quali è prevista espressamente la trattazione da parte del giudice dell’impugnazione in camera di consiglio partecipata, mentre non dice, come invece avrebbe dovuto, ove fosse fondato l’assunto difensivo, che le Parti possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione personale per la decisione sui ricorsi avverso provvedimenti emessi dai giudici a quibus all’esito di camera di consiglio partecipata ex art. 127 cod. proc. pen.
La richiesta del Difensore protesa alla fissazione di udienza partecipata, dunque, non può trovare accoglimento.
Nel merito il ricorso coglie nel segno.
3.1.L’ordinanza impugnata, infatti, dopo un breve riassunto degli antefatti (pp. 1-3) e la citazione di alcuni principi generali puntualizzati dalla S.C. (pp. 47), afferma che la condotta tenuta dAi ricorrenti «appariva tutt’altro che connotata dalla completa estraneità» agli addebiti (p. 7), per poi richiamare (pp. 7-11) più passaggi motivazionali tratti dalla motivazione: dell’ordinanza con cui il G.i.p. il 6 ottobre 2017 ha rigettato la richiesta cautelare avanzata dal Pubblico Ministero per insussistenza di esigenze cautelari, pur affermando l’esistenza del quadro indiziario; dell’ordinanza con cui il Tribunale per il riesame il 5 dicembre 2017, decidendo ex art. 310 cod. proc. pen. sull’appello avanzato dal P.M., hà disposto gli arresti domiciliari; e della sentenza con cui la Corte di cassazione il 6 marzo 2018 ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento del Collegio distrettuale.
I richiamati provvedimenti, tutti emessi nella fase cautelare, sottolineano, tra l’altro, irregolarità nella fase di aggiudicazione e di attuazione del progetto bandito dall’Unione europea, violazione della normativa su appalti e sub-appalti, anomale restituzioni agli imputati di somme pagate, circostanze in relazione alle quali la Corte territoriale si limita ad affermare che, «pur non costituendo prova sufficiente ai diversi fini dell’affermazione di una responsabilità penale, appaiono a questa Corte sufficienti a ritenere esistente un comportamento extraprocessuale tale da aver indotto l’autorità giudiziaria ad intervenire con un provvedimento cautelare» (così alla p. 10).
3.2. Manca radicalmente, tuttavia, come puntualmente osservato dai ricorrenti, il confronto con le ragioni dell’assoluzione, pronunziata peraltro per insussistenza del fatto, confronto che si impone come doveroso. Il raffronto con le ragioni della cautela (su cui cfr. Sez. 3, n. 36336 del 19/06/2019, Wakel, Rv. 277662), infatti, non può prescindere dal confronto con le ragioni della pronunzia assolutoria irrevocabile,dalla quale, anzi, a ben vedere, pare opportuno prendere le mosse, . quale “punto-fermo”, per poi individuare eventuali condotte dell’imputato, processuali ovvero extraprocessuali, tali da avere concausato, in uno con l’errore dell’A.G. la privazione della libertà personale. Ove è appena il caso di rammentare che il fatto che il proscioglimento sia stato eventualmente pronunziato ai sensi del comma 2 dell’art. 530 cod. proc. pen. non può assumere alcuna valenza preclusiva rispetto alla valutazione circa il diritto all’indennizzo (v., tra le altre, Sez. 4, n. 22924 del 30/03/2004, Min. Fin, in proc. COGNOME, Rv. 228791; Sez. 4, n. 2365 del 12/04/2000, COGNOME, Rv. 216311; Sez. 4, n. 1295 del 12/04/1995, Massa, Rv. 201652). Ciò che conta, invece, è che il giudice della riparazione apprezzi, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori
a sua disposizione con particolare riferimento alla sussistenza di comportamenti, anteriori e successivi alla perdita della libertà personale, connotati da eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fondando la deliberazione conclusiva non già su mere supposizioni ma su fatti concreti e precisi, “accertati e non negati”, con esclusione di dati congetturali, che consentano di stabilire, con valutazione ex ante, se la condotta tenuta dal richiedente abbia ingenerato o contribuito a ingenerare, nell’autorità procedente, la falsa apparenza della configurabilità della stessa come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (cfr. Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Ry. 247663; Sez. U, n. 222263 del 26/06/ 2002, Min. Tesoro in proc. COGNOME, Rv. 222263; Sez. U. n. 43 del 13/12/1995, dep.. 1996, COGNOME e altri, Rv. 203636; tra le Sezioni semplici v. Sez. 4, n. 27397 del 10/06/2010, Ministero Economia e Finanze, Rv. 247867; Sez. 4, n. 22642 del 21/03/2017, COGNOME, Rv. 270001, e, più di recente, Sez. 5, n. 39726 del 27/09/2023, COGNOME, Rv. 285069).
Nel compiere tale operazione, occorrerà tenere presente il principio della totale autonomia tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione, atteso che i due riguardano piani di indagine del tutto diversi che ben possono portare a conclusioni affatto differenti pur se fondati sul medesimo materiale probatorio acquisito agli atti, in quanto sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione del tutto differenti; ciò perché è prevista in sede di riparazione per ingiusta detenzione la rivalutazione dei fatti non nella loro portata indiziaria o probatoria, che può essere ritenuta insufficiente e condurre all’assoluzione, occorrendo valutare se essi siano stati idonei a determinare, unitamente ed a cagione di una condotta negligente od imprudente dell’imputato, l’adozione della misura cautelare, traendo in inganno il giudice (cfr., tra le numerose, Sez. 4, n. 2145 del 13/01/2021, COGNOME, Rv. 280246; Sez. 4, n. 39500 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 256746).
4.Discende dalle considerazioni svolte l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Roma, che, attenendosi ai principi di diritto richiamati, valuterà, naturalmente in piena autonomia di giudizio, senza trascurare le ragioni della pronunziata assoluzione, la eventuale sussistenza di condotte poste in essere dai ricorrenti che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione adeguata, congrua ed immune da vizi logici.
La Corte territoriale dovrà anche provvedere anche alla regolamentazione delle spese tra le Parti relativamente al grado di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Roma, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti
relativamente al presente grado di legittimità.
Così deciso il 13/03/2025.