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Rinuncia all’impugnazione: quando è inammissibile

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce gli effetti della rinuncia all’impugnazione. A seguito della presentazione di un atto di rinuncia firmato dall’imputato, il ricorso contro una condanna per il reato di possesso di documenti falsi è stato dichiarato inammissibile, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia all’impugnazione: conseguenze e decisione della Cassazione

La rinuncia all’impugnazione è un atto processuale di fondamentale importanza che determina la conclusione irrevocabile di un giudizio. Attraverso questo istituto, una parte decide volontariamente di non proseguire nel percorso di riesame di una sentenza, accettandone così il contenuto. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio pratico delle conseguenze dirette di tale scelta, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un individuo, a seguito della conferma della sua condanna da parte della Corte di Appello di Bari. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’articolo 497-bis del codice penale (possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi), con l’aggravante della recidiva reiterata.

Nonostante l’avvio del procedimento di legittimità dinanzi alla Suprema Corte, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo: il difensore dell’imputato ha depositato un atto di rinuncia all’impugnazione. Tale documento era stato sottoscritto personalmente dal ricorrente e la sua firma era stata regolarmente autenticata, garantendone così la provenienza e la validità.

La Rinuncia all’impugnazione e la Decisione della Corte

Di fronte a questa manifestazione di volontà, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prenderne atto. La rinuncia, quando presentata nelle forme previste dalla legge, ha un effetto tombale sul processo. Essa priva la Corte della possibilità di esaminare il merito del ricorso, ovvero di valutare se i motivi di contestazione della sentenza di appello fossero fondati o meno.

La Suprema Corte ha quindi emesso un’ordinanza con cui ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel vivo della questione giuridica, ma si limita a constatare l’assenza di un presupposto processuale fondamentale: l’interesse della parte a proseguire il giudizio.

Le Motivazioni della Decisione

La base giuridica della decisione risiede nell’articolo 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale. Questa norma elenca le cause di inammissibilità dell’impugnazione e include espressamente la “rinuncia all’impugnazione”. La legge è chiara nel considerare la rinuncia come un atto che preclude qualsiasi ulteriore esame del caso.

La Corte, pertanto, ha applicato pedissequamente la disposizione normativa. Oltre a dichiarare l’inammissibilità, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, conformemente alla prassi consolidata per i casi di inammissibilità, ha imposto il versamento di una somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria volta a scoraggiare ricorsi presentati senza una reale intenzione di coltivarli fino alla fine.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la volontà della parte è sovrana nel determinare la prosecuzione o l’abbandono di un’impugnazione. La rinuncia all’impugnazione, se formalmente corretta, è un atto irrevocabile che pone fine alla controversia, rendendo definitiva la sentenza impugnata.

Le implicazioni pratiche sono significative. Per l’imputato, la rinuncia comporta non solo la definitività della condanna, ma anche un onere economico aggiuntivo. Per il sistema giudiziario, la rinuncia permette di definire celermente un procedimento, evitando un’udienza che sarebbe diventata inutile. Questo caso serve da monito sull’importanza di ponderare attentamente la decisione di impugnare una sentenza e, soprattutto, quella di rinunciarvi, essendo pienamente consapevoli delle conseguenze giuridiche ed economiche che ne derivano.

Cosa succede se un imputato rinuncia al ricorso in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte non esamina il merito della questione e la sentenza impugnata diventa definitiva, concludendo così il procedimento.

Quali sono le conseguenze economiche della rinuncia all’impugnazione in questo caso?
L’imputato che ha rinunciato è stato condannato a pagare le spese del processo e a versare una somma di cinquecento euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per l’inammissibilità del ricorso.

Quali requisiti deve avere l’atto di rinuncia per essere valido?
L’ordinanza specifica che l’atto di rinuncia deve essere sottoscritto personalmente dal ricorrente (l’imputato) e la sua firma deve essere autenticata, per garantire la certezza della sua volontà di abbandonare l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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