Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29645 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29645 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MELITO DI PORTO SALVO il 29/10/1975
avverso l’ordinanza del 24/10/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona della sostituta NOME COGNOME con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria del MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE con cui è stato chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso o, in subordine, il suo rigetto;
Letta la memoria di replica alle conclusioni del P.G., dell’avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione presentata nell’interesse di NOME COGNOME con riferimento a un periodo di detenzione da costui subito dal 27 gennaio 2006 al 26 gennaio 2007 in relazione al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
Avverso il provvedimento è stato proposto ricorso affidato ad un motivo con il quale si deduce violazione di legge e vizio di motivazione, rilevando che, poiché il pubblico ministero, in sede di esecuzione, ha omesso di computare tale periodo, la privazione della libertà patita, deve ritenersi ingiusta e il giudic della riparazione avrebbe dovuto verificare la legittimità del provvedimento adottato dal Pubblico Ministero.
Il P.G., in persona della sostituta NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria / concludendo per l’inammissibilità o, in subordine j il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato memoria di replica alle conclusioni del P.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La Corte di appello ha ricostruito la vicenda processuale dello lana rilevando che lo stesso è stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere in data 27 gennaio 2006 in relazione ai reati di cui agli artt. 416 bis co. 1,2,3,4 e 5 cod. pen e 73 e 80 d.P.R. 309/90. Il 16 febbraio 2006 il Tribunale in sede di riesame annullava la misura relativamente al secondo capo di imputazione elevato. lana veniva scarcerato per decorrenza termini il 25 gennaio 2007 (proc. denominato op. Zappa 2).
Il 13 gennaio 2010 lana era nuovamente tratto in arresto per i reati di associazione mafiosa, in cui confluiva anche la precedente imputazione per la medesima fattispecie criminosa ed altro, nell’ambito del proc. c.d. Nuovo Poterere rimaneva sottoposto a custodia sino al 20 gennaio 2015. Il giudizio di
merito si concludeva con una condanna definitiva ad anni sei e mesi due di reclusione e in data 20 gennaio 2019 il P.G. emetteva ordine di esecuzione per il residuo pena di anni uno, mesi uno e giorni 22 di reclusione. Lo lana veniva scarcerato in data 30 gennaio 2020 a seguito di concessione di liberazione anticipata.
Nell’ambito del primo procedimento, invece, lana veniva assolto dal reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/1990 e dal reato di cui all’art. 74 d.P.R. cit. che er stato successivamente contestato con richiesta di rinvio a giudizio e per il quale, dunque, il ricorrente non era mai stato sottoposto a misura.
La difesa ha proposto ricorso rilevando che in sede di esecuzione della condanna definitiva non è stata computata la detenzione patita per il periodo gennaiio 2006 – gennaio 2007.
La Corte della riparazione rigettando la richiesta ha rilevato che in relazione al reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., contestato originariamente nel proc. denominato,pp. COGNOME‘imputato non era stato assolto dato che l’imputazione in esame era stata trasfusa e accorpata nel secondo giudizio instaurato a suo carico. E’ stato, inoltre, sottolineato che per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 non era stata mai applicata misura.
In altri termini la Corte di appello ha rigettato la richiesta ritenendo che la condanna riportata nel secondo procedimento per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. costituisse ostacolo al diritto alla riparazione.
Il giudice della riparazione, dopo aver dato atto che in sede di esecuzione, a seguito della condanna definitiva, non è stato considerato il periodo trascorso in detenzione 2006/2007 ha affermato che all’epoca dell’adozione della stessa sussistevano elementi che poi hanno portato all’emissione di una sentenza di condanna.
La Corte, così motivando, erra la prospettiva da cui muovere.
