Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2772 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2772 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BADOLATO il 06/11/1960
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sulle conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catanzaro con ordinanza del 24 giugno – 2 luglio 2024 ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell’interesse di NOME COGNOME che è stato ristretto in custodia cautelare complessivamente per trentatrè giorni, dal 7 dicembre 2017 all’8 gennaio 2018, in relazione a tre accuse di estorsione aggravata anche dalla mafiosità (capi B, C e D). e di violenza privata, del pari con l’aggravante mafiosa (capo E): quanto ai capi C), D) ed E), il Tribunale per il riesame, adito dalla Difesa, ha integralmente annullato l’ordinanza, mentre, quanto al residuo capo B), ha escluso la configurabilità delle aggravanti di cui agli artt. 112, n. 1, cod. pen. e 7 della legge 12 luglio 1991, n. 203; all’esito del processo di merito, il Tribunale di Catanzaro con sentenza del 13 novembre 2020; ha assolto l’imputato dal reato di cui al capo B), per insussistenza del fatto, e dagli altri illeciti, con la formula pe non avere commesso il fatto.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale denunzia promiscuamente violazione di legge (art. 314 cod. proc. pen.) e difetto di motivazione, che sarebbe apparente, contraddittoria e palesemente illogica.
Ad avviso del ricorrente, il provvedimento sarebbe solo apparentemente motivato, siccome corredato da un simulacro di apparato giustificativo.
Richiamati alcuni principi di diritto puntualizzati dalla S.C. che si stimano applicabili nel caso di specie (Cass., n. 1401/1992, Zenatti, CED n. 190488; Cass., n. 4927/1991, Cass., n. 3374/2017, Cass., n. 363/2008, Cass., n. 39199/2014, Cass, n. 21575/2014), si sottolinea che è stato valorizzato nel caso di specie il contenuto dalle conversazioni intercettate riferite nell’ordinanza, nonostante si tratti di aspetti già oggetto ‘della pronunzia assolutoria. In ogni caso, dal tenore delle stesse non emergerebbe in alcun modo una condizione di assoggettamento, tema nemmeno lambito nei dialoghi, e tantomeno con metodo mafioso, mentre – si sottolinea – sarebbe stato imprescindibile delineare, quantomeno embrionalmente, elementi in ordine alla costrizione, in conformità alla contestazione elevata, e descrivere in termini di soggezione il comportamento e l’atteggiamento delle persone offese. E, anzi, proprio dal contenuto delle conversazioni riferite nell’ordinanza impugnata, emerge che l’interlocutore COGNOME ripetutamente redarguisce COGNOME rispetto al quale non manifesta alcun timore, rivolgendosi in modo poco ossequioso e finanche dandogli un ultimatum.
Si sottolinea criticamente anche come la ritenuta «noncuranza delle richieste che gli venivano inoltrate» (p. 7) sia comportamento – sì – eticamente discutibile ma sfornito di ogni significato di interesse alla procedura di riparazione e come il riferimento, nei concreti termini in cui svolto nell’ordinanza, all’appartenenza dell’imputato a consorteria mafiosa costituisca un mero “simulacro” di motivazione.
Si chiede, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il P.RAGIONE_SOCIALE nella requisitoria scritta del 9 settembre 2024 ha chiesto il rigetto del ricorso.
L’Avvocatura erariale nella memoria dell’Il settembre 2024, pervenuta il giorno seguente, ha a sua volta domandato rigettarsi il ricorso; in ogni caso, con vittoria di spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato e deve essere accolto, per le ragioni che si passa ad illustrare.
