Rinuncia all’Impugnazione: Quando una Dichiarazione Rende Definitiva la Condanna
Nel diritto processuale penale, la rinuncia all’impugnazione è un atto formale con cui l’imputato, o il suo difensore, decide di non proseguire con un gravame, accettando la sentenza emessa nel grado di giudizio precedente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce come anche una dichiarazione non esplicita possa essere interpretata come una rinuncia, portando a conseguenze irrevocabili. Analizziamo il caso per comprendere meglio la dinamica e le implicazioni di tale atto.
I Fatti del Caso
Un uomo veniva condannato in appello per il reato di furto aggravato in concorso. L’accusa era di aver sottratto, insieme ad altri complici, una macchina fotografica di notevole valore lasciata incustodita su un tavolino esterno di un esercizio commerciale. La Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità penale, rideterminando la pena e negando il beneficio della sospensione condizionale, sulla base di una prognosi negativa circa il futuro comportamento dell’imputato.
La difesa presentava ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione proprio sul mancato riconoscimento della sospensione condizionale. Secondo il ricorrente, il giudice non aveva adeguatamente considerato elementi favorevoli come l’occasionalità del delitto, l’assenza di precedenti penali, l’immediata confessione e la regolarità del soggiorno sul territorio nazionale.
La Svolta Processuale: La Dichiarazione dal Carcere
Mentre il ricorso era pendente, perveniva alla cancelleria della Corte di Cassazione una dichiarazione personale scritta dall’imputato, all’epoca detenuto. In tale documento, l’uomo dichiarava di “rinunciare all’udienza” fissata per la discussione del suo ricorso e, contestualmente, manifestava l’interesse a “rendere definitiva la sentenza di appello impugnata”.
Questo atto ha rappresentato il punto di svolta del procedimento, spostando l’attenzione dal merito del ricorso alla sua stessa ammissibilità.
La Decisione della Corte sulla Rinuncia all’impugnazione
La Suprema Corte ha ritenuto che la dichiarazione dell’imputato, sebbene formulata come una “rinuncia all’udienza”, dovesse essere interpretata in modo inequivocabile come una piena e consapevole rinuncia all’impugnazione. La volontà espressa di voler rendere definitiva la sentenza di condanna è stata considerata un elemento decisivo, che palesava la sopravvenuta mancanza di interesse a proseguire con il ricorso.
Di conseguenza, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lettera d), del codice di procedura penale, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la volontà processuale deve essere interpretata nella sua sostanza, al di là del tenore letterale delle parole. L’imputato non si è limitato a rinunciare alla partecipazione all’udienza, ma ha esplicitamente collegato tale atto alla volontà di porre fine al contenzioso, accettando il verdetto della Corte d’Appello. Questo manifesta una chiara intenzione abdicativa rispetto al diritto di impugnare, che non può essere ignorata.
La rinuncia, in questo contesto, è un atto che fa cessare l’interesse a coltivare il ricorso, uno dei presupposti fondamentali per l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione. Venendo meno tale interesse, il giudice non può procedere all’esame del merito delle questioni sollevate.
Le Conclusioni
La declaratoria di inammissibilità per rinuncia ha comportato due importanti conseguenze per il ricorrente. In primo luogo, la sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva a tutti gli effetti. In secondo luogo, conformemente all’art. 616 del codice di procedura penale, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di 500,00 euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa sentenza ribadisce che le dichiarazioni rese in sede processuale hanno un peso decisivo e che la volontà di porre fine a un’impugnazione, anche se non espressa con una formula sacramentale, può portare alla sua definitiva conclusione, con tutte le conseguenze di legge.
Cosa si intende per rinuncia all’impugnazione?
È l’atto con cui una parte dichiara di non voler più proseguire con un ricorso contro una sentenza, accettando che essa diventi definitiva.
Una dichiarazione di ‘rinuncia all’udienza’ può essere considerata una rinuncia all’intera impugnazione?
Sì, se dal contesto della dichiarazione emerge in modo inequivocabile la volontà di rendere definitiva la sentenza impugnata. La Corte valuta l’intenzione sostanziale dell’atto, non solo la sua forma letterale.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile per rinuncia?
La sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7762 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7762 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME (RINUNCIANTE) nato il 20/05/1997
avverso la sentenza del 27/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso
Motivi della decisione
1.NECIB NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe che aveva confermato il giudizio di responsabilità per il reato di cui agli artt. 110, 624, 625 comma 1, n.4 e 5 cod.pen., per avere sottratto, in concorso con altri due imputati, che avevano distratto il personale dell’esercizio commerciale e il commensale della persona offesa, una macchina fotografica dal rilevante valore che era stata momentaneamente lasciata sopra un tavolo collocato esternamente all’esercizio, e aveva riconosciuto all’imputato le circostanze attenuanti generiche, procedendo a rideterminare la pena in anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 140 di multa, negando il beneficio della sospensione condizionale della pena, avendo svolto una prognosi negativa sulla futura astensione del prevenuto da ulteriori condotte criminose in ragione delle modalità dei fatti.
La difesa dell’imputato deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena in presenza di motivazione apparente e contraddittoria, atteso che era stata riconosciuta la sostanziale occasionalità del delitto anche in ragione dell’assenza di precedenti penali e della immediata confessione dell’imputato in sede di giudizio di convalida, evidenziando altresì la regolarità amministrativa del soggiorno del prevenuto e il collegamento con la comunità francese.
In data 9 ottobre 2024 perveniva presso la cancelleria della Corte di cassazione dichiarazione personale del NECHIB, assunta presso il comando della Casa Circondariale di Cremona ove lo stesso era recluso, con la quale il ricorrente dichiarava di rinunciare all’udienza fissata dinanzi al giudice di legittimità, accompagnata da una manifestazione di interesse a rendere definitiva la sentenza di appello impugnata.
Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art.591 comma 1 lett.d) cod.proc.pen., in quanto nelle more della trattazione il ricorrente, con dichiarazione pervenuta in cancelleria, ha manifestato la volontà di rinunciare all’impugnazione, così dovendosi inequivocabilmente interpretare la volontà del NECHIB laddove ha dichiarato di “rinunciare alla udienza”, ma ha anche palesato l’intendimento di rendere definitiva la sentenza di appello, e quindi ipaiesandb la ‘sopravvenuta mancanza di interesse a coltivare il ricorso, che deve intendersi, pertanto rinunciato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per rinuncia alla impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle
Ammende, ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen. che, in ragione della intervenuta nuncia, può essere modulata in misura minima, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2024.