Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13665 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Ribera il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 20/12/2022 dalla Corte d’Appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18/10/2019, la Corte d’Appello di Firenze rigettava una domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da COGNOME NOME in relazione al titolo cautelare sofferto per i reati di cui agli art. 270-bis cod. pe 110, 1, 20 I. n. 895 del 1967 e 1 I. n. 15 del 1980, dai quali era stata assolta (con sentenza ex 425 cod. proc. pen. quanto al reato associativo,e con sentenze conformi di merito quanto agli altri reati, essendo stato dichiarato inammissibile il ricorso del P.G. fiorentino avverso la conferma dell’assoluzione in appello).
e. COGNOME
Tale provvedimento veniva annullato con rinvio dalla Quarta Sezione di questa Suprema Corte, con sentenza n. 23143 del 13/01/2023, per vizio di motivazione. La sentenza rescindente, in particolare, evidenziava una illegittima valorizzazione dell’esercizio della facoltà di non rispondere (per non aver prospettato una ricostruzione alternativa della propria condotta) e un altrettanto indebito “recupero” di elementi la cui esistenza e significatività era stata esclusa in sede di cognizione.
Giudicando in sede di rinvio, la Corte fiorentina, con ordinanza del 20/12/2022, ha nuovamente rigettato la domanda di riparazione, richiamando il contenuto dell’ordinanza cautelare che aveva ritenuto decisive le intercettazioni ambientali sul furgone in uso al coimputato COGNOME, ed osservando che la sentenza d’appello che aveva confermato l’assoluzione in primo grado, pur avendo dichiarato utilizzabili le intercettazioni (a differenza di quanto stabilito Tribunale), aveva valutato gli esiti della perizia fonica secondo cui i rumori di fondo avevano reso “incomprensibili proprio le conversazioni più significative”.
Ad avviso del giudice di rinvio, la Corte d’Appello in sede di cognizione “non aveva affatto neutralizzato i risultati delle intercettazioni ambientali” dal momento che la sentenza assolutoria si era “limitata a dire che le conversazioni comprese e trascritte dagli operatori di polizia non avevano trovato riscontro nella perizia svolta e che un nuovo accertamento non avrebbe potuto offrire risultati diversi”. D’altra parte, sempre ad avviso del giudice di rinvio, l’esito negativo dell”indagine peritale si spiegava “con il fatto che solo conoscendo le indagini in corso di svolgimento e le persone in esso coinvolte era stato possibile attribuire un significato congruo, in relazione alle contestazioni provvisorie mosse, alle espressioni usate e riferirle ai soggetti indagati”. In definitiva, la riten insufficienza delle risultanze captative nulla toglieva, per il giudice di rinvio, a condotta dolosa tenuta dalla COGNOME – come tale ostativa all’accoglimento della domanda di riparazione – e consistita nel conversare con il COGNOME, con COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Anche avverso tale decisione, la COGNOME propone ricorso per cassazione.
2.1. Si censura l’assunto del giudice di rinvio secondo cui la Corte d’Appello, in sede di cognizione, non avrebbe neutralizzato le risultanze captative, essendo al contrario emerso, all’esito della parziale rinnovazione del dibattimento, “che l’intercettazione ambientale ritenuta il cardine del compendio probatorio dell’accusa era assolutamente priva di contenuto; in sostanza dall’intercettazione non si poteva evincere alcuna frase comprensibile pronunciata da chi si trovava all’interno del furgone” (pag. 8 del ricorso). Era in definitiva emersa, all’esito del perizia fonica, una totale divergenza rispetto ai brogliacci di P.G. e alla consulenza tecnica espletata dal P.M., appunto per la totale inesistenza delle frasi poste a
sostegno dell’intervento cautelare. Ciò rendeva evidente l’insussistenza della condotta dolosa ritenuta ostativa, dal giudice di rinvio, all’accoglimento della domanda di riparazione.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il AVV_NOTAIO Generale sollecita l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo i rilievi formulati dalla difesa in ordine al mancato rispetto delle indicazioni espresse in sede rescindente.
Con memoria tempestivamente trasmessa, il difensore della ricorrente insiste per l’accoglimento dei motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Come già in precedenza ricordato, la Quarta Sezione aveva annullato la precedente ordinanza, reiettiva della domanda di riparazione proposta dalla COGNOME, sia per una indebita valorizzazione del silenzio serbato da quest’ultima, sia per la violazione del consolidato principio secondo cui «in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice della riparazione, per decidere se l’imputato vi abbia dato causa per dolo o colpa grave, deve valutare il comportamento dell’interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è fondato il titolo cautelar e sempre che gli elementi indiziari non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudiz di assoluzione» (Sez. 4, n. 41396 del 15/09/2016, Piccolo, Rv. 268238 – 01).
