Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36150 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36150 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/12/2023 della CORTE APP.SEZ.MINORENNI di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Procuratore Generale, con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
letta la memoria depositata dall’Avvocatura dello Stato.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha rigettato l’ista riparazione avanzata, ai sensi degli artt. 314 e ss cod. proc. pen, da COGNOME NOME, affermando che la stessa aveva concorso a dare causa alla propria detenzione, in regime di custodia cautelare in carcere dal 28 maggio 2014 al 24 giugno 2014 e poi agli arresti domiciliari sino al 12 giu 2015, cui era stata sottoposta in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 1 D.P.R. 309/1 dal quale veniva assolta ‘per non avere commesso il fatto’, con sentenza della Corte di appel di Napoli in data 17 maggio 2016, divenuta irrevocabile.
Il suddetto provvedimento segue ad altre precedenti ordinanze della stessa Corte di appello, datate rispettivamente 6/10/2020 e 13/1/2022, oggetto di annullamenti con rinvio da parte d questa Corte, con le decisioni n.28183/21 della Quarta Sezione e n. 47682/22 della Terza Sezione.
Il giudice dell’ultimo rinvio, dopo aver richiamato le precedenti decisioni, ha ritenuto la della COGNOME, avendo la stessa confermato, in sede di interrogatorio di garanzia, di av acquistato una pluralità di dosi di cocaina, una volta 10, una volta 12 ed una volta 20, afferman testualmente: “non so perché si ipotizzi che la droga fosse per uso altrui; forse il gergo us per definirla, ove parlavamo di cene”.
A fronte di tali dichiarazioni – ha proseguito la Corte distrettuale – il giudice della ritenne ragionevolmente, per quanto erroneamente, che se la COGNOME aveva ammesso di aver acquistato ripetutamente cocaina, a blocchi di almeno 10 per volta, per altrettante decine persone che aveva a cena, ciò evidentemente non consentiva, in quella fase, di ritenere che s trattasse di destinazione ad uso personale. “Pertanto, è per colpa della condotta gravemente colposa e sinergicamente concorrente, serbata dalla COGNOME anche in sede di interrogatorio, ove non ha affatto spiegato per quale ragione dichiarasse di comprare la cocaina a blocchi di olt 10 cose la volta per offrirla a propri commensali a cena, e dunque ben al di là dell’uso persona se il giudice della cautela, dopo aver ragionevolmente applicato la custodia cautelare nei s confronti, ha anche ragionevolmente mantenuto detta custodia anche all’esito dell’interrogatorio”.
Avverso l’ordinanza di rigetto ha proposto ricorso per la cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i motivi che di seguito si riportano nei l strettamente necessari alla decisione, come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 lug 1989 n. 271.
La ricorrente ha censurato il provvedimento per violazione di legge e contraddittorietà del motivazione
per aver disatteso le indicazioni delle sentenze di annullamento e ripropost argomentazioni precluse in quanto già cassate;
per aver ravvisato colpa grave in condotte che sono state escluse dal Giudice della cognizione;
per aver addebitato alla ricorrente di aver “ammesso di avere acquistato ripetutamente cocaina, a blocchi di almeno 10 per volta, per altrettante decine di persone che aveva a cena quando, per vero, in sede di interrogatorio la signora COGNOME decodificava il frasario impieg specificando che la sostanza fosse ad uso personale;
per aver riscontrato la colpa grave nel non aver “affatto spiegato per quale ragio dichiarasse di comprare la cocaina a blocchi di oltre 10 dosi alla volta per offrirla a commensali a cena, e dunque ben al di là dell’uso personale”, in sede di interrogatorio garanzia.
3.11 Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata.
