Rinuncia Impugnazione: L’Inammissibilità del Ricorso e le Conseguenze Economiche
Nel processo penale, la presentazione di un’impugnazione è un diritto fondamentale, ma cosa accade quando la parte decide di fare un passo indietro? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulle conseguenze dirette della rinuncia impugnazione, un atto processuale che determina l’immediata chiusura del procedimento di secondo grado o di legittimità, con precise responsabilità economiche a carico di chi rinuncia.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso
Il caso in esame ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare di Milano. L’imputato aveva concordato una pena di quattro anni di reclusione e 14.400 euro di multa per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina.
Nonostante l’accordo sulla pena, l’imputato aveva deciso di presentare ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e una carenza di motivazione riguardo alla mancata applicazione di eventuali cause di non punibilità. Si trattava, quindi, di un tentativo di rimettere in discussione alcuni aspetti giuridici della sentenza, pur essendo questa il frutto di un accordo tra le parti.
La Rinuncia Impugnazione e la Decisione della Cassazione
L’elemento cruciale che ha cambiato le sorti del procedimento è intervenuto prima ancora che la Corte potesse entrare nel merito della discussione. La parte ricorrente, attraverso un procuratore speciale, ha formalmente dichiarato di rinunciare all’impugnazione presentata. Questo atto unilaterale ha un effetto tombale sul ricorso.
La Corte di Cassazione, preso atto della volontà della parte, non ha potuto fare altro che applicare la normativa prevista dal codice di procedura penale. Ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, senza alcuna valutazione sulle ragioni originariamente addotte dal ricorrente. La rinuncia impugnazione ha, di fatto, precluso ogni possibilità di esame nel merito.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione dei giudici di legittimità si fonda su una regola chiara e inequivocabile del nostro ordinamento processuale, contenuta nell’articolo 591 del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il ricorso è inammissibile, tra le altre cause, anche quando vi è una rinuncia espressa.
L’inammissibilità non è una punizione, ma una conseguenza procedurale automatica. Essa comporta due effetti principali. Il primo è che la sentenza impugnata diventa definitiva e non più contestabile. Il secondo, di natura economica, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la legge prevede il versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in 500 euro, una cifra ritenuta congrua dalla Corte.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: le scelte processuali hanno conseguenze concrete e spesso irreversibili. La rinuncia impugnazione è un atto che estingue il procedimento, ma attiva al contempo degli obblighi economici per la parte che la effettua. È essenziale che chiunque intraprenda la via dell’impugnazione sia consapevole non solo delle possibilità di successo, ma anche delle implicazioni derivanti da un eventuale ripensamento. La decisione di rinunciare, sebbene legittima, comporta la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza di condanna precedentemente contestata.
Cosa succede se si rinuncia a un’impugnazione già presentata?
La rinuncia causa l’inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, la Corte non esamina il merito della questione e il provvedimento impugnato diventa definitivo.
La rinuncia a un’impugnazione comporta dei costi?
Sì. La Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso per rinuncia, condanna la parte che ha rinunciato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
In questo specifico caso, perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, in un momento antecedente alla discussione, la parte ricorrente ha formalmente dichiarato di rinunciare all’impugnazione, un atto che per legge determina l’inammissibilità ai sensi dell’art. 591 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23843 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23843 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME ricorre avverso la sentenza del Tribunale di Milano che ha applicato, su sua richiesta e con il consenso del PM, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., una pena concordata di anni quattro di reclusione ed euro 14.400 di multa in relazione al reato di detenzione al fine di spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina
La ricorrente deduce violazione di legge e carenza motivazionale in relazione alla mancata applicazione di cause di non punibilità e all’assenza di motivazione sul punto.
In epoca antecedente alla discussione del ricorso la ricorrente, a mezzo di procuratore speciale, ha dichiarato di rinunciare alla impugnazione.
Va dichiarata la inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art.591 cod.proc.pen. e, all’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, ritenuto congruo comminare nella misura stabilita in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2024.