Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 27399 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27399 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BARI il 10/01/1987 NOME nato a BARI il 11/10/1983 COGNOME nato a BARI il 09/08/1976 COGNOME NOME nato a BARI il 08/11/1983 COGNOME nato a TERLIZZI il 22/05/1981
avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
E’ presente l’avvocato NOME del foro di BARI in difesa di NOMECOGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso.
L’ avv. NOME sostituisce oralmente l’avv. NOME del foro di BARI, difensore di COGNOME il quale riportandosi ai motivi insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Bari, con sentenza pronunciata in data 4 ottobre 2024, sugli appelli proposti tra l’altro da tutti gli odierni ricorrenti, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, avverso la sentenza del Tribunale di Bari che, all’esito di rito abbreviato, li aveva riconosciuti responsabili di plurimi episodi di violazione della disciplina sugli stupefacenti, nonchédella disciplina in materia di controllo delle armi e di estorsione tentata e consumata, in accoglimento delle impugnazioni concernenti il trattamento saanzionatorio e disattendendo la richiesta di COGNOME NOME di riqualificare i fatti di cui el capo 15 di imputazione ai sensi dell’art.648 comma 2 (ora 4) cod. pen., rinunciati dagli imputati appellanti i motivi concernenti la responsabilità penale e la riqualifazione dei fatti ai sensi dell’art.73 comma 5 dPR 309/90, con il riconoscimento agli imputati delle circostanze attenuanti generiche e ridotti gli aumenti apportati dal primo giudice a titolo di continuazione, rideterminava la pena nei confronti di:
COGNOME NOME in anni quattro mesi cinque giorni dieci di reclusione ed euro 16.000 di multa;
NOME in anni sette mesi tre giorni dieci di reclusione ed euro 21.844,44 di multa.
COGNOME NOME in anni quattro, mesi dieci, giorni venti di reclusione ed euro 16.300 di multa.
COGNOME NOME in anni quattro mesi undici e giorni dieci di reclusione 15.911,12 di multa.
COGNOME NOME in anni cinque di reclusione ed euro 18.733 di multa. Disponeva la revoca delle pene accessoria della interdizione legale e della intedizione perpetua dai pubblici uffici mentre applicava nei loro confronti la interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Le difese di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME e COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, enunciando ciascuno un unico motivo di ricorso.
I ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME deducono, con motivi di ricorso sostanzialmente sovrapponibili, vizio motivazionale in relazione alla misura del trattamento sanzionatorio e al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, assumendo la carenza dell’ordito motivazionale in merito ai criteri di
determinazione del trattamento sanzionatorio a ciascuno di essi applicato, rilevando che lo stesso era stato determinato in misura superiore a quello richiesto dal Sostituto Procuratore generale di udienza e comunqune in assenza di una adeguata argomentazione dei criteri adottati.