Già la Corte Costituzionale con la sentenza n.219 del 20 giugno 2008 aveva affermato che «non è costituzionalmente ammissibile che l’incidenza che la custodia cautelare ha esercitato sul bene inviolabile della libertà personale dell’individuo, nella fase anteriore alla sentenza definitiva possa venire apprezzata con esclusivo riferimento all’esito del processo penale e per il solo caso di assoluzione nel merito dalle imputazioni. Se infatti, un sacrificio della libertà personale vi è stato, durante la fase della custodia cautelare, il meccanismo solidaristico della riparaazione non può che attivarsi anche per tale caso, quale che sia stato l’esito del giudizio e, pertanto, anche ove sia mancato il proscioglimento nel merito. E’ per tale ragione che il legislatore pretende di apprezzare la ricorrenza delle condizioni ncessarie ai fini della riparazione, alla luce dell’esito della vicenda processuale concernente il merito
dell’imputazione e non già della sola lesione verificatasi durante l’applicazione della misura custodiale». Proseguiva la sentenza della Corte Costituzionale precisando che «ove, tuttavia, la durata della custodia cautelare abbia ecceduto la pena successivamente irrogata in via definitiva è di immediata percezione che l’ordinamento, al fine di perseguire le predette finalità, ha imposto al reo un sacrificio direttamente incidente sulla libertà che, per quanto giustificato alla luce delle prime, ne travalica il grado di responsabilità personale» e, ancora che «resta pertanto escluso il riconoscimento dell’indennizzo in fattispecie nelle quali la mancata corrispondenza tra detenzione cautelare e pena eseguita o eseguibile – se diversa da quella inflitta – consegua a vicende posteriori, connesse al reato o alla pena. In tali casi, infatti, si produce una situazione affatto diversa rispetto a quella che induce questa Corte a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 314 cod. proc. pen.»
Non si trattava, dunque, di valutare se lana fosse stato assolto o condannato dal reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., per il quale era stato tratto in arresto nel 2006 poi “trasfuso” (espressione che non consente di stabilire in che modo ma soprattutto che non dà conto dell’esito della contestazione mossa nel primo processo, laddove il provvedimento si riferisce solo alla assoluzione relativamente al reato di cui all’art. 73 per il quale i Tribunale del Riesame aveva da subito annullato la ordinanza e all’art. 74 d.P.R. per il quale non era mai stata applicata misura).
Si trattava, piuttosto, di stabilire se l’imputato, a causa della “esclusione” della fungibilità e, dunque, del mancato computo ai fini della espiazione della pena, avesse subito o meno una restrizione di un diritto inviolabile per la durata della custodia cautelare patita.
Sotto questo profilo il provvedimento risulta carente in quanto la Corte, nell’affrontare il tema del “surplus” di restrizione della libertà rispetto al sanzione applicata, ha rigettato la richiesta ritenendo che si tratterebbe del “fisiologico divenire dell’attività processuale” e di una “esclusione della fungibilità della custodia cautelare sofferta nel 2006”.
La Corte, piuttosto, avrebbe dovuto valutare l’istanza alla luce del principio in forza del quale il diritto alla riparazione si configura anche ove quest’ultima derivi dalla illegittimità, originaria o sopravvenuta /dell’ordine di esecuzione, sempre che la stessa non dipenda da un comportamento doloso o colposo del condannato (Sez. 4 n. 44978 del 04/11/2021, COGNOME, Rv. 282247 – 01; Sez. 4 n. 25092 del 25/5/2021, Rv. 281735 – 1).
Inoltre, la motivazione posta a sostegno del rigetto non consente di valutare se la fungibilità sia stata esclusa solo in sede di predisposizione del
provvedimento di carcerazione o se piuttosto in relazione a detta esclusione sia stata posta questione che è stata respinta, previa valutazione
ad hoc
(nel qual caso potrebbe trovare applicazione il principio sancito dalla sentenza n.
25092 del 26/02/2021).
Di talché non appare chiaro se l’esclusione della fungibilità sia stata frutto
,
o meno di una valutazione in forza della quale è stata esclusa la fungibilitak se vi siano stati profili di colpa da parte del richiedente nel non contestare il
mancato computo operato dal Pubblico Ministero nel predisporre l’ordine di esecuzione.
6. Per tali ragioni il provvedimento deve essere annullato con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria, che si atterrà ai princìpi
sopra richiamati. Alla Corte del rinvio si demanda, altresì, la regolamentazione delle spese tra le parti inerenti al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Reggio Calabria, cui cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.
Così deciso il 14 maggio 2025
Il Presidente i: 7 ,