Riparazione del Danno: La Restituzione Spontanea è Essenziale per l’Attenuante
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica nel diritto penale: i requisiti per il riconoscimento della circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno. La decisione sottolinea un principio fondamentale: il solo risarcimento economico non basta se non è accompagnato dalla restituzione volontaria e spontanea dei beni sottratti. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
Il Caso in Analisi
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto previsto dall’art. 624 bis del codice penale. La Corte di Appello, pur rideterminando la pena, aveva confermato la condanna e negato la concessione della circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno, prevista dall’art. 62, n. 6, del codice penale.
L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, contestando proprio il diniego di tale attenuante, ritenendolo ingiusto.
La Decisione della Corte e la Riparazione del Danno
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, secondo cui l’attenuante in questione non può essere applicata in modo automatico.
La Corte ha specificato che la condotta riparatoria, per essere considerata ‘integrale’, deve includere non solo il risarcimento del danno economico, ma anche la restituzione spontanea di quanto illecitamente sottratto. Nel caso di specie, i beni erano stati recuperati non per volontà dell’imputato, ma grazie all’intervento delle forze dell’ordine, di terzi o della stessa persona offesa.
Le Motivazioni: Perché la Sola Risarcitoria non Basta
La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa del concetto di riparazione del danno. Citando una precedente sentenza (Sez. 2, n. 29715 del 21/06/2022), i giudici hanno chiarito che l’attenuante ha una duplice finalità: da un lato, soddisfare le esigenze della vittima e, dall’altro, dimostrare un ravvedimento effettivo da parte del reo.
Una restituzione non spontanea, ma frutto dell’operato altrui (come l’azione investigativa), non dimostra alcuna volontà di resipiscenza da parte dell’imputato. La condotta riparatoria, per essere meritevole di una riduzione di pena, deve essere un atto volontario, completo e tempestivo che annulli, per quanto possibile, tutte le conseguenze negative del reato. Il recupero forzato della refurtiva non rientra in questa logica, rendendo la riparazione parziale e, quindi, insufficiente per l’applicazione dell’attenuante.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un principio cruciale: per ottenere l’attenuante dell’integrale riparazione del danno, non è sufficiente ‘aspettare’ che la refurtiva venga trovata o limitarsi a un risarcimento postumo. È necessaria una condotta attiva e volontaria da parte dell’imputato, che deve spontaneamente restituire i beni sottratti prima che il giudizio sia definito. Questa decisione serve da monito: la legge premia il pentimento concreto e la volontà di porre rimedio alle conseguenze delle proprie azioni, non la mera passività di fronte all’operato delle forze dell’ordine.
Cosa è necessario per ottenere l’attenuante dell’integrale riparazione del danno?
Per ottenere l’attenuante, non è sufficiente il solo risarcimento economico. È necessario che la condotta riparatoria comprenda anche la restituzione spontanea e volontaria di tutti i beni illecitamente sottratti alla vittima.
Se la refurtiva viene recuperata dalle forze dell’ordine, l’imputato ha comunque diritto all’attenuante?
No. Secondo la Corte di Cassazione, se il bene viene recuperato dalle forze dell’ordine, dalla persona offesa o da terzi, la restituzione non è ‘spontanea’. Di conseguenza, la condotta riparatoria non può considerarsi integrale e l’attenuante non può essere riconosciuta.
Perché la restituzione deve essere ‘spontanea’?
La restituzione deve essere spontanea perché l’attenuante non mira solo a ristorare la vittima, ma anche a valutare un effettivo ravvedimento dell’imputato. Una restituzione che non deriva da un’iniziativa volontaria del colpevole non dimostra tale ravvedimento e, pertanto, non giustifica una riduzione della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4672 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4672 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Palermo ne ha confermato la condanna per il reato ex art. 624 bis cod. pen. rideterminandone Ja pena;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta il diniego della circostanza attenuante ex art. 62, numero 6, cod. pen., è manifestamente infondato perché inerente a prospettazione di enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. da ultimo Sez. 2, n. 29715 del 21/06/2022, Rv. 283684, secondo cui “la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno non può essere riconosciuta quando la condotta risarcitoria non comprende anche la spontanea restituzione del bene illecitamente sottratto, autonomamente recuperato dalle forze dell’ordine, dalle persone offese o da terzi”);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/01/2024