Riparazione del Danno nei Reati Tributari: La Cassazione Fa Chiarezza
La questione della riparazione del danno nei reati tributari rappresenta un punto cruciale per la difesa dell’imputato. Ottenere un’attenuante può significare una notevole riduzione della pena. Tuttavia, cosa si intende esattamente per ‘riparazione’? È sufficiente accordarsi per un piano di rateizzazione del debito con l’Erario? Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione offre una risposta netta, dichiarando inammissibile il ricorso di un contribuente e tracciando una linea di demarcazione chiara tra le norme generali del codice penale e la disciplina speciale dei reati fiscali.
Il Caso in Analisi: un Ricorso Dichiarato Inammissibile
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo vedeva condannato. Il ricorrente basava la sua difesa su due motivi principali:
1. L’illegittimità della sentenza d’appello: Sosteneva che la Corte si fosse limitata a confermare la decisione di primo grado con una motivazione per relationem, senza un’analisi approfondita dei punti specifici sollevati nell’atto di appello.
2. Il mancato riconoscimento di un’attenuante: Contestava il diniego della circostanza attenuante della riparazione del danno, prevista dall’art. 62, n. 6 del codice penale. L’imputato, infatti, aveva ottenuto un piano di rateizzazione del debito tributario, ritenendo tale azione sufficiente a integrare l’attenuante.
La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi, giudicando il ricorso totalmente inammissibile.
La Decisione della Corte e il Principio sulla Riparazione del Danno
La Suprema Corte ha affrontato separatamente i due motivi di ricorso, fornendo spiegazioni tecniche e giuridicamente fondate per la sua decisione.
Il Motivo sulla Motivazione per Relationem
Sul primo punto, i giudici hanno ribadito un orientamento consolidato: non è sufficiente lamentare genericamente che la motivazione sia stata fatta per relationem. L’appellante ha l’onere di indicare con precisione quali punti del suo atto di appello non siano stati specificamente valutati dal giudice di secondo grado. In assenza di tale specificazione, la censura è considerata inammissibile.
Il Cuore della Questione: la Riparazione del Danno nei Reati Tributari
Il secondo motivo è quello di maggiore interesse. La Corte ha chiarito due aspetti fondamentali che escludono l’applicabilità dell’attenuante nel caso specifico:
1. Temporalità e Integralità: Per la configurabilità dell’attenuante comune, la riparazione del danno deve essere integrale e avvenire prima dell’apertura del dibattimento. Un semplice piano di rateizzazione non soddisfa il requisito dell’integralità, in quanto il debito non è estinto ma solo dilazionato.
2. Principio di Specialità: Più importante ancora, per i reati tributari (disciplinati dal D.Lgs. 74/2000), il legislatore ha previsto un sistema autonomo e specifico per regolare gli effetti del pagamento del debito. Gli articoli 13, 13-bis e 14 di tale decreto stabiliscono precise condizioni di tempo, forma e modo affinché il pagamento del debito possa costituire una causa di non punibilità o una circostanza attenuante speciale. Questo sistema speciale prevale sulla norma generale dell’art. 62 n. 6 c.p., che, di conseguenza, non trova applicazione in questo ambito.
Le Motivazioni della Sentenza
La ratio decidendi della Corte si fonda sul principio di specialità della legge penale tributaria. Il legislatore, nel creare un corpus normativo ad hoc per i reati fiscali, ha voluto disciplinare in modo esaustivo anche le conseguenze premiali per chi si adopera a sanare il debito con l’Erario. Il risarcimento del danno in questo contesto non è un evento generico, ma un fatto tipizzato, le cui modalità ed effetti sono precisamente delineati dalla normativa di settore. Permettere l’applicazione della norma generale del codice penale creerebbe una sovrapposizione normativa non voluta, vanificando la specificità e la logica del sistema sanzionatorio tributario. La Corte, citando un precedente del 2023, ha sottolineato come il ‘risarcimento del danno’ all’Erario nei delitti tributari sia un fatto autonomo, previsto e regolato esclusivamente dagli artt. 13, 13-bis e 14 del D.Lgs. 74/2000.
Conclusioni
L’ordinanza consolida un principio fondamentale per chiunque affronti un procedimento penale per reati tributari. La speranza di ottenere un’attenuante attraverso il pagamento del debito non può basarsi su accordi di rateizzazione o sull’invocazione della disciplina generale del codice penale. È indispensabile fare riferimento alla normativa speciale (D.Lgs. 74/2000) e adempiere integralmente al pagamento nei tempi e modi da essa previsti. La decisione della Cassazione funge da monito: la strada per mitigare le conseguenze penali di una violazione fiscale è strettamente tracciata dalla legge speciale, e deviare da essa porta a un esito processuale sfavorevole, come l’inammissibilità del ricorso con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.
È sufficiente ottenere una rateizzazione del debito tributario per beneficiare dell’attenuante della riparazione del danno?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che per l’attenuante comune è necessaria la riparazione integrale del danno prima dell’apertura del dibattimento. Un piano di rateizzazione non equivale a un risarcimento integrale.
L’attenuante generale per attivo ravvedimento (art. 62, n. 6 c.p.) si applica ai reati tributari?
No. La Corte ha specificato che questa attenuante non si applica ai delitti previsti dal D.Lgs. 74/2000, poiché il risarcimento del danno all’Erario è regolato da norme speciali (artt. 13, 13-bis, 14 del decreto stesso) che prevedono autonome cause di non punibilità o attenuanti a condizioni ben precise.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa nel proporlo, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37075 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37075 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CIVITAVECCHIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, che lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo al primo motivo di appel è inammissibile, in quanto si limita a dedurre l’illegittimità della sentenza d’appello solo pe motivata per relationem alla decisione di primo grado, senza indicare i punti dell’atto di appello non valutati dalla decisione impugnata (cfr. Sez. 3, n. 37352 del 12/03/2019, Marano, Rv. 277161 – 01);
rilevato che il secondo motivo, che eccepisce il vizio di motivazione e la violazione di legge ordine al diniego della circostanza attenuante ex art. 62 n. 6 cod. pen., è inammissibil avendo la Corte di appello ribadito non solo che, per la configurabilità di detta attenuan occorre che la riparazione integrale del danno avvenga prima dell’apertura del dibattimento ciò che non si verificato nella specie, avendo l’imputato semplicemente ottenuto un piano di rateizzazione del debito tributario -, ma che la circostanza attenuante dell’attivo ravvedimen di cui all’art. 62, comma primo, n. 6), seconda parte, cod. pen., in quanto riferita alla elisione o attenuazione delle conseguenze che non si identificano in un danno patrimoniale o non patrimoniale economicamente risarcibile, non è applicabile ai delitti previsti dal d.lgs marzo 2000, n. 74, nei quali il “risarcimento del danno” cagionato all’Erario costituisce fa autonomo, specificamente previsto dagli artt. 13, 13-bis e 14 del decreto citato, quale causa di non punibilità o circostanza attenuante, ove avvenuto nei modi, con le forme e nei tempi indicati nelle indicate disposizioni (Sez. 3, n. 17015 del 21/12/2022, dep. 2023, Ricci, 284495 – 01);
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2025.