L’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria scritta nella quale ha concluso per i rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
1.1 In linea generale, si deve osservare che il dolo o la colpa grave idonei ad esclude l’indennizzo per ingiusta detenzione devono sostanziarsi in comportamenti specifici che abbiano “dato causa” all’instaurazione dello stato privativo della libertà o abbiano “concorso a d causa”, sicché è ineludibile l’accertamento del rapporto causale, eziologico, tra tali condott il provvedimento restrittivo della libertà personale. Al riguardo si deve innanzitutto rileva è sempre necessario che il giudice della riparazione pervenga alla sua decisione di escludere diritto in questione in base a dati di fatto certi, cioè ad elementi «accertati o non negati» U n. 43 del 13/12/1995 – dep. 1996, Sarnataro, Rv. 203636); tale valutazione, quindi, non può essere operata sulla scorta di dati congetturali, non definitivamente comprovati non solo nel loro ontologica esistenza, ma anche nel rapporto eziologico tra la condotta tenuta e la s idoneità a porsi come elemento determinativo dello stato di privazione della libertà, in riferim alla fattispecie di reato per la quale il provvedimento restrittivo venne adottato (v. anc motivazione, Sez. 4, n. 10684 del 26/01/2010, COGNOME, non mass.).
E’ altrettanto evidente che giammai, in sede di riparazione per ingiusta detenzione, pot essere attribuita decisiva importanza, considerandole ostative al diritto all’indennizzo, a cond escluse o ritenute non sufficientemente provate (in senso accusatorio) con la sentenza di assoluzione (Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993 – dep. 1994, COGNOME, Rv. 198491).
1.2 Nella sentenza assolutoria della Corte di appello si dà atto che i tre episodi in quest si riferissero effettivamente all’acquisto di stupefacente, ma che, seppure il linguaggio util
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fosse di natura convenzionale (cena per venti, cena per dodici, cena per una decina di prenotati si trattasse di piccolissime scorte di cocaina che – quale consumatrice abituale- l’imputata pot permettersi.
Dalla lettura del verbale riportato nella stessa ordinanza di rigetto emerge che la COGNOME, sede di interrogatorio di garanzia, non riferì affatto di aver concordato l’acquisto di dro distribuire ad amici in occasione di cene (a pag. 3 dell’ordinanza è riportata l’espressione ” so perché si ipotizzi che la droga fosse per uso altrui; forse il gergo usato per definirl parlavamo di cene”).
La circostanza è stata pure sottolineata da questa Corte nel primo annullamento con rinvio, laddove si è evidenziato che la COGNOME, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ha reso espli le espressioni effettivamente ambigue (‘cene per venti, cene per dodici’) ed ha fornito elementi, in suo possesso, utili a dipanare il quadro indiziario, dando le spiegazioni richies linguaggio utilizzato; da quel momento, dunque, la condotta colposa, consistita nell’imprudenz dei contatti continuativi con lo spacciatore, cessa, posto che ella svela la codificazione espressioni cui i due ricorrono proprio in relazione agli episodi che interessano la droga.
1.3 La Corte distrettuale, nell’ultima ordinanza di rigetto, ha sostanzialmente evidenzi che, al momento dell’interrogatorio, il GIP aveva buone ragioni per non accordare credibilità tali chiarimenti, considerato il contenuto delle intercettazioni in cui si parlava di cene con il numero di dosi acquistate, il ricorso ad un linguaggio criptico.
Al riguardo, la denuncia di una errata applicazione dell’art. 314 cod. proc. pen. coglie segno.
L’ordinanza impugnata si discosta dalla corretta interpretazione della disciplina che è sta chiamata ad applicare, errando nella identificazione della condotta che può legittimamente essere assunta a base della valutazione in merito alla dolosità o colposità (grave o lieve) de stessa e, di conseguenza, nella impostazione del giudizio di correlazione causale tra quella ed mantenimento della limitazione della libertà personale.
Quanto al primo aspetto, nel ricercare la condotta che avrebbe fatto da presupposto dell’errore del giudice della cautela, la Corte di appello ha focalizzato la propria attenzio quadro cautelare come ricostruito dal GIP, anziché – come avrebbe dovuto – sul comportamento e sulla ricostruzione della vicenda acquisita anche all’esito del giudizio assolutorio.
Ben diversamente, la Corte di appello avrebbe dovuto muovere dal comportamento della istante quale emergente dalla ricostruzione della vicenda validata dal giudizio assolutorio sui accertati dal giudice della cognizione.
