Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26295 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26295 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LEONFORTE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOMENOMECOGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Caltanissetta in data 9 febbraio 2024 ha rigettato la domanda di riparazione per il periodo di ingiusta detenzione asseritamente patito – pari a un anno, undici mesi e sedici giorni – formulata da COGNOME NOME.
1.1. COGNOME è stato tratto in arresto e posto agli arresti domiciliari, il 27 apr 2018, giusta ordinanza emessa dal GIP del Tribunale di Caltanissetta in relazione a reati di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/90. Con la stessa ordinanza il Gip ha rigettato la richiest avanzata dall’Ufficio di Procura con riferimento al reato di cui all’art. 74 D.P.R. cit..
1.2 I! Tribunale del riesame, accogliendo il ricorso proposto dal Pubblico Ministero, con provvedimento del 22 maggio 2018, confermato dalla Corte di Cassazione con sentenza del 15 novembre 2018, ha applicato al COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere, eseguita il 19 novembre successivo, anche in relazione al reato associativo.
1.3 Il GUP, con sentenza in data 8 gennaio 2020, in esito al giudizio abbreviato, ha ritenuto il ricorrente colpevole di tutti i reati a lui ascritti.
1.4 La Corte d’appello, con sentenza del 9 dicembre 2020 ha riqualificato i fatti ai sensi derartr 74 c. 6 e 73 c.5 D.P.R. n. 309/90 e ridetermiNOME la pena inflitta, comprensiva anche della pena già inflitta dal GUP del Tribunale di Enna, in data 27 ottobre 2016 in relazione ad altra ipotesi di detenzione a fini di spaccio di stupefacente, ritenendo i fatti riuniti sotto il vincolo della continuazione.
1.5 La suddetta sentenza è stata annullata dalla Corte di Cassazione, con sentenza del 24 novembre 2021, limitatamente al reato associativo.
1.6 In sede di rinvio la Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza del 21 giugno 2022 ha assolto l’istante dal reato associativo per insussistenza del fatto e ridetermiNOME la pena per i reati di detenzione a fini di spaccio di stupefacenti, in anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 1.000 di multa, a titolo di continuazione con il reato della stessa indole, giudicato dal GUP del Tribunale di Enna il 27 ottobre 2016.
I giudici della riparazione, richiamando giurisprudenza di questa Corte, hanno rigettato la richiesta argomentando che l’ordinanza custodiale era stata emessa in relazione a più contestazioni e che la condanna, anche per una sola di queste – di per sé idonea a legittimare la compressione della libertà – osterebbe al diritto all’indennizzo. Hanno ritenuto, altresì, la sussistenza di profili di colpa grave consistiti nell’essere st coinvolto, il COGNOME, in attività di spaccio come risulterebbe da alcuni sequestri e da numerose captazioni intercorse tanto con acquirenti quanto con coimputati.
Avverso l’ordinanza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’istante articolando due motivi con i quali si deduce:
3.1. la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b) per erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 314 cod. proc. pen. per avere la Corte territoriale ritenuto che la condanna per uno dei reati originariamente a lui ascritti, precluderebbe il diritto alla riparazione che richiede il proscioglimento con formula piena da tutte l accuse. In proposito la difesa richiama la pronuncia della Corte Costituzionale n. 219 del 20.6.2008, afferente le ipotesi di “detenzione cautelare sofferta in misura superiore alla pena irrogata” nonché giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite che nel solco tracciato dalla pronuncia della Corte hanno ravvisato la sussistenza del diritto all’indennizzo nell’eccesso del potere di limitazione del diritto di libertà.
3.2 la violazione dell’art. 606 commi lett. b) e lett. 2) cod. proc. pen per avere l Corte territoriale ritenuto, senza addurre alcuna motivazione, che la condanna per il minore reato contestato, art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309/90 connotasse la colpa grave di cui all’art. 314 cod. proc. pen.
L’avvocatura dello Stato ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e in subordine il rigetto.
Il Procuratore Generale, in persona del sostituto NOME COGNOMENOMECOGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. GLYPH Era stato evidenziato nell’istanza di riparazione rivolta alla Corte di appello di Caltanissetta che la pena relativa alla sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale di Enna in data 27/10/2016 con la quale COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena di anni due e mesi sei di reclusione era stata integralmente espiata dal 26/6/2016 al 25/12/2018 come da provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 7.3.2023.
1.2. GLYPH Era stato, altresì, rilevato che anche la pena di cui alla sentenza emessa dalla Corte di Appello di Caltanissetta con la quale il COGNOME è stato condanNOME alla pena (in aumento per la continuazione con la sentenza di cui al punto che precede) era stata integralmente espiata dal COGNOME dal 26/12/2018 al 25.4.2020 come da decreto di computo di custodia cautelare emesso dalla Procura Generale nissena del 18 marzo 2023.
1.3. GLYPH Considerato che il COGNOME è stato arrestato il 27/4/2018 e posto in libertà il 10.2.2022 quando erano trascorsi anni tre, mesi nove e giorni tredici di detenzione (prima in regime di arresti dorniciliari e poi in carcere) la difesa aveva rappresentato che il ricorrente aveva sofferto una ingiusta detenzione a far data dal 25.4.2020 al 10.2.22. di anni uno, mesi undici e giorni sedici per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309/90 dal quale è stato assolto perché il fatto non sussiste.
La Corte di appello di Caltanissetta, con il provvedimento impugNOME, non si è confrontata con le doglianze espresse e si è limitata ad affermare il principio
riportato al punto 2 senza, tuttavia, tenere conto del principio sancito dalla Corte Costituzionale n 219 del 2008 secondo cui “ove la durata della custodia cautelare abbia ecceduto la pena successivamente irrogata in via definitiva è di immediata percezione che l’ordinamento, al fine di perseguire le predette finalità, ha imposto al reo un sacrificio direttamente incidente sulla libertà che, per quanto giustificato alla luce delle prime, ne travalica il grado di responsabilità personale”.
I giudici della riparazione non hanno neppure tenuto conto dei principi sanciti dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in forza dei quali la riparazione di cui all’art. 314 cod. proc. Pen. è applicabile non solo nei casi di assoluzione ma anche “qualora la custodia cautelare sia stata di durata superiore rispetto a quella irrogata con sentenza definitiva” e ciò, sul presupposto che il “fondamento solidaristico” dell’obbligazione a carico dello Stato non trova giustificazione solo nell’esito del procedimento penale quanto nel principio etico e sociale di non violare il diritto fondamentale della libertà la cui lesione va ravvisata nell’eccesso del potere di limitazione dello stesso (Sez. U, 2009, Pellegrino, Rv. 241855; SS.UU. n. 4187 del 30/10/2008).
L’ordinanza impugnata evidenzia per un verso il vizio di motivazione relativamente alla dedotta eccedenza della custodia cautelare patita rispetto alla pena inflitta e, per altro verso erroneamente mette in relazione la condanna per il reato di cui all’art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309/90 con la detenzione ingiustamente sofferta per il reato di cui all’art. 74 per il quale vi è stata assoluzione. A t conclusione la Corte territoriale, peraltro, perviene limitandosi ad evocare generici contatti con coimputati e clienti e non meglio precisati sequestri che si dicono “richiamati” nelle sentenze di merito relative alla condanna e non all’assoluzione.
L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Caltanissetta la quale dovrà procedere a un nuovo esame tenendo conto di quanto sopra evidenziato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Caltanissetta cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 maggio 2024.