2.Del comportamento ritenuto estorsivo, per di più posto in essere dal ricorrente con aggravante mafiosa, non si rinviene sufficiente e logica traccia nel provvedimento impugnato, che, ripercorsi gli antefatti (pp. 2-3) e richiamati alcuni principi puntualizzati dalla S.C. (p. 4), si affida (pp. 4-6) alla ritenut capacità evocativa di comportamenti gravemente illeciti della trascrizione testuale di brani di intercettazioni di tre conversazioni telefoniche intercorse tra NOME COGNOME e NOME COGNOME nelle date del 22 giugno 2015, del 25 giugno 2015 e del 10 luglio 2017, per trarne la conclusione che «Dalle captazioni sopra riportate emerge con evidenza che il Santi/lo si poneva nei confronti del gestore dell’azienda dei Baroni Galle/li con un atteggiamento di prepotenza e di noncuranza delle richieste che gli venivano inoltrate, avente ad oggetto sia la restituzione dei mezzi che il divieto di coltivare i fondi. Tali modalità comportamentali vanno lette unitamente al fatto che il Santi/lo apparteneva alla famiglia COGNOME ramo “COGNOME” – con capostipite NOME COGNOME, suocero del COGNOME – distintasi nell’ambito della comunità organizzata di tipo mafioso. Orbene, se tali emergenze non sono state ritenute sufficienti per affermare la responsabilità dell’istante in ordine reati ascrittigli sono tuttavia rilevanti, parere della Corte, ai fini dell’integrazione a colpa grave che è elemento ostativo all’accoglimento della richiesta di indennizzo in quanto il NOME/io, con le condotte
emergenti dalle conversazioni captate, ha contribuito a delineare un quadro fattuale che era certamente ex ante compatibile con la misura cautelare emessa» (così alla p. 7 dell’ordinanza impugnata).
2.1. Nondimeno, la piana lettura delle conversazioni intercettate non mostra le caratteristiche che il Collegio di merito ritiene di attribuirvi: non emerge con la indicata evidenza che il COGNOME si sia posto nei confronti del gestore dell’azienda dei RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME con atteggiamento di prepotenza e di noncuranza delle richieste che gli venivano inoltrate di restituzione dei mezzi e, anzi, come sottolineato nel ricorso, proprio dal contenuto delle conversazioni riferite testualmente nell’ordinanza impugnata, emerge quanto segue: che NOME COGNOME il 22 giugno 2015 chiede «per favore quell’escavatore… che devo fare uno scavo per l’acqua» a NOME COGNOME, il quale si mostra risentito e ripetutamente redarguisce COGNOME rispondendogli «mi dispiace ma questa volta non ti poso aiutare» (p. 5 dell’ordinanza); che COGNOME il 25 giugno 2015 intima in maniera netta a COGNOME di riportare indietro l’escavatore senza mostrare, almeno apparentemente, timore (p. 6); e che lo stesso COGNOME il 10 luglio 2017 si rivolge a COGNOME in modo poco ossequioso: «… io l’escavatore te lo presto per fare le cose tue, non che vai a fare lavori girando per gli altri, ma non te ne preoccupi allora ? … hai una cazzo di testa, proprio, non ne hai per niente teste non ti posso nemmeno dire inc. Nuzzo amore io te l’ho detto voglio l’escavatore mi devi dare il 50% .di quello che fai per gli estranei non hai voluto capirlo quando te l’ho detto ti sei dimenticato ?…» (p. 6).
2.2.Ebbene, deve ritenersi che la semplice trascrizione delle intercettazioni senza specificazioni sulle ragioni per cui il contenuto delle stesse dimostra una data tesi può essere ritenuta motivazione idonea soltanto laddove, in effetti, la chiarezza della conversazione e la linearità della vicenda in oggetto consentano di affermare la “auto-evidenza” della prova stessa (cfr. Sez. 6, n. 1269 del 05/12/2012, dep. 2013, COGNOME e altri, Rv. 25427, in motivazione, p. 16), ciò che, però, non è nel caso di specie
Occorre, dunque, dare convintamente continuità al principio di diritto già puntualizzato (sia pure in fattispecie non coincidente), da Sez. 6, n. 1269 del 05/12/2012, dep. 2013, COGNOME e altri, cit., secondo cui la motivazione di un provvedimento che si limiti a trascrivere le intercettazioni senza alcuna valutazione critica e senza specificare le ragioni per le quali il loro contenuto dimostra una certa tesi può essere ritenuta sufficiente a condizione che la chiarezza delle conversazioni captate e la linearità della vicenda rendano la prova autoevidente (nello stesso senso, v. già, tra le altre, Sez. 6, n. 15733 del 05/03/2003, COGNOME, Rv. 225440).
2.3.Ed anche la riconducibilità della persona del ricorrente ad un ambito malavitoso è circostanza solo genericamente accennata dalla Corte territoriale ma non adeguatamente illustrata, anche con riferimento alla eventuale conoscenza della relativa fama criminale da parte degli interlocutori.
3.Consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catanzaro, che provvederà anche alla regolamentazione fra le Parti delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catanzaro cui demanda anche la regolamentazione fra le Parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso il 17/10/2024.