Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Analisi delle Conseguenze
La rinuncia al ricorso in Cassazione è un atto processuale che determina la fine irrevocabile di un procedimento giudiziario. Sebbene possa sembrare una semplice ritirata, le sue implicazioni sono profonde, comportando non solo la definitività della sentenza impugnata, ma anche conseguenze economiche per chi rinuncia. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione illustra chiaramente questo meccanismo e le sue conseguenze pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso in esame ha origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Roma per reati legati agli stupefacenti (art. 73, commi 1 e 4, D.P.R. 309/1990) e per resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.). L’imputato, attraverso il suo difensore, aveva inizialmente deciso di contestare la sentenza di secondo grado, cercando un ultimo vaglio di legittimità presso la Suprema Corte.
Tuttavia, in un momento successivo, lo stesso imputato ha cambiato strategia, decidendo di non proseguire con l’impugnazione. Questa volontà si è concretizzata in un atto formale di rinuncia, sottoscritto personalmente e pervenuto alla cancelleria della Corte.
La Rinuncia al Ricorso in Cassazione e la Decisione della Corte
La rinuncia al ricorso in Cassazione è disciplinata dall’articolo 589 del codice di procedura penale. Questa norma prevede che la parte possa rinunciare all’impugnazione in qualsiasi momento prima della decisione. L’atto di rinuncia, per essere valido, deve essere presentato nelle forme previste dalla legge, come avvenuto nel caso di specie, dove l’imputato ha firmato personalmente l’atto, poi formalizzato dal suo difensore e procuratore speciale.
Di fronte a una rinuncia formalmente valida, la Corte di Cassazione non entra nel merito dei motivi del ricorso. Il suo compito si limita a prendere atto della volontà della parte e a dichiarare l’inammissibilità del ricorso stesso. Questo passaggio chiude definitivamente il procedimento, rendendo esecutiva la sentenza di condanna della Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione dell’ordinanza è lineare e si fonda su un principio cardine del diritto processuale: la volontà della parte. Una volta che l’imputato ha manifestato validamente e formalmente l’intenzione di non proseguire con il giudizio di legittimità, l’azione processuale si estingue. La Corte ha ritenuto che la rinuncia, sottoscritta personalmente dall’imputato e pervenuta in data 29/10/2024, fosse pienamente conforme ai requisiti legali.
La declaratoria di inammissibilità non è una valutazione negativa sui motivi del ricorso, ma una presa d’atto che il presupposto stesso per la prosecuzione del giudizio – l’interesse della parte a impugnare – è venuto meno. Di conseguenza, alla Corte non resta che chiudere il procedimento, applicando le conseguenze previste dalla legge per questa specifica situazione.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Rinuncia
La decisione della Cassazione comporta due conseguenze dirette e immediate per il ricorrente. La prima è la condanna al pagamento delle spese processuali, un onere che grava su chi, rinunciando, provoca l’estinzione del giudizio. La seconda è il versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, il Collegio ha ritenuto congrua una somma di 500,00 euro.
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale: la rinuncia al ricorso in Cassazione è una scelta strategica con costi certi. Se da un lato pone fine all’incertezza del giudizio, dall’altro cristallizza la condanna e comporta obblighi economici aggiuntivi. È quindi una decisione che deve essere ponderata attentamente con il proprio difensore, valutando le reali possibilità di successo del ricorso rispetto alle conseguenze certe della rinuncia.
Cosa succede se un imputato rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile senza esaminarne i motivi. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva ed esecutiva.
La rinuncia a un ricorso comporta delle spese?
Sì, la parte che rinuncia al ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nell’ordinanza in esame, tale sanzione è stata fissata in 500,00 euro.
Come deve essere formalizzata la rinuncia al ricorso?
La rinuncia deve essere un atto formale, come previsto dall’art. 589 del codice di procedura penale. Nel caso specifico, è stata ritenuta valida una rinuncia sottoscritta personalmente dall’imputato e formalizzata dal suo difensore.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1576 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1576 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a COLLEFERRO il 27/06/1996
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, in relazione ai reati di cui agli artt. 73 comma 1 e 4 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e art. 337 cod.pen.
Ritenuto che il ricorso è inammissibile per rinuncia sottoscritta personalmente dall’imputato, pervenuta in data 29/10/2024, ai sensi dell’art. 589 cod.proc.pen., come formalizzata con atto dell’08/09/2022 del difensore di fiducia e procuratore speciale (S.U. n. 126003 del 24/11/2015, Celso, Rv 266244).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per rinuncia all’impugnazione, consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che il Collegio ritiene congrua nella misura di C 500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 06/12/2024