Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19091 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19091 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/05/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
SALVATORE DOVERE
– Presidente –
Sent. n. sez. 475/2025
NOME COGNOME
CC – 08/05/2025
NOME COGNOME
R.G.N. 6522/2025
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Cetraro il 23/11/1966
avverso l’ordinanza del 25/11/2024 della Corte di appello di Catanzaro;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la memoria del Ministero dell’economia e finanze, che ha concluso per il rigetto del ricorso, con il favore delle spese;
Con ordinanza del 25 novembre 2024, la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato la domanda formulata da NOME COGNOME per la riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione alla misura della custodia cautelare dal 16 settembre 2002 – data in cui veniva tratto in arresto – al 29 marzo 2003 – data in cui veniva rimesso in libertˆ, per poi essere assolto con sentenza del Tribunale di Catanzaro del 20 marzo 2019 (irrev. 5 luglio 2019).
La misura cautelare nei confronti del COGNOME fu disposta in quanto gravemente indiziato del reato di cui allÕart. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
1.1. Più in particolare, lÕimpugnata ordinanza ha ritenuto sussistente la colpa grave di cui all’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., osservando che nel giudizio di cognizione, pur conclusosi con pronuncia assolutoria, non sono stati smentiti i rapporti illeciti con NOME COGNOME soggetto implicato nel traffico di sostanze stupefacenti, con il quale il ricorrente aveva intrattenuto conversazioni dal tenore criptico, il cui contenuto rimandava allÕacquisto, da parte del Roveto, di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente.
Tali conversazioni venivano a saldarsi, sul piano dimostrativo, con le dichiarazioni del COGNOME, che lo stesso Tribunale di Catanzaro ha ritenuto attendibili.
Avverso lÕordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo deduce violazione della legge penale processuale e vizio della motivazione, ai sensi dellÕart. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen..
I giudici della riparazione, si osserva, sono incorsi in errore nel ritenere gravemente colposa la condotta del ricorrente, valorizzando delle mere congetture, senza considerare lÕesito assolutorio.
Inoltre, le condotte valorizzate dalla Corte della riparazione al fine di escludere lÕindennizzo non furono contestate al Roveto.
Ancora, il ricorrente lamenta che dall’esame dell’ordinanza impugnata non è possibile nemmeno individuare i comportamenti a lui attribuibili, men che meno qualificarli come espressione di macroscopica negligenza o imprudenza.
Infine, in capo al ricorrente mancava la consapevolezza che altri fossero dediti ad attivitˆ illecite costituenti reato.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
1. Il ricorso è inammissibile.
Essendo stata dedotta una ipotesi di c.d. ingiustizia sostanziale, è compito del giudice della riparazione valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto in inganno lÕautoritˆ giudiziaria in relazione alla sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare.
In tal modo la connotazione solidaristica dell’istituto viene quindi ad essere contemperata in rapporto al dovere di responsabilitˆ gravante su tutti i consociati.
2.1. Questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha più volte ribadito che il giudice della riparazione deve procedere ad una autonoma valutazione delle risultanze processuali rispetto al giudice penale.
Ci˜ in quanto è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione” (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203638 Ð 01; conf., Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222263 Ð 01).
La valutazione deve essere effettuata , e ricalca quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare, seppur in presenza di un errore dell’autoritˆ procedente: in primo luogo, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della fondatezza delle accuse, pur successivamente smentita dall’esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrente (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
Tali comportamenti possono essere, come detto, di tipo extra-processuale (ad es., grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver dato causa all’imputazione, violazione di legge o regolamenti) o processuale (ad es., autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi).
Il giudice della riparazione, quindi, non pu˜ ritenere provati fatti che non sono stati considerati tali dal giudice della cognizione, ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350; Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039; Sez. 3, n. 19998 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250385 Ð 01).
Nel rispetto di tali limiti, pertanto, il giudice della riparazione rimane libero di valutare autonomamente i fatti giˆ giudicati.
2.2. Nel caso in esame la Corte distrettuale si è attenuta a tali principi avendo ritenuto, con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico e nel rispetto delle norme applicabili, che il comportamento del Roveto aveva contribuito ad ingenerare la rappresentazione di una condotta illecita, che ha concorso nel causare la detenzione ingiustamente sofferta.
I giudici della riparazione, in maniera tuttÕaltro che illogica, ed in forza delle intercettazioni utilizzate nel giudizio sulla imputazione, hanno messo in evidenza come tra il COGNOME ed il COGNOME (entrambe effettivamente coinvolti in un traffico di stupefacenti) fossero state intercettate una serie di conversazioni criptiche, con frasi tronche, prive di riferimenti specifici, e comunque non compiutamente decifrabili secondo il loro tenore letterale.
Contrariamente a quanto si afferma in ricorso (pp. 5 e 6), dalla reiterazione dei contatti e dal loro tenore, la Corte della riparazione ha tratto argomenti per ritenere la piena consapevolezza del Roveto circa il coinvolgimento del Femia nei traffici per cui è stato poi condannato.