A tale ultimo proposito, è opportuno evidenziare che i rilievi critici della sentenza rescindente avevano riguardato la valorizzazione, in senso ostativo, di alcuni commenti della COGNOME, intercettati mentre la ricorrente era all’interno di un furgone con un compagno con cui ella divideva la militanza anarchica, che sembravano riguardare uno scoppio seguito “in diretta”: commenti la cui esistenza o significatività erano stati esclusi dai giudici della cognizione penale (all’esito del perizia espletata dalla Corte d’Appello sulle intercettazioni), e che pertanto, ad avviso della Quarta Sezione, erano stati illegittimamente “recuperati” dall’ordinanza di rigetto (cfr. pag. 10 della sentenza rescindente).
Come già accennato, l’ordinanza oggi impugnata, emessa in sede di rinvio, la Corte d’Appello ha escluso che i giudici di merito avessero in alcun modo “neutralizzato” la valenza indiziante di tali risultanze captative. Si è in particola sostenuto che la sentenza che aveva confermato in appello l’assoluzione della COGNOME si era “limitata a dire che le conversazioni comprese e trascritte dagli operatori di polizia non avevano trovato riscontro nella perizia svolta e che un nuovo accertamento non avrebbe potuto offrire risultati diversi”.
Il giudice di rinvio ha inoltre osservatqinoltre ossewatcl, che le conversazioni ascoltate dall’operante e trascritte sul c.d. brogliaccio “non avevano trovato
conferma negli esiti della perizia”, e che questi ultimi si spiegavano “con il fatto che solo conoscendo le indagini in corso di svolgimento e le persone in esso coinvolte era stato possibile attribuire un significato congruo, in relazione alle contestazioni provvisorie mosse, alle espressioni usate e riferirle ai soggetti indagati” (cfr. pag. 4 dell’ordinanza impugnata).
In buona sostanza, ad avviso del giudice di rinvio, le dichiarazioni intercettate non erano state ritenute inattendibili dalla Corte d’Appello, ma solo “insufficienti e quindi inidonee a fondare in termini di assoluta certezza un giudizio di responsabilità penale”. Ciò consentiva al giudice della riparazione di valutarle – nel doveroso apprezzamento ex ante – quale condotta dolosa della COGNOME, idonea ad indurre il G.i.p. a ritenere esistente la gravità indiziaria per i delitti a suo caric
Tali considerazioni non possono in alcun modo essere condivise.
Emerge dallo stesso provvedimento impugnato che nel processo di merito la Corte d’Appello, ritenendo utilizzabili le intercettazioni (al contrario di quant ritenuto dal primo giudice), aveva disposto perizia, ed era pervenuto alla decisione di conferma dell’assoluzione in primo grado della COGNOME alla luce degli esiti di tale approfondimento: il perito, infatti, “aveva assunto come i rumori di fondo rendessero incomprensibili proprio le conversazioni più significative, ossia quelle ambientali” (pag. 3). In altri termini, sempre secondo quanto emerge dall’ordinanza impugnata, la Corte d’Appello aveva per un verso affermato che le conversazioni intercettate, “comprese e trascritte dagli operatori di polizia, non avevano trovato riscontro nella perizia svolta”; per altro verso, si era inteso precisare che “un nuovo accertamento non avrebbe potuto offrire risultati diversi” (pag. 4).
Su tali basi, non si vede francamente come possa sostenersi che il giudice d’appello non abbia “neutralizzato” le risultanze captative, dal momento che la loro valenza indiziante, che legittimamente era stata desunta dai brogliacci in sede di applicazione della misura cautelare, è stata poi inequivocabilmente esclusa dagli esiti della perizia svolta nel giudizio di merito, che hanno definito “incomprensibili” le dichiarazioni intercettate in ambientale. Deve invero convenirsi con il rilievo difensivo (pag. 15 del ricorso) secondo cui, diversamente opinando, il contenuto di una conversazione intercettata, riportata in un brogliaccio ma non confermata dall’ascolto peritale, risulterebbe sempre ostativo all’accoglimento della domanda di riparazione. Né tali conclusioni possono evidentemente ritenersi vulnerate dall’ulteriore rilievo contenuto nell’ordinanza impugnata, che appare manifestamente illogico, secondo cui l’esito negativo della perizia sarebbe stato determinato dalla mancata conoscenza delle indagini e delle persone coinvolte (cfr. pag. 2, cit.).
Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Firenze.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Firenze.
Così deciso il 16 febbraio 2024
COGNOME
estensore COGNOME
Il Presidente