La difesa di COGNOME NOME ha dedotto profili di carenza di motivazione con riferimento al mancato proscioglimento dell’imputato dalla contestazione di cui al capo 13 (qualificata come detenzione di arma comune da sparo), rappresentando da un lato la insufficienza del patrimonio intercettivo e dell’assenza di elementi di riscontro a sostegno della ipotesi accusatoria, trattandosi di reato che veniva desunto dalle mere interlocuzioni intercettate e che invero risultava contraddetto da consistenti elementi probatori (natura del munizionamento incompatibile con quello dell’arma e rinvenimento di pistola giocattolo) e dall’altra che, trattandosi di mera rinuncia ai motivi di impugnazione e non di concordato in appello, era legittima e doverosa, da parte del giudice di appello, la verifica della ricorrenza di cause di non punibilità ai sensi dell’art.129 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. I motivi di ricorso articolati dalle difese di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME, afferenti al trattamento sanzionatorio ad essi applicato, del quale viene denunciata la eccessività o comunque la sproporzione rispetto a quanto indicato nelle conclusioni del Sostituto Procuratore generale di udienza, risultano aspecifici e privi di analisi censoria rispetto agli argomenti utilizzati dai giudici di merito nell determinazione della pena base, la quale è stata fondata, in relazione a ciascuno dei ricorrenti, su parametri edittali improntati al minimo, nonché in relazione alla misura degli aumenti apportati a titolo di continuazione, che risultano specificamente motivati per ciascun reato e in relazione a ciascun aumento e la cui modulazione è stata definita in base al numero dei reati, alla loro gravità secondo il tipo di sostanza stupefacente commercializzata ovvero, in relazione ai reati di estorsione e a quelli concernenti la disciplina sulle armi, in base all’offensività della condotta; la pena per ciascuno dei ricorrenti è stata pertanto determinata nel pieno rispetto dei principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità che richiede che gli aumenti vengano riferiti a ciascuna delle ipotesi poste in continuazione con il reato riconosciuto più grave (nella specie il delitto associativo) e vengano altresì scanditi da una motivazione, sia pure sintetica, sui criteri adottati in relazione a ciascun reato (sul punto Sez.Un., n.47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269-01; sez.6, n.44428 del 5/10/2022, COGNOME, Rv.284005). Sul punto la Corte di legittimità ha più volte precisato
che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così sez. 4 n. 21294, Serratore, rv. 256197; conf. sez. 2, n. 28852 dell’8.5.2013, COGNOME e altro, rv. 256464; sez. 3, n. 10095 del 10.1.2013, Monterosso, rv. 255153), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così sez. 2, n. 36245 del 26.6.2009, COGNOME, rv. 245596).
Gli aumenti per la continuazione sono stati poi apportati in termini percentualmente assai contenuti per ciascuno dei reati concernenti le sostanze stupefacenti e sono stati modulati sulla tipologia della sostanza stupefacente e in ragione della reiterazione degli episodi di spaccio e, quanto ai delitti di estorsione e di estorsione tentata, nonché concernenti la detenzione di arma comune di sa sparo. in termini di maggiore rilevanza quantitativa. Le censure pertanto sono prive di reale confronto con gli argomenti e con i criteri dosimetrici impiegati dal giudice di appello e si sottraggono al sindacato di legittimità.
3.1. Il motivo di ricorso proposto da COGNOME NOME che, dopo avere rinunciato nel giudizio di appello ai motivi concernenti l’affermazione di responsabilità penale, si duole che il giudice di appello non abbia pronunciato immediata declaratoria di causa di non punibilità in relazione al capo 13 della rubrica, risulta parimenti inammissibile ove, a fronte di sentenza di condanna in primo grado che aveva accertato la responsabilità del prevenuto in relazione alla inosservanza della disciplina sulle armi mediante una logica e corretta interpretazione del compendio intercettivo, e sulla base del sequestro di munizioni a carico del ricorrente, la censura risulta del tutto generica. In realtà il ricorrente che pure prospetta, in termini del tutto assertivi, la inosservanza all’obbligo sulla immediata declaratoria di una causa di non punibilità, non ha indicato elementi concreti in forza dei quali il giudice di appello avrebbe dovuto adottare la pronuncia liberatoria dopo che l’imputato aveva rinunciato ai motivi di appello sul tema della responsabilità (sez.2, n.36870 del 17/04/2018, COGNOME e altri, Rv.273431-01). Invero la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, onde è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi. (Fattispecie in cui la
Corte ha ritenuto preclusa la possibilità di proporre o rilevare d’ufficio, in sede di legittimità, questioni attinenti alla qualificazione giuridica dei fatti, avend
l’imputato rinunciato ai motivi di appello relativi all’affermazione della responsabilità penale
(Sez. 2 – n.
47698
del
18/09/2019, COGNOME, Rv.278006;
Sez.4, n.
3398
del
14/12/2023, COGNOME, Rv. 285702 – 03).
4. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili nel loro complesso.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del
13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella
misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 giugno 2025.