Ed invece, ha proceduto ad una interpretazione non corretta della giurisprudenza di questa Corte che, quando richiama il giudice della riparazione a valutare la condotta dell’ist ponendosi in una prospettiva ex ante (secondo un insegnamento che può farsi risalire almeno a Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, Rv. 222263), intende sì riferirsi alla necessità che detto giud non faccia coincidere la propria valutazione con quella che ex post ha compiuto il giudic dell’assoluzione (pena l’automatica ricorrenza del diritto all’indennizzo), ma non TARGA_VEICOLO ad una
valutazione ex ante circoscritta all’orizzonte del giudice della cautela al momento di adozi dell’ordinanza restrittiva Q
Seguendo questa diversa impostazione, speculare a quella ripudiata dalle Sezioni Unite, la valutazione del giudice della riparazione finisce con il ripercorrere il giudizio affidato al T per il riesame delle misure cautelari, perché si riduce ad una sorta di rinnovata verifica legittimità del provvedimento cautelare.
Basti considerare la seguente affermazione dell’ordinanza in esame, emblematica della sequenza argomentativa da questa esibita: “In proposito occorre osservare che in sede di interrogatorio al gip, la COGNOME ha ammesso di avere acquistato cocaina dal Boateng in tre occasioni nel volgere di circa cinque mesi, utilizzando un linguaggio cifrato. Si tratta occasioni in cui la quantità di dosi acquistate sempre superiore a 10 (“cena per 20, cerca p una decina di prenotati, siamo in 12 a cena”). Ne consegue che la destinazione ad uso personale, unica ragione che ha fondato la soluzione della donna in appello, non era affatto evidente e no lo divenne all’esito dell’interrogatorio. In tale occasione, al contrario, l’ammissione della COGNOME determinò la conferma del convincimento del giudice in ordine al fatto che l’oggetto del conversazioni di linguaggio cifrato fosse la cocaina. Grazie a tali ammissioni il giudice d cautela fu legittimato dunque ritenere la COGNOME effettivamente facesse riferimento all’acquis di cocaina quando confessava il linguaggio cifrato, almeno con riferimento ai tre episodi indic ove dunque occorreva leggere che l’affare era relativo alla fornitura di cocaina per la cessione terzi invitati a cena.” .
Ed in ciò si ravvisa l’errore di impostazione che ha condotto a valutare la colposità comportamento quale era stato ritenuto dal giudice della cautela, senza verificare s l’accertamento culminato nel giudizio assolutorio ne avesse dimostrato l’insussistenza o l’avess ridefinito, con effetti anche sul profilo riparativo.
Ne è disceso un ulteriore errore, questa volta nella valutazione del diverso comportamento asseritamente colposo, ovvero nel non aver reso la COGNOME, nel corso dell’interrogatorio al AVV_NOTAIO spiegazioni convincenti in ordine al richiamato contenuto delle intercettazioni.
Ancora una volta il termine di raffronto è tra quanto affermato dall’indagato e quan risultante dagli atti di indagine sottoposti dal giudice della cautela; laddove si sarebbe d valutare il ricorrere di una reticenza o di un mendacio alla luce della situazion fattuale definita con il giudizio assolutorio.
Ed invece, non è stato effettuato alcun confronto con la sentenza assolutoria dalla quale s ricava che allorquando la COGNOME, in sede di interrogatorio, fornì spiegazioni in ordine destinazione della droga acquistata all’uso personale, non affermò il falso.
Per quanto sin qui esposto il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio. Il giudice del rinvio accerterà la even
ricorrenza delle condizioni ostative al riconoscimento dell’indennizzo definendo preliminarmente quale siano i fatti pertinenti, come accertati nel giudizio di assoluzione; quindi valuter comportamento dell’istante, che in tale quadro fattuale si inserisce come componente, abbia avuto connotato doloso o gravemente colposo e se sia stato almeno concausa del mantenimento del provvedimento cautelare.
Al giudice del rinvio va demandata anche la regolamentazione tra le parti delle spese d questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napol cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimit
Così deciso il 9 luglio 2024 Il consigliere estensore
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