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Riparazione del danno: il termine nel rito abbreviato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8581/2025, ha stabilito che nel giudizio abbreviato, la riparazione del danno ai fini dell’attenuante ex art. 62 n. 6 c.p. deve avvenire prima dell’ordinanza di ammissione al rito. La Corte ha rigettato il ricorso di un imputato che aveva restituito la refurtiva dopo tale momento, confermando la linea giurisprudenziale dominante che fissa un limite oggettivo e non prorogabile. È stata inoltre confermata l’insussistenza della continuazione tra reati per mancanza di un disegno criminoso unitario.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riparazione del danno nel rito abbreviato: la Cassazione fissa il termine ultimo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8581 del 2025, torna a fare chiarezza su un tema cruciale della procedura penale: il termine per la riparazione del danno ai fini del riconoscimento dell’attenuante comune. La pronuncia stabilisce in modo netto che, in caso di giudizio abbreviato, il risarcimento o la restituzione devono avvenire prima dell’ordinanza con cui il giudice ammette l’imputato al rito speciale, e non in un momento successivo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per una serie di delitti contro il patrimonio. L’imputato si rivolgeva alla Suprema Corte lamentando due principali violazioni di legge.

In primo luogo, contestava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della riparazione del danno (art. 62, n. 6, c.p.). Sosteneva che la restituzione della refurtiva, sebbene avvenuta dopo l’ammissione al rito abbreviato, si era comunque perfezionata prima della discussione finale e dovesse quindi essere considerata valida.

In secondo luogo, lamentava l’erroneo diniego dell’istituto della continuazione (art. 81 c.p.) tra i vari reati ascritti, in particolare per un episodio di ricettazione. A suo dire, l’utilizzo di un deposito per la merce rubata dimostrava l’esistenza di un unico disegno criminoso volto a commettere futuri delitti.

Il Termine per la Riparazione del Danno: un limite oggettivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo, allineandosi all’orientamento giurisprudenziale dominante. I giudici hanno chiarito che l’espressione “prima del giudizio”, contenuta nell’art. 62, n. 6, c.p., deve essere interpretata in modo rigoroso per garantire un “limite oggettivo” e non soggetto alle contingenze del processo.

Nel contesto del rito abbreviato, questo limite coincide con l’ordinanza di ammissione al rito stesso. Secondo la Corte, permettere che la riparazione del danno avvenga fino alla discussione finale creerebbe un’incertezza e consentirebbe all’imputato calcoli di opportunità basati sull’andamento del processo, snaturando la finalità dell’istituto. La scelta del rito abbreviato cristallizza lo stato degli atti, e su quella base deve avvenire la valutazione del giudice, comprese le circostanze attenuanti.

La Valutazione dell’Unicità del Disegno Criminoso

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto, questa volta con una declaratoria di inammissibilità. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’accertamento dell’unicità del disegno criminoso, presupposto per l’applicazione della continuazione, è una questione di fatto demandata al giudice di merito.

Il suo apprezzamento può essere censurato in sede di legittimità solo in caso di motivazione assente, contraddittoria o manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua, evidenziando come il luogo indicato dall’imputato come “deposito” fosse in realtà la sua abitazione. Inoltre, le circostanze di uno dei furti, commesso in modo estemporaneo, smentivano l’esistenza di un programma criminoso unitario e preordinato, confermando la natura occasionale e non pianificata delle azioni.

Le Motivazioni della Corte

La decisione si fonda su due pilastri argomentativi. Sul primo punto, la Corte sottolinea la necessità di individuare un momento processuale certo e invalicabile per la riparazione del danno. Questo momento, nel rito abbreviato, non può che essere l’ordinanza di ammissione, che segna l’inizio del “giudizio” in senso tecnico per questo procedimento speciale. Qualsiasi interpretazione estensiva, che sposti il termine alla discussione finale, introdurrebbe un elemento di variabilità contrario alla ratio della norma, che non intende solo valorizzare la resipiscenza dell’imputato, ma anche fissare paletti procedurali chiari. Sul secondo punto, la Corte riafferma la propria funzione di giudice di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito.

Conclusioni

La sentenza n. 8581/2025 offre due importanti conferme. In primo luogo, solidifica l’interpretazione restrittiva sui termini per la riparazione del danno nel rito abbreviato, fornendo un’indicazione chiara a imputati e difensori: ogni atto riparatorio deve essere completato prima che il giudice ammetta il rito. In secondo luogo, ribadisce che la valutazione sulla continuazione dei reati è un’analisi fattuale la cui revisione in Cassazione è eccezionale e limitata ai soli vizi logici della motivazione, escludendo un riesame del merito delle prove.

Qual è il termine ultimo per la riparazione del danno al fine di ottenere l’attenuante nel rito abbreviato?
La riparazione del danno deve intervenire prima che il giudice pronunci l’ordinanza di ammissione al rito abbreviato, come previsto dall’art. 438, comma 4, c.p.p.

Perché la Corte ha rifiutato di considerare valida una riparazione avvenuta dopo l’ammissione al rito ma prima della discussione finale?
Perché l’espressione “prima del giudizio” contenuta nella norma (art. 62, n. 6, c.p.) necessita di un “limite oggettivo” e non variabile. Nel rito abbreviato, tale limite è identificato con l’ordinanza di ammissione per evitare calcoli di convenienza da parte dell’imputato basati sull’andamento del processo.

L’accertamento dell’unicità del disegno criminoso ai fini della continuazione può essere sempre riesaminato dalla Corte di Cassazione?
No, l’accertamento dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito. È sindacabile in Cassazione solo se la motivazione della sentenza impugnata è assente o manifestamente illogica, non per un nuovo esame delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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