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Rinuncia all’impugnazione: inammissibilità e costi

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso a seguito della formale rinuncia all’impugnazione presentata dal difensore. L’ordinanza analizza le conseguenze di tale atto, chiarendo che, in assenza di specifici motivi che dimostrino l’assenza di colpa, la rinuncia comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rinuncia all’impugnazione: una scelta con conseguenze economiche

La rinuncia all’impugnazione è un atto processuale che, sebbene possa apparire come una semplice conclusione di un percorso legale, comporta conseguenze precise e talvolta onerose. Con l’ordinanza n. 23190 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: rinunciare a un ricorso senza una valida giustificazione non esonera dal pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere la serietà e le implicazioni di tale decisione.

I fatti del caso

Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello per un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90), aveva presentato ricorso per cassazione. La difesa lamentava un ‘vizio motivazionale’ nella sentenza di secondo grado, sostenendo che i giudici avessero erroneamente valutato le prove, in particolare l’ammissione di responsabilità di un coimputato.

La svolta processuale: la rinuncia all’impugnazione

Prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare il merito della questione, il difensore del ricorrente ha depositato una dichiarazione formale di rinuncia all’impugnazione. Questo atto, accompagnato dalla relativa procura speciale, ha cambiato radicalmente il corso del procedimento, spostando l’attenzione dal vizio di motivazione alle conseguenze dirette della rinuncia stessa.

Le conseguenze giuridiche ed economiche della rinuncia

La Corte Suprema, preso atto della volontà del ricorrente, ha applicato l’articolo 591, lettera d), del codice di procedura penale, che prevede la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in caso di rinuncia. La decisione non si è fermata qui. I giudici hanno dovuto stabilire se al ricorrente dovessero essere addebitate le spese del procedimento e una sanzione pecuniaria, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che la condanna alle spese e alla sanzione è la conseguenza automatica di una declaratoria di inammissibilità, a meno che non si possa ravvisare un’assenza di colpa da parte del ricorrente. Nel caso di specie, la dichiarazione di rinuncia non specificava i motivi che avevano portato a tale decisione. Di conseguenza, la Corte non ha potuto escludere la ‘colpa’ nella determinazione della causa di inammissibilità. Richiamando una storica sentenza della Corte Costituzionale (n. 186/2000), i giudici hanno ribadito che, per evitare tali oneri, la causa di inammissibilità deve derivare da eventi non imputabili alla volontà del ricorrente. La semplice rinuncia, essendo un atto volontario e non motivato, non rientra in questa categoria. Per questo, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di cinquecento euro in favore della cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza serve da monito: la rinuncia all’impugnazione è un atto che deve essere ponderato attentamente. Sebbene ponga fine a un contenzioso, non è una mossa a costo zero. Salvo casi eccezionali in cui si possa dimostrare che la rinuncia è dovuta a cause di forza maggiore o a eventi non imputabili alla parte, essa comporta inevitabilmente l’addebito delle spese processuali e di una sanzione. È quindi cruciale che chi intende rinunciare a un ricorso sia pienamente consapevole delle implicazioni economiche che tale scelta, se non adeguatamente giustificata, comporta.

Cosa succede se si presenta una rinuncia all’impugnazione in Cassazione?
Se viene presentata una formale rinuncia, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, il che significa che non entra nel merito della questione sollevata e il procedimento si conclude.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare le spese e una sanzione dopo aver rinunciato al ricorso?
Perché la rinuncia è la causa dell’inammissibilità del ricorso. Secondo l’art. 616 c.p.p., in caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese e di una sanzione, a meno che non si dimostri che la causa di inammissibilità sia avvenuta senza sua colpa. Poiché la rinuncia non era motivata, la Corte non ha potuto escludere la colpa.

La rinuncia al ricorso è sempre considerata ‘colpevole’ ai fini delle spese processuali?
Non necessariamente. La Corte Costituzionale ha stabilito che la condanna alle spese può essere evitata se la causa di inammissibilità non è imputabile al ricorrente. Tuttavia, una semplice rinuncia volontaria, non accompagnata da specifiche ragioni che dimostrino l’assenza di colpa (come un errore non imputabile, ad esempio), porta generalmente alla condanna al pagamento delle spese e della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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