Conversazioni del medesimo tenore furono intercettate tra il COGNOME ed un altro sodale, NOME COGNOME (p. 4 ordinanza ricorsa).
Tenuto conto del fatto che il Tribunale di Catanzaro non ha negato la materialitˆ dei fatti, ma ha ritenuto che non costituissero prova sufficiente della condotta partecipativa, i giudici della riparazione li hanno quindi autonomamente valutati con giudizio , ritenendo che tali frequentazioni, ed i connessi dialoghi, hanno concorso a dar causa alla detenzione patita, poichŽ tali da denotare (quantomeno) grave imprudenza, e perci˜ ostativi al riconoscimento del diritto all’indennizzo.
Hanno quindi ritenuto, i giudici della riparazione, che il carattere criptico del linguaggio utilizzato, indice dellÕoggetto illecito delle conversazioni, abbia (quantomeno) contribuito a creare la falsa rappresentazione del reato posta a fondamento del provvedimento cautelare.
I giudici della imputazione, attraverso lÕanalisi di diverse intercettazioni, e confortati dalle attendibili dichiarazioni del COGNOME, hanno inoltre ritenuto che il COGNOME, in alcune occasioni, avesse acquistato da questÕultimo sostanza stupefacente del tipo cocaina (circa 500 grammi per volta, al prezzo di 70 Ð 75 milioni di lire per chilogrammo: pp. 3 e 4 ordinanza ricorsa).
SicchŽ, il ricorso è aspecifico, perchŽ non si confronta con il percorso argomentativo della decisione impugnata: ci˜ sia nella parte in cui afferma che il giudice della riparazione ha valorizzato comportamenti non accertati in sede di merito, sia nella parte in cui afferma che la condotta ostativa non è individuata,
sia nella parte in cui contesta il carattere colposo della condotta, sia nella parte in cui ipotizza lÕinconsapevolezza del ricorrente circa lÕaltrui attivitˆ illecita.
Inoltre, i giudici della riparazione, hanno fatto corretta applicazione del principio per cui la condizione ostativa pu˜ essere integrata da comportamenti quali le frequentazioni ambigue con i soggetti condannati nel medesimo procedimento o in procedimento diverso, purchŽ il giudice della riparazione fornisca adeguata motivazione della loro oggettiva idoneitˆ ad essere interpretate come indizi di complicitˆ, cos’ da essere poste quanto meno in sinergia con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, COGNOME, Rv. 282565; sez. 4, n. 53361del 21/11/2018, Puro, Rv. 274498), ovvero dall’utilizzo, nel corso di conversazioni telefoniche, da parte dell’indagato di frasi in “codice”, destinate a occultare un’attivitˆ illecita, anche se diversa da quella oggetto dell’accusa e per la quale fu disposta la custodia cautelare (Sez. 4, n. 44997 del 19/11/2024, Marino, non mass.; Sez. 4, n. 46584 del 12/11/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 3374 del 20/10/2016, dep. 2017, Aga, Rv. 268954 Ð 01, con conferma della decisione di rigetto in un caso in cui “l’allusivitˆ delle conversazioni, l’uso di termini fuori contesto e lo stesso riferimento a pagamenti privi di causale apparente rimandano a rapporti opachi se non a traffici illeciti”; Sez. 4, n. 48029 del 18/09/2009, COGNOME, Rv. 245794 – 01).
Infine, va osservato che il giudizio sulla prevedibilitˆ Ð genericamente contestato in ricorso (p. 7 – 8) va formulato con criterio , ed in una dimensione oggettiva, quindi non come giudizio di prevedibilitˆ del singolo soggetto agente, ma come prevedibilitˆ secondo il parametro della comune esperienza, in relazione alla possibilitˆ che la condotta possa dare luogo ad un intervento coercitivo dell’autoritˆ giudiziaria (Sez. 4, n. 13359 del 26/02/2025, Bobrov, non mass.; Sez. 4, n. 12727 del 04/03/2025, Calabr˜, non mass.; Sez. 4, n. 34224 del 08/05/2024, Vigilante, non mass.).
é sufficiente, pertanto, analizzare quanto compiuto dalla richiedente sul piano materiale (nella specie, ripetuti contatti con linguaggio criptico, finalizzati allÕacquisito di ingenti partite di cocaina, in alcuni casi concretamente accertato), traendo ci˜ origine dal fondamento solidaristico dell’indennizzo, per cui la colpa grave costituisce il punto di equilibrio tra gli antagonisti interessi in campo.
Stante lÕinammissibilitˆ del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilitˆ (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
Non vanno liquidate le spese sostenute dal Ministero resistente.
La memoria depositata, infatti, si limita a riportare principi giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione, senza confrontarsi con i motivi di ricorso, e quindi senza offrire un contributo alla dialettica processuale (sul punto, Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, COGNOME non mass; in argomento anche Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, COGNOME, Rv. 222264; in riferimento alla costituzione della parte civile, ma con principi estensibili, Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino, in motivazione).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese al Ministero resistente.
Cos’ deciso in Roma, 8 maggio 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME