Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17308 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17308 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
T.A COGNOME
1,1 COGNOME omissis
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania – Sezione penale Minorenni, emessa il 09/06/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procu
generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del rico
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Catania – Sezione per i Minorenni, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale per i Minorenni della stessa città, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, nei confronti di COGNOME T.A COGNOME I, ha rideterminato la pena nella misura di mesi undici di reclusione ed euro 2666,67 di multa
Il ricorrente è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73 d.P.R 9 ottobre 1990, n. 309, per avere detenuto e trasportato 90 grammi di marijuana, corrispondenti a 436,8 dosi.
Propone ricorso l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, il quale ha articolato due motivi.
2.1. Con il primo deduce inosservanza o erronea applicazione dell’art. 589
cod. proc. pen.
La Corte di appello ha ritenuto che il ricorrente avesse rinunciato ai motivi di gravame, relativi alla riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all’art comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ed al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo insistito, nelle conclusioni scritte. depositate telematicamente, esclusivamente nella richiesta di concessione del perdono giudiziale e, in subordine, avendo aderito alle conclusioni del Procuratore Generale, con rinuncia agli ulteriori motivi di appello.
Di contro, ai fini della rinuncia, il difensore avrebbe dovuto munirsi di apposita procura speciale.
2.2. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, per non essersi la Corte di appello pronunciata in relazione alla invocata riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 19 n. 309 ed al chiesto riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, profili non vagliati sul presupposto che fosse intervenuta rituale rinuncia.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Il tema posto con il primo motivo attiene alla attribuzione della valenza di rinuncia implicita al mancato richiamo di taluni motivi di gravame nelle conclusioni rassegnate dalla difesa alla Corte di appello.
Va evidenziato al riguardo che la rinuncia all’impugnazione costituisce atto abdicativo di carattere formale, che non ammette equipollenti ed è disciplinata, quanto a legittimazione, modalità di presentazione e termini, dall’art. 589 cod. proc. pen., norma che opera espresso rinvio al disposto degli artt. 581 e 582 cod. proc. pen. Ne consegue che tale manifestazione di volontà deve essere espressa in modo chiaro ed inequivoco e non può, pertanto, essere desunta unicamente dal tenore delle richieste conclusive formulate nell’udienza di appello.
In tal senso, un consolidato e risalente indirizzo si è espresso con riguardo alla rinuncia all’impugnazione del pubblico ministero (cfr., tra le molte, Sez. 6, n 35267 del 22/06/2021, Crea, Rv. 281984, nonché Sez. 2, n. 23404 del 09/02/2017, Moi, Rv. 270311, secondo la quale non danno luogo a rinuncia le conclusioni di udienza con cui il pubblico ministero chieda la conferma della sentenza di condanna di primo grado, che era stata impugnata con appello del suo Ufficio in relazione alla quantificazione della pena).
Questa Corte di legittimità ha inoltre più volte affermato che, nel giudizio di appello, la mancata riproposizione delle conclusioni della parte civile – anche alla luce del principio di immanenza della costituzione della parte civile – non può essere considerata, di per sé, manifestazione inequivoca di una rinuncia implicita all’impugnazione (Sez. 2, n. 21655 del 09/02/2018, Rivi, Rv. 272980; Sez.. 2, n. 29859 del 23/06/2016, COGNOME, Rv. 267482).
Si tratta, peraltro, di principi di portata generale suscettibili di essere est alla rinuncia del difensore dell’imputato.
Con riguardo alla rinuncia parziale all’impugnazione, che riguardi cioè quelle parti dell’impugnazione con cui si contesti e si chieda la riforma o l’annullamento di uno o più capi o punti del provvedimento impugnato le Sezioni Unite hanno espressamente affermato che essa costituisce atto abdicativo di diritti e facoltà processuali già acquisiti, sia pure con effetti più limitati risp quella totale, e si differenzia quindi della mera rinuncia ad una o più argomentazioni o motivazioni su cui si fondano le diverse parti dell’impugnazione relative ai diversi capi impugnati. Da tanto consegue che la rinuncia non può essere effettuata dal difensore, di fiducia o di ufficio, che non sia munito d procura speciale, in quanto – affermano le Sezioni Unite – non ricompresa nella discrezionalità tecnica del difensore, a differenza della mera rinuncia ad una o più argomentazioni o motivazioni su cui si fondano le diverse parti dell’impugnazione relative ai diversi capi impugnati (Sez. U, n. 12603 del 24/11/2015, dep. 25/03/2016, NOME, Rv. 266245).
Il NOME COGNOME ha ribadito sul punto che il difensore non ha autonomi poteri dispositivi del rapporto processuale, come è dato evincere da inequivoci
elementi esegetici, di natura sia letterale che sistematica, rinvenibili nel codice di rito.
Rispetto alla norma generale di cui all’art. 99, comma 1 – per la quale al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato, a meno che essi siano riservati espressamente a quest’ultimo – l’art. 589, comma 2, fa testualmente riferimento alla sola rinuncia proposta dalle «parti private» anche a mezzo di procuratore speciale, senza prevedere deroghe al carattere personale dell’atto abdicativo di diritti già acquisiti in cui consiste la rinun all’impugnazione pendente. L’art. 571, comma 3, in proposito, assegna al difensore dell’imputato unicamente il potere di proporre impugnazione, ma non prevede alcunché in ordine alla rinuncia all’impugnazione già proposta; ed anche il successivo comma 4 si riferisce espressamente alla sola rinuncia dell’imputato, prevedendo che questi possa togliere effetto dall’impugnazione proposta dal difensore nei modi previsti per la rinuncia.
Dunque, all’attribuzione al difensore di un autonomo potere di impugnazione, non corrisponde, nella trama codicistica, un autonomo e parallelo potere di caducarne gli effetti mediante una dichiarazione di rinuncia, invece riservata esclusivamente all’imputato, quale titolare del relativo diritto.
In tal senso si erano già espresse in passato Sez. U n. 18 del 05/10/1994, dep. 1.995, Battaggia, Rv. 199805, per le quali «la rappresentanza del difensore non può estendersi all’esercizio di poteri processuali dispositivi, i qual propriamente non costituiscano esplicazione di tutela difensiva e come tali possano ricondursi solo alla volontà dell’imputato, richiedendo perciò una manifestazione personale o per mezzo di procuratore speciale» e tale arresto aveva inquadrato, tra tali atti personalissimi, la rinuncia all’impugnazione (nello stesso senso, più di recente, Sez. U n. 47923 del 29/10/2009, COGNOME, Rv. 244819).
In ragione di quanto precede, non appare condivisibile la valutazione, espressa nel provvedimento impugnato, secondo cui il difensore dell’imputato poiché nelle conclusioni scritte depositate telematicamente ha insistito esclusivamente nella richiesta di concessione del perdono giudiziale, ed in subordine ha aderito alle conclusioni del Procuratore Generale nella parte in cui chiedeva il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche – avrebbe rinunziato agli ulteriori motivi d’appello articolati nell’originario atto di gravame
Le conclusioni, in tali termini rassegnate, non esprimono in modo chiaro e inequivoco una manifestazione di volontà volta a rinunciare ai motivi con cui si contestava la qualificazione giuridica del fatto e la mancata concessione della
sospensione condizionale; e comunque non era legittimato a procedervi il difensore, in assenza di procura speciale.
Neppure è ipotizzabile ;in proposito, una ratifica “per facta concludentia” dell’imputato che, trattandosi di procedimento cartolare, non era presente in udienza e non ha potuto assentire neppure in forma implicita alla selezione dei motivi di gravame apparentemente formulata dal proprio patrocinatore.
E’ di conseguenza fondato anche il secondo motivo di ricorso, al primo strettamente connesso, con cui si deduce il mancato riscontro ai motivi di gravame di cui ai nn. 2 e 4, relativi alla richiesta di riqualificazione del fatto n fattispecie di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. cit. ed al riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, che non sono stati considerati dalla Corte di merito sull’erroneo presupposto che fossero stati oggetto di rinuncia.
Va conseguentemente disposto l’annullamento con rinvio alla Corte di appello di Catania -Sezione per i Minorenni, per nuova valutazione, da compiere nel rispetto dei principii sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catania – Sezione Minorenni.
Coì deciso in Roma il 30 gennaio 2024.
COGNOME
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riportati in sentenza. Il Presidente Dispone, a norma dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull’originale del provvedimento, un’annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli intere
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SEZIONE VI PENALE
2 4 APR 2024
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