Rinuncia all’impugnazione: una scelta con conseguenze economiche
La rinuncia all’impugnazione è un atto processuale che, sebbene possa apparire come una semplice conclusione di un percorso legale, comporta conseguenze precise e talvolta onerose. Con l’ordinanza n. 23190 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: rinunciare a un ricorso senza una valida giustificazione non esonera dal pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere la serietà e le implicazioni di tale decisione.
I fatti del caso
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), aveva presentato ricorso per cassazione. La difesa lamentava un ‘vizio motivazionale’ nella sentenza di secondo grado, sostenendo che i giudici avessero erroneamente valutato le prove, in particolare l’ammissione di responsabilità di un coimputato.
La svolta processuale: la rinuncia all’impugnazione
Prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare il merito della questione, il difensore del ricorrente ha depositato una dichiarazione formale di rinuncia all’impugnazione. Questo atto, accompagnato dalla relativa procura speciale, ha cambiato radicalmente il corso del procedimento, spostando l’attenzione dal vizio di motivazione alle conseguenze dirette della rinuncia stessa.
Le conseguenze giuridiche ed economiche della rinuncia
La Corte Suprema, preso atto della volontà del ricorrente, ha applicato l’articolo 591, lettera d), del codice di procedura penale, che prevede la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in caso di rinuncia. La decisione non si è fermata qui. I giudici hanno dovuto stabilire se al ricorrente dovessero essere addebitate le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le motivazioni
La Corte ha chiarito che la condanna alle spese e alla sanzione è la conseguenza automatica di una declaratoria di inammissibilità, a meno che non si possa ravvisare un’assenza di colpa da parte del ricorrente. Nel caso di specie, la dichiarazione di rinuncia non specificava i motivi che avevano portato a tale decisione. Di conseguenza, la Corte non ha potuto escludere la ‘colpa’ nella determinazione della causa di inammissibilità. Richiamando una storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), i giudici hanno ribadito che, per evitare tali oneri, la causa di inammissibilità deve derivare da eventi non imputabili alla volontà del ricorrente. La semplice rinuncia, essendo un atto volontario e non motivato, non rientra in questa categoria. Per questo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di cinquecento euro in favore della cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza serve da monito: la rinuncia all’impugnazione è un atto che deve essere ponderato attentamente. Sebbene ponga fine a un contenzioso, non è una mossa a costo zero. Salvo casi eccezionali in cui si possa dimostrare che la rinuncia è dovuta a cause di forza maggiore o a eventi non imputabili alla parte, essa comporta inevitabilmente l’addebito delle spese processuali e di una sanzione. È quindi cruciale che chi intende rinunciare a un ricorso sia pienamente consapevole delle implicazioni economiche che tale scelta, se non adeguatamente giustificata, comporta.
Cosa succede se si presenta una rinuncia all’impugnazione in Cassazione?
Se viene presentata una formale rinuncia, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, il che significa che non entra nel merito della questione sollevata e il procedimento si conclude.
Perché il ricorrente è stato condannato a pagare le spese e una sanzione dopo aver rinunciato al ricorso?
Perché la rinuncia è la causa dell’inammissibilità del ricorso. Secondo l’art. 616 c.p.p., in caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese e di una sanzione, a meno che non si dimostri che la causa di inammissibilità sia avvenuta senza sua colpa. Poiché la rinuncia non era motivata, la Corte non ha potuto escludere la colpa.
La rinuncia al ricorso è sempre considerata ‘colpevole’ ai fini delle spese processuali?
Non necessariamente. La Corte Costituzionale ha stabilito che la condanna alle spese può essere evitata se la causa di inammissibilità non è imputabile al ricorrente. Tuttavia, una semplice rinuncia volontaria, non accompagnata da specifiche ragioni che dimostrino l’assenza di colpa (come un errore non imputabile, ad esempio), porta generalmente alla condanna al pagamento delle spese e della sanzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23190 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23190 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SASSARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. GLYPH 4352/2024 GLYPH R.G.
Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorreva, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio motivazionale in relazione all’affermazione responsabilità per il reato di cui al comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/90 aven Corte territoriale, secondo l’assunto difensivo, apoditticamente ritenuto che missione di responsabilità del coimputato non fosse attendibile.
Chiedeva, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In data 21 maggio 2024, tuttavia, l’AVV_NOTAIO del Foro di Sassar difensore e procuratore speciale del ricorrente, faceva pervenire a questa C dichiarazione di rinuncia all’impugnazione a propria firma, allegando la rela procura.
A seguito dell’intervenuta formale rinuncia va, pertanto, dichiarata l’in missibilità del ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 591 lett. d) cod. pr
Non essendo specificati i motivi della rinuncia e pertanto non ravvisando assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Co sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrentr al pagamento delle spe del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sens dell’art. 616 cod. proc. pen. nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della cassa de ammende.
Così deciso il 29/